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Uso dell’AI, nel mondo grandi divari geografici e generazionali

Secondo uno studio OCSE-Cisco, le economie emergenti guidano l’adozione della GenAI. I giovani adulti sono la fascia con maggior fiducia e interesse. In Italia un adulto su 4 ne fa uso

L’intelligenza artificiale generativa (GenAI) non è più una novità, ma il suo tasso di adozione non dice tutto quello che c’è da sapere sul tema. Per questo Cisco ha realizzato con l’OCSE una ricerca per analizzare la relazione tra rischi e benefici della tecnologia e capire quale impatto sta avendo l’AI sulla vita delle persone, nel quadro dell’iniziativa Digital Well-being Hub.

La ricerca ha lo scopo di stimolare cittadini, aziende e governi del mondo ad agire per chiudere i divari di competenze digitali, favorire l’alfabetizzazione digitale a ogni età e dare priorità al benessere, accanto all’innovazione.

I dati emersi dallo studio svelano che dietro l’entusiasmo per l’IA si nascondono divari generazionali e geografici che determinano chi potrà trarre beneficio da questa tecnologia, chi ne subisce i rischi e l’effetto che la vita digitale può avere sul benessere delle persone .

L’adozione dell’AI è solo una parte della storia

Secondo la ricerca, globalmente i giovani adulti sono voraci consumatori di contenuti digitali: gli under-35 sono i più interessati ai social media e ai dispositivi online e fanno l’uso più attivo della GenAI. Spiccano, in particolare, le persone che vivono in economie emergenti come India, Brasile, Messico e Sud Africa, che hanno i più elevati tassi di utilizzo, il più elevato livello di fiducia e il più attivo interesse a formarsi sull’AI.

Al contrario, il campione nei paesi europei mostra una minore fiducia e una maggiore incertezza rispetto all’uso dell’AI, con l’Italia che ha il 23% di utenti attivi della GenAI.

Riguardo al campione italiano, il 53% complessivo ritiene che l’AI sia in tutto o in parte utile, il 52% pensa che sia affidabile, il 46% che sia una tecnologia etica. In generale sono elevate anche le percentuali di chi risponde “non lo so” su questi temi – si va dal 35% di chi non sa dire se l’AI sia utile al 42% che non ha una opinione riguardo alla sua etica. Un fattore importante è la poca familiarità con l’AI: il 68% del campione non ha seguito alcuna formazione per migliorare la sua capacità di usare la GenAI.

I paesi emergenti sono anche quelli in cui le persone trascorrono il maggior tempo davanti agli schermi per attività ricreative, basano maggiormente la loro socializzazione sul mondo digitale e vivono “alti e bassi” emozionali legati alle tecnologie più pronunciati.

Nell’insieme, la ricerca mostra che più di 5 ore di screen time ricreativo quotidiano sono associate a un minor benessere e a una minore soddisfazione personale. In Italia a superare le 5 ore al giorno è il 37% del totale del campione.

Dall’AI generativa alla generazione AI

Le differenze generazionali emerse nello studio sono altrettanto marcate. I più giovani riportano che la gran parte o tutte le loro interazioni sociali avvengono online e sono più convinti dell’utilità dell’AI. Oltre il 50% degli under-35 intervistati usa attivamente l’AI, oltre il 75% dichiara che è utile e quasi metà del campione di persone tra il 26 e i 35 anni ha completato un qualche tipo di percorso formativo.

In contrasto, gli over 45 vedono meno l’utilità dell’AI e oltre la metà non ne fa proprio uso. Tra gli over 55 coinvolti nello studio, molti rispondono “non lo so” quando gli si chiede se si fidano dell’AI: incertezza che potrebbe essere dovuta più alla poca familiarità con la tecnologia che a un rifiuto vero e proprio. I diversi livelli di familiarità con l’AI si riflettono anche nel differente punto di vista generazionale sull’impatto dell’AI nel mondo del lavoro: gli under-35 e chi vive in economie emergenti pensano che avrà il maggiore impatto.

Questi trend si vedono anche nel pubblico italiano, nel quale gli under 35 hanno trovato utile l’AI nell’80% dei casi: percezione che scende al 59% tra i 36 e i 55 anni e al 37% per gli over 55. Anche la fiducia verso l’AI è diversa in base all’età: se negli over 55 il 50% del campione “non sa” se l’AI sia affidabile, tra i più giovani solo il 14% non ha un’opinione al riguardo e ben il 76% ritiene che l’AI sia affidabile.

Analisi di mercato, Cisco, Intelligenza artificiale


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