A che punto siamo

Le opportunità offerte dalla governance distribuita delle transazioni richiama l’interesse di imprese  e governi, ma sono ancora diversi i punti di domanda aperti sul futuro di questa tecnologia.

Dieci anni. Sono passati esattamente 10 anni da quando Satoshi Nakamoto, la cui vera identità rimane ancora un mistero, pubblicò “Bitcoin design paper”, documento in cui veniva illustrata l’idea di moneta virtuale peer-to-peer. Era il 31 ottobre 2008, data che, a detta di molti, rappresenta anche l’alba di quella che comunemente oggi chiamiamo blockchain. Una tecnologia di cui si è scritto e detto tanto, ma della quale forse non tutti conoscono ancora il reale valore, meccanismo, filosofia, significato. Quanti di noi, infatti, continuano a vedere nella blockchain solamente i Bitcoin, criptovaluta di cui si è iniziato a parlare in modo concreto proprio quel 31 ottobre del 2008. Bene, la blockchain non è solamente Bitcoin. Certo, nasce come luogo di consenso, fiducia, tracciabilità, validazione, per il trasferimento di criptovalute. E lo è ancora. In questi anni, però, il suo raggio d’azione si è ampliato, differenziato, trasformato in quella che Roberto Garavaglia in “Tutto su Blockchain. Capire la tecnologia e le nuove opportunità”, libro edito da Hoepli, chiama “Internet del valore”. Una definizione che ben rispecchia il ruolo che ricopre e potrebbe ricoprire in futuro, se sfruttata al meglio e nei settori giusti, questa tecnologia.

La democrazia delle transazioni

Cos’è, allora, la blockchain? Senza entrare nel dettaglio degli aspetti tecnici che sottendono il funzionamento di questa soluzione, oltre che delle sue diverse ‘sfumature’ e tipologie – ben descritte da Garavaglia nel libro – la blockchain può essere definita come “una tecnologia in cui esiste un database di transazioni condiviso tra più nodi di una rete, validato dalla rete stessa e strutturato a blocchi”. Un database, questo, caratterizzato dalla “tracciabilità da tutti i partecipanti alla rete” e “immutabilità e sicurezza attraverso sistemi crittografici”.

Tracciabilità, immutabilità e sicurezza. Questi i pilastri del Distributed Ledger su cui si basa la blockchain: un modello di governo condiviso e di controlli distribuiti degli scambi, portati a termine dai vari partecipanti al network, dai nodi, in un processo di mining, validazione e registrazione delle transazioni. Operazioni che consentono – o sarebbe meglio dire, vogliono consentire – di effettuare trasferimenti protetti, immutabili, tracciabili sulla base di protocolli condivisi, trovando legittimazione in un nuovo concetto di fiducia, non più legato a un soggetto terzo – come nei modelli di governo e controllo centralizzati degli scambi, classici delle banche – ma su nuove forme di consenso dei vari partecipanti alla blockchain. Computer che ‘lottano’ per validare i blocchi in cui vengono registrate le transazioni, in una democrazia digitale, verrebbe da dire, di ‘controllo di vicinato’, chiamata anche a ‘combattere’ il rischio del ‘Double Spending’, di transazioni fittizie. Un ambiente in cui possono essere trasferiti anche dati e informazioni. “Internet of Value”, appunto. “Una rete digitale di nodi – spiega Garavaglia – che si trasferiscono valore, anche in assenza di fiducia, attraverso un sistema di algoritmi e regole criptografiche che permette di raggiungere il consenso sulle modifiche di un registro distribuito che tiene traccia dei trasferimenti di valore tramite asset digitali univoci”. Gli ambiti applicativi di una tecnologia siffatta possono essere differenti, così come possono essere diversi gli effetti benefici che un suo utilizzo potrebbe comportare. Dipende dal settore e dagli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Settori e benefici

Il libro ‘Tutto su Blockchain’, edito da Hoepli, è di 179 pagine e costa 19,90 euro

A seconda del contesto cross-industry in cui viene applicata e del livello utilizzato, spiega infatti Garavaglia, la blockchain può ricoprire un ruolo più o meno determinante in termini di efficientamento dei processi. Può contribuire, per esempio, a minimizzare il rischio di frodi e contraffazione in diversi settori – come l’agrifood, il digital marketing, la sharing economy, i trasporti – e ad accelerare l’ottimizzazione organizzativa, beneficio che potrebbe trovare terreno fertile anche nel settore pubblico, oltre che in altri ambiti, come il turismo, le donazioni, le media industry, la sharing economy e le utilities. Effetti positivi che possono toccare tutto il mercato, insomma, non solo il banking e il finance, rispondendo alla necessità di una diminuzione di errori nelle transizioni, di uno snellimento delle dinamiche burocratiche, dell’efficientamento delle filiere, oltre che di un miglioramento in termini di trasparenza degli scambi. Il tutto, come detto, senza la necessità di rivolgersi a terze parti nell’adempimento degli obblighi. Driver, questi, che stanno spingendo diverse organizzazioni a guardare con fiducia alla blockchain, tra cui il governo del nostro Paese che ha recentemente espresso l’intenzione di affidarsi a questa tecnologia per assicurare la tracciabilità del Made in Italy e combattere la contraffazione. La luce, però, crea anche zone d’ombra. Tuttora evidenti, tuttora da affrontare. Anche a livello istituzionale.

Questioni aperte

L’idea di governance distribuita che ruota attorno alla blockchain, infatti, può essere messa in crisi. E può essere messa in crisi dall’interno, dalla stessa logica che la caratterizza, attraverso la nascita e lo sviluppo di quelli che Garavaglia definisce ‘mining pool’, “gruppi di server particolarmente costosi e operativi in quei Paesi dove, sfruttando il basso costo dell’energia elettrica, è possibile detenere una potenza di calcolo maggiore”.

I costi del consumo energetico, insieme al grado di capacità computazionale, giocheranno un ruolo centrale per il futuro di questa tecnologia, anche a livello Paese, lasciando fuori dalla porta tutte quelle realtà che avranno difficoltà nel sostenerli e che saranno forse spinte ad affidarsi alle forme tradizionali di scambio, che al momento non richiedono oneri così eccessivi. L’e-democracy della blockchain, in tal senso, cadrebbe. Così come potrebbe cadere se attaccata dall’esterno, un rischio al quale bisogna cercare di rispondere pensando sin da ora a un’evoluzione dei sistemi crittografici alla base di molte blockchain, che “in alcuni casi” sono a “severo rischio di obsolescenza”. Lo spiega Garavaglia: “È ragionevole pensare che con il passare degli anni una potenza di calcolo sempre più ‘disponibile’ possa rendere estremamente vulnerabili i sistemi di sicurezza attuali” e sarebbe “utile iniziare a progettare nuove soluzioni che siano quantum-resistant sotto il profilo crittografico”.

Possibili scenari

La sicurezza è uno dei temi chiave su cui si giocherà lo sviluppo di questa tecnologia e interroga, aggiungiamo noi, anche la scienza giuridica, chiamata a pensare al concetto di responsabilità legata al suo utilizzo, sia a livello di giurisdizione delle controversie, sia in ottica GDPR. Non è ancora del tutto chiaro, infatti, chi sia il DPO (Data Protection Officer) all’interno della blockchain e in che modo l’immutabilità e la tracciabilità delle transazioni sia conciliabile con la privacy e il diritto all’oblio messi al centro dalla nuova normativa europea.

Dal punto di vista della regolamentazione è possibile però prevedere per i prossimi anni una disciplina specifica degli impieghi di questa tecnologia anche per settori di competenza. È uno degli scenari suggeriti da Garavaglia per un futuro ancora tutto da scrivere e in cui la blockchain potrà percorrere strade al momento ‘non tracciabili’: essere utilizzata in modalità ‘as a service’ e integrarsi sempre più in ambito IoT, sfruttando – come nel caso della criptovaluta IOTA – i dispositivi interconnessi per il trasferimento di valore. Una prospettiva interessante se si pensa che, secondo le stime degli analisti, gli oggetti connessi a Internet nella prossima decade saranno più di 50 miliardi.


Vincenzo Virgilio

Giornalista pubblicista, laureato in Scienze Politiche, dal 2005 ha scritto per diverse testate e ha svolto attività di ufficio stampa e comunicazione nella pubblica amministrazio...

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