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Red Hat a supporto della sovranità digitale

Intrinsecamente trasparente e verificabile, l’open source si candida, secondo Red Hat, a unico percorso credibile verso la sovranità digitale, cui il vendor ha dedicato anche un Confirmed Sovereign Support espressamente indirizzato ai 27 Stati membri dell’Unione

Oggi oltre un miliardo di persone al mondo ha accesso diretto a strumenti di intelligenza artificiale capaci di creare contenuti, analizzare dati, supportare decisioni e automatizzare attività complesse. Una rivoluzione tecnologica potente e irreversibile, che ha aperto l’era dell’intelligenza di massa. “Ma siamo davvero pronti a gestirne l’impatto?” chiede Rodolfo Falcone, Amministratore Delegato di Red Hat Italy (nella foto in alto), ponendo una serie di domande per niente teoriche: come valorizzare questa intelligenza diffusa senza perdere il controllo? Come costruire la fiducia in un mondo in cui chiunque può creare qualsiasi cosa, spesso indistinguibile da ciò che è reale? E soprattutto, come proteggere il valore dell’esperienza umana mentre democratizziamo l’accesso alla conoscenza?

I primi dati forniti dal Digital Data Design Institute sull’uso dell’AI all’interno delle aziende offrono indicazioni particolarmente interessanti. Individui che lavorano con il supporto dell’AI riescono a eguagliare le performance di team che operano senza intelligenza artificiale, dimostrando come alcune dinamiche collaborative possano essere replicate efficacemente dalla tecnologia. Ma non è solo una questione di produttività: chi utilizza l’AI riporta anche livelli significativamente più alti di motivazione e livelli più bassi di frustrazione. Si impone, però, un cambio di paradigma: occorre essere meno esperti di processo e più intenditori di output, capaci di valutare qualità, coerenza e valore dei risultati prodotti dalle macchine. Un cambiamento di mentalità per nulla immediato, che si innesta in un contesto tecnologico in forte trasformazione, in cui il cloud rappresenta oggi un ecosistema in evoluzione pronto ad accogliere l’AI grazie alle sue infrastrutture flessibili.

Il cloud, tra sicurezza e compliance

L’effervescenza di questo mercato è stata fotografata recentemente dall’Osservatorio Cloud Transformation della School of Management del Politecnico di Milano, che ha condotto un’analisi su PMI e grandi organizzazioni italiane, evidenziando come il cloud sia ormai diventato l’asse portante dell’innovazione digitale, AI inclusa. Nel 2025 il settore raggiungerà in Italia un valore di 8,13 miliardi di euro, di cui 5.830 milioni di euro spesi in Public & Hybrid Cloud, il 21% in più rispetto al 2024. Ancora più marcata la crescita del Private Cloud (+23%), spinto dall’esigenza di controllo e, soprattutto, della sovranità del dato. Sicurezza e compliance spiccano come preoccupazioni principali nell’avvio dei progetti, seguite da un forte focus sulla modernizzazione applicativa, sulla gestione dei costi, sull’AI e sui dati.

“Alle aziende non bastano più container e microservizi: chiedono strumenti di orchestrazione, osservabilità e governance capaci di gestire ambienti sempre più complessi ed eterogenei” afferma Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud Ecosystem & Sovereignty della School of Management del Politecnico di Milano, che prosegue: “Per quanto riguarda l’AI, dopo l’hype iniziale, la sua adozione sembra procedere con cautela. Le imprese cercano un equilibrio tra innovazione e tutela, soprattutto sul fronte della sicurezza informatica e dell’adeguamento normativo. Una prudenza a tratti incoerente. La cautela nel ricorso all’AI non si riflette infatti su aspetti critici come la gestione dell’uso aziendale di strumenti di AI Generativa in modalità SaaS e il contenimento del fenomeno della Shadow AI”. A riguardo, solo il 44% delle organizzazioni prevede di elaborare policy specifiche entro i prossimi 12 mesi.

Per il 2026 si profilano tre punti caldi da affrontare: la sovranità del dato e la distribuzione intelligente dei workload; la sostenibilità economica e il governo del cloud ibrido; infine, il passaggio dalle AI generaliste ai modelli specializzati e ai sistemi multiagente. La gestione dei dati sensibili, infatti, richiede architetture capaci di collocare workload tra public cloud, private ed edge in base a rischio e valore. L’obiettivo non è scegliere un solo modello di cloud, ma garantire controllo, continuità e flessibilità su tutto il perimetro ibrido. Per quanto riguarda la sostenibilità economica, la combinazione di AI e workload distribuiti sta aumentando complessità e variabilità dei costi. Si renderà, quindi, necessario il ricorso a solide pratiche di FinOps e Observability, non tanto per spendere meno, ma per prevedere, allocare e ottimizzare risorse e consumi in ecosistemi multi-ambiente. Infine, sarà sempre più evidente la necessità di passare a SLM e modelli verticali, più efficienti e precisi sui compiti specifici. Una specializzazione che abilita sistemi multi-agente, in cui l’AI non solo supporta, ma esegue parti del lavoro, integrando modelli differenti e dati distribuiti.

Il difficile equilibrio dell’innovazione

Che AI e sicurezza costituiscano le priorità aziendali del momento è un dato emerso anche da una recente indagine condotta da Red Hat su oltre 900 responsabili IT e ingegneri AI in area EMEA. “Si tratta di due priorità confermate anche in Italia, dove le organizzazioni prevedono di aumentare gli investimenti in AI del 35% entro il 2026, anche se il valore generato da questi progetti resta ancora limitato: l’86% dichiara, infatti, di non avere ottenuto benefici concreti da questi progetti, mentre il 100% segnala barriere all’adozione, a partire dalla mancanza di un ROI chiaro” afferma Giorgio Galli, Director Tech Sales di Red Hat Italy, sottolineando come molte aziende stiano adottando software open source nelle aree IT a maggiore priorità per superare le sfide trasformative, anche quelle legate all’AI. “L’open source costituisce una leva strategica, in grado di aiutare a superare complessità, lock-in e rischi legati alla sovranità” prosegue, evidenziando come il tema della sovranità del cloud rappresenti oggi una priorità strategica per molte organizzazioni italiane, preoccupate dalla necessità di dover coniugare innovazione, sicurezza e conformità normativa.

Un supporto locale a garanzia della sovranità europea

Per indirizzare al meglio queste necessità, Red Hat ha annunciato che a inizio 2026 sarà disponibile un Red Hat Confirmed Sovereign Support per i 27 Stati membri dell’Unione, un’offerta pensata per garantire ai cittadini della UE un supporto tecnico dedicato alle sottoscrizioni Red Hat e mirata a fornire un livello di controllo locale verificabile sulle operazioni IT critiche. Il supporto offre competenza ai massimi livelli grazie a personale UE incaricato di supervisionare la fornitura dei servizi nell’area, mentre l’assistenza tecnica è continua, in linea con i requisiti di sovranità e continuità del servizio.

“Red Hat Confirmed Sovereign Support è stato creato per supportare i più ampi portafogli di cloud ibrido aperto e AI di Red Hat, consentendo alle organizzazioni di implementare, eseguire e mantenere in modo indipendente le risorse IT attuali e future in qualsiasi ambiente cloud sovrano” chiarisce Galli, specificando come l’unico percorso credibile verso la sovranità digitale sia una base costruita sull’open source, che offre intrinsecamente la trasparenza e la verificabilità richieste dagli organismi di regolamentazione e dalle organizzazioni. “Questo approccio, incentrato sulla libertà di scelta e sul controllo – conclude il Director -, distingue fondamentalmente Red Hat da altre offerte ‘sovrane’ proprietarie, basate su software chiuso e architetture non trasparenti”.

Cloud, FinOps, Intelligenza artificiale, Open Source, sovranità digitale


Giornalista professionista, dal 1993 scrive di tecnologie ICT analizzando l’impatto dell’innovazione sul business di tutti gli attori in gioco: dai vendor tecnologici agli utenti, passando per gli operatori di cana...