Obiettivo esperienza: chi, come e perché
Uno dei tasselli fondamentali per le aziende è oggi quello dell’esperienza offerta internamente, ai propri dipendenti e collaboratori partner compresi, così come esternamente, in primis ai clienti. Un tema che trattato in modo corretto è alla base dei risultati di ogni organizzazione e che riguarda tutti i reparti. Oggi si parla in particolare di Total Experience, un concetto che Gartner descrive come una strategia che crea esperienze condivise di livello superiore intrecciando l’esperienza del cliente, l’esperienza dei dipendenti, la multiexperience e le pratiche di user experience. Il tutto servendosi della tecnologia per affrontare le interazioni critiche, responsabilizzando sia i clienti che i dipendenti, con l’obiettivo di promuovere maggiore fiducia, soddisfazione, fedeltà e sostegno. In queste pagine trattiamo questa tematica da varie angolazioni, partendo dalle evoluzioni della funzione marketing che resta al centro come perno della promozione finalizzata alla vendita, e non solo. E che deve quindi assicurarsi che quanto viene veicolato non frustri i clienti, quelli esistenti come quelli potenziali.
In tal senso risulta interessante proporre e approfondire un primo punto garzie alle evidenze scaturite dal Gartner Marketing Symposium/Xpo dello scorso giugno che, svoltosi a Denver, ha offerto una serie di contenuti utili al Focus di questo numero. A partire da come i CMO possono gestire le aspettative straordinarie dell’azienda, dei clienti e del proprio team. In particolare è stato spiegato che queste vengono alimentate da vari fattori: la crescente domanda di adozione dell’intelligenza artificiale, l’innovazione continua dei prodotti, percorsi di acquisto sempre più complessi e le mutevoli preferenze dei clienti. Tutto ciò si traduce in una pressione crescente sui responsabili marketing, chiamati a fare di più, in meno tempo, con meno risorse ma ottenendo risultati migliori, mentre il loro lavoro si svolge in un ambiente in costante evoluzione, caratterizzato da richieste sempre nuove e da una crescente complessità interfunzionale.
Di fatto è emerso che il marketing è attualmente responsabile, in media, di cinque diverse aree o iniziative. Un numero che, secondo i dati raccolti da Gartner, è destinato a salire fino a otto, aumentando ulteriormente la complessità del ruolo. Inoltre, è stato evidenziato come continuare a seguire il percorso tradizionale del ‘tipico’ marketing journey riduca rapidamente le probabilità di successo. In questo contesto, l’adattabilità diventa un fattore chiave. L’incapacità di adattarsi è infatti una delle principali ragioni per cui molti CEO hanno deciso di interrompere la collaborazione con i propri CMO. Un altro ostacolo rilevante è inoltre la disfunzione strategica, ovvero la presenza di obiettivi aziendali e di marketing numerosi, spesso contrastanti, che rende difficile l’implementazione di piani a lungo termine.
Le analisi Gartner rivelano infine che molti CMO rientrano in due principali profili: enterprise operators o market shapers. Ecco che, mentre i primi si concentrano sulle dinamiche interne dell’organizzazione, i secondi possiedono una profonda comprensione dei clienti e delle leve del marketing. Ed essere considerato ‘modellatore di mercato’ rende un CMO otto volte più propenso ad avere successo nel proprio ruolo. I CMO che influenzano il mercato tendono, inoltre, a concentrarsi su quattro aspetti fondamentali: il coinvolgimento attivo della leadership aziendale sul cliente, la capacità dell’organizzazione di comprendere e rispondere a forze dirompenti, le preferenze dei clienti nei confronti dell’organizzazione rispetto alla concorrenza, e lo sviluppo della strategia di prodotto futura, supportando i responsabili
di prodotto nell’identificare bisogni ancora insoddisfatti.
La base dei dati
Secondo quanto raccolto dagli analisti, i dati e le analisi di marketing rappresentano oggi la principale lacuna che impedisce ai CMO di raggiungere pienamente gli obiettivi aziendali. Tre sono i fattori, in particolare, che stanno scuotendo le fondamenta del modello tradizionale di marketing basato sui dati. Il primo riguarda i cambiamenti organizzativi. Se in passato i team di analisi marketing rispondevano direttamente al CMO, oggi il 78% dei leader marketing ha avviato un processo di centralizzazione delle analisi all’interno della funzione aziendale dedicata a dati e analytics. Il secondo elemento è la carenza di talenti. Sempre per Gartner, il 72% dei senior marketing leader individua nella mancanza di competenze e profili adeguati uno dei principali ostacoli alla capacità di dimostrare il proprio valore. Le competenze trasversali, le capacità analitiche e le conoscenze tecniche sono indicate come aree critiche da colmare, sia attraverso nuove assunzioni, sia mediante programmi strutturati di upskilling.
Infine, il terzo fattore chiave è rappresentato dalla leadership efficace. I CMO che dimostrano una solida competenza nell’analisi dei dati hanno una probabilità 17 volte maggiore di superare le aspettative di performance espresse da CEO e CFO, rispetto a chi mostra competenze deboli in questo ambito. I leader di marketing che integrano in modo sistematico l’analisi dei dati nel proprio ruolo sono quindi significativamente più efficaci nel dimostrare il valore del marketing e ottenere riconoscimento per i risultati generati.
Eppure, è stato spiegato, anche quando gli obiettivi vengono raggiunti, meno della metà dei CEO e dei CFO ritiene che i CMO stiano realmente superando le aspettative. In tal senso, i CMO che hanno una solida esperienza attuale o passata in ambito Data & Analytics tendono ad avere un vantaggio competitivo concreto nel dimostrare il proprio impatto strategico
all’interno dell’organizzazione.
Rampa di lancio per la crescita
Il percorso delineato da Gartner ha proseguito evidenziando un tema critico che ha un legame stretto con l’ingaggio dei propri interlocutori: le campagne di marketing e gli investimenti in nuove tecnologie non sempre riescono a soddisfare le aspettative. Questo solleva una domanda fondamentale per i CMO: come individuare le competenze, i processi e le tecnologie più adatti per realizzare campagne davvero efficaci? Facendo riferimento ai dati contenuti nella Gartner Channel and Campaign Management Survey 2024, è emerso che più della metà dei responsabili marketing sta superando gli obiettivi di fatturato e acquisizione clienti. La cattiva notizia, tuttavia, è che quasi tutti segnalano problemi di rendimento delle campagne, nonostante l’utilizzo di strumenti avanzati come l’intelligenza artificiale, i software dedicati e la grande disponibilità di dati.
Per affrontare queste sfide e ottenere risultati concreti, Gartner ha identificato alcune azioni chiave. Innanzitutto, è fondamentale individuare le lacune critiche nelle capacità, concentrandosi sul potenziamento delle competenze avanzate necessarie per garantire il successo delle campagne. Inoltre, è importante adottare un approccio olistico che integri governance, gestione dei percorsi di mercato e sistemi di misurazione in una strategia coerente. Infine, i responsabili marketing stanno abbracciando le nuove tecnologie, sperimentando progetti pilota di GenAI per attività di sviluppo strategico e contenutistico.
Dal sondaggio emerge poi che quasi tutti i leader di marketing hanno riscontrato difficoltà nelle performance delle campagne nell’ultimo anno. Tra i problemi più frequenti vi sono un targeting inefficace e la mancanza di integrazione tra canali, causata da un’esecuzione incoerente e frammentata.
Customer Experience tra strumenti e canali
Detto dello scenario di chi, in azienda, ha il compito di seguire le occasioni di contatto, entriamo ora nel dettaglio del tema dell’esperienza, guardandolo quindi da una seconda angolazione. Parlare di esperienza significa andare oltre le azioni di promozione, includendo anche la corretta gestione delle attività di vendita, di assistenza e, più in generale, di tutte quelle che prevedono appunto un’interazione diretta con i clienti. Tra gli strumenti oggi a disposizione di chi
si occupa di Customer Experience, un ruolo sempre più centrale è ricoperto dalle soluzioni basate sull’intelligenza artificiale, considerate strategiche per la crescita organizzativa, soprattutto quando vengono integrate in modo efficace nei processi legati all’esperienza del cliente.
Ancora una volta ci viene in aiuto Gartner che suggerisce un approccio strutturato per sfruttare in modo efficace la tecnologia. In particolare, attraverso l’analisi dei dati relativi alla voce del cliente (VoC), le organizzazioni possono individuare le aree critiche in cui applicare l’intelligenza artificiale, migliorando le relazioni con i propri interlocutori e favorendo la crescita dei ricavi. È importante sottolineare, tuttavia, che l’AI dovrebbe essere impiegata per rafforzare, e non per definire, gli obiettivi organizzativi, soprattutto in ambito Customer Experience.
Parallelamente, i canali che influenzano l’esperienza del cliente sono oggi sempre più orientati al self-service. Nonostante i potenziali vantaggi di questa modalità, i dati mostrano che, quando gli agenti ne parlano con i clienti, il 25% esprime commenti neutri e il 12% osservazioni esplicitamente negative. Questo evidenzia come promuovere il self-service non significhi semplicemente ridurre i costi, ma piuttosto offrire ai clienti la possibilità di scegliere la soluzione più semplice ed efficiente.
In questo processo, gli agenti svolgono un ruolo cruciale: la loro capacità di presentare in modo positivo le opzioni di self-service rappresenta infatti un elemento chiave per fare realmente la differenza. I dati mostrano che i clienti ai quali un agente promuove attivamente le soluzioni di self service sono molto più propensi a dichiarare che le adotteranno in caso di futuri problemi di assistenza con l’azienda. La promozione da parte degli agenti, infatti, è associata a un raddoppio del numero di clienti disposti a utilizzare il self service in futuro. Questo evidenzia quanto sia importante per le organizzazioni investire nella formazione degli operatori, affinché sappiano comunicare in modo efficace i vantaggi delle opzioni di self-service ai clienti. Allo stesso tempo, mentre molti leader aziendali continuano a investire nella GenAI per automatizzare i processi di self-service, emerge una dinamica interessante: esperienze telefoniche particolarmente positive possono ridurre la propensione dei clienti a utilizzare strumenti di intelligenza artificiale generativa.
Nonostante il 55% dei leader del settore servizi dichiari di voler esplorare l’uso di chatbot basati su GenAI entro il 2025, solo il 35% dei clienti che ha interagito di recente tramite il canale telefonico si dice disposto ad adottare un assistente digitale di questo tipo. Questa riluttanza nasce dal successo e dal senso di comfort che i clienti sperimentano quando riescono a risolvere i propri problemi attraverso interazioni telefoniche dirette. Il telefono rimane infatti il canale di assistenza dominante, suggerendo che i clienti siano meno inclini a passare a soluzioni GenAI quando il metodo attuale risulta già efficace.
Per questo motivo, il consiglio per i leader del customer service è di concentrarsi sull’integrazione di soluzioni GenAI che completino le interazioni telefoniche esistenti, anziché sostituirle. Posizionando la GenAI come un potenziamento dell’esperienza telefonica, le organizzazioni possono rassicurare i clienti sul fatto che l’assistente digitale è progettato per semplificare il percorso di supporto, offrendo sia soluzioni self-service sia transizioni fluide verso agenti umani, quando necessario. Incontrare i clienti dove si trovano, offrendo al tempo stesso soluzioni innovative, rappresenta in definitiva la chiave per favorire l’adozione delle nuove tecnologie e aumentare la soddisfazione complessiva.
Employee Experience: la sfida delle applicazioni
Affrontiamo infine, terza angolazione, il tema dell’esperienza vissuta dai dipendenti, concentrandoci in particolare sulle applicazioni digitali utilizzate, un elemento che incide in modo significativo sulla soddisfazione e sulla produttività individuale. Un recente studio sempre di Gartner mostra come i lavoratori digitali soddisfatti delle applicazioni che impiegano quotidianamente siano quasi tre volte più propensi a dichiararsi molto produttivi rispetto a coloro che non lo sono. Tuttavia, un sondaggio realizzato lo scorso anno evidenzia un dato preoccupante: solo il 23% dei lavoratori digitali si dichiara pienamente soddisfatto degli strumenti a disposizione, in calo rispetto al 30% registrato nel 2022.
Si tratta di un aspetto che incide direttamente sulla Employee Experience, in un contesto in cui i dipendenti si aspettano di vivere un’esperienza digitale fluida, personalizzata e omnicanale, paragonabile per facilità d’uso e coerenza a quella offerta dalle applicazioni consumer mainstream. Il suggerimento che arriva dagli analisti è di intraprendere cinque azioni concrete per migliorare le workplace applications e ridurre il divario rispetto alle esperienze digitali tipiche del mondo consumer.
La prima riguarda l’implementazione di una serie di best practice, con un focus sulla personalizzazione basata sull’intelligenza artificiale all’interno delle applicazioni aziendali. L’obiettivo di questi strumenti è analizzare gli stili di lavoro dei dipendenti per offrire approfondimenti personalizzati, assegnare priorità alle attività e automatizzare i flussi
operativi, creando esperienze su misura in grado di aumentare la produttività individuale e migliorare l’efficacia complessiva del lavoro.
La seconda azione riguarda la garanzia della trasparenza. È fondamentale avviare una comunicazione chiara sul funzionamento degli algoritmi impiegati nel workplace digitale e assicurarsi che vengano rispettate le linee guida etiche. Ciò implica descrivere in modo dettagliato i processi decisionali e implementare misure rigorose di privacy e sicurezza dei dati, al fine di proteggere le informazioni dei dipendenti e costruire un rapporto di fiducia solido e duraturo.
La terza azione consiste nell’assegnare priorità ai risultati ritenuti fondamentali. Per farlo, è necessario identificare gli obiettivi di business più critici, come ad esempio il miglioramento della risoluzione al primo contatto nel servizio clienti. Successivamente, occorre determinare quali ruoli aziendali possano trarre il massimo beneficio dalla personalizzazione basata sull’intelligenza artificiale ed esplorare come esperienze utente adattive possano contribuire
a ridurre i momenti di attrito e incrementare la produttività complessiva.
La quarta azione consiste nel definire requisiti chiari. In questa fase, il suggerimento è di prestare particolare attenzione alla selezione dei fornitori, dando priorità alle applicazioni che offrono interfacce utente adattive basate sull’intelligenza artificiale, una gestione personalizzata delle attività e un design incentrato sull’esperienza dei dipendenti. L’obiettivo è garantire l’adozione di strumenti intuitivi, efficaci e realmente utili per supportare le persone nel loro lavoro quotidiano. Infine, la quinta azione riguarda la valutazione continua dell’efficacia delle soluzioni di personalizzazione basata sull’intelligenza artificiale. È essenziale monitorare e misurare i risultati, raccogliendo regolarmente il feedback dei dipendenti per identificare punti di forza e aree di miglioramento.
Questo approccio consente di apportare aggiornamenti costanti, assicurando che gli strumenti digitali rimangano allineati alle esigenze in evoluzione dei dipendenti e coerenti con gli obiettivi organizzativi. In definitiva, l’idea è che, nel campo delle applicazioni per il workplace digitale, gli algoritmi basati sull’intelligenza artificiale possano realmente rivoluzionare la produttività, grazie alla capacità di comprendere e analizzare il comportamento, le preferenze e le interazioni passate dei lavoratori. In questo modo, le piattaforme sono in grado di fornire raccomandazioni personalizzate, far emergere informazioni di valore, semplificare i flussi informativi, assegnare priorità alle attività dei membri del team e automatizzare i processi di lavoro, con l’obiettivo di ottimizzare il tempo e favorire la concentrazione sulle attività a maggior valore aggiunto.
Customer Experience, Digital Marketing
