Salesforce, il digitale serve per aprire nuove strade
Fiducia, successo dei clienti, innovazione e uguaglianza. Sono questi i quattro valori fondamentali che da sempre caratterizzano il modo di operare dell’azienda fondata da Marc Benioff nel 1999. Una storia che ha segnato dei punti di svolta per tutto il mercato dell’ICT, e che continua a proporre una visione originale e d’avanguardia allo sviluppo dell’esperienze dei clienti.
Ha poco più di vent’anni, ma è già uno tra i cinque principali vendor di software mondiali ed è a tutti gli effetti uno dei protagonisti della trasformazione digitale che molte aziende, anche italiane, stanno portando avanti. Parliamo di Salesforce, nata nel 1999 con un modello già allora ‘disruptive’ e anticipatore di quello che poi si è visto nel mercato cloud. Ma la visione del suo fondatore, Marc Benioff, va oltre gli aspetti tecnologici e di business, verso i concetti di sostenibilità, inclusione e costruzione di ‘comunità’ che il digitale riesce ad abilitare. Parliamo di questi temi, ma anche di quanto fatto e dei progetti futuri, con Mauro Solimene, Country Leader di Salesforce in Italia dall’inizio del 2021.
Lei è arrivato circa un anno fa alla guida di Salesforce in Italia. Perché secondo lei è stato scelto per questo ruolo e cosa ha trovato di distintivo in questa realtà rispetto ad altre filiali italiane di gruppi tecnologici internazionali che ha guidato in passato?
Salesforce è un’azienda speciale. La nostra mission fa riferimento a quattro valori pilastro, ossia: fiducia, successo dei clienti, innovazione e uguaglianza. La nostra azione volta a costruire la relazione nell’ecosistema rappresentato da noi, dai clienti e dai partner, fa riferimento a questi quattro elementi. Queste sono quindi anche le quattro direttrici attraverso le quali l’azienda seleziona i candidati, a prescindere dal ruolo che poi andranno a ricoprire. I valori oltre che dichiararli bisogna viverli.
Il processo di selezione è stato molto complesso e molto lungo, come è giusto che sia, naturalmente sono state molto approfondite le famose hard skill – le competenze commerciali, l’esperienza a tutto campo, ma anche quella fatta in progetti simili in aziende più o meno grandi, la conoscenza del mercato, della tecnologia e altro -, ma un peso di pari rilevanza, se non addirittura superiore, è stato dato anche alle soft skill. La persona crede nei nostri valori? Che evidenze abbiamo che facciano parte anche del suo vissuto? Questa persona è compatibile con la nostra cultura e sarà capace di preservarla e di perpetuarla arricchendola nel modo giusto? Garantirà nel tempo la stabilità necessaria per portare avanti il nostro progetto?
Salesforce ha una storia di poco più di 20 anni, siamo nati nel 1999, e certamente vuole essere sicura che chiunque oggi entri in azienda segua il percorso tracciato. In Italia, il progetto di Salesforce coinvolge ormai diverse centinaia di persone e naturalmente chi viene chiamato a guidare la struttura deve essere in grado di condividerne il progetto e di motivare tutta l’organizzazione per accompagnarla verso il futuro. Mi ha colpito molto favorevolmente il fatto che la selezione abbia riguardato tutti questi temi.
È stata l’unica differenza che ha riscontrato rispetto al passato?
Ci sono molte altre differenze culturali che possiamo trovare nelle radici di quest’azienda. Tra i principi ispiratori del nostro fondatore Marc Benioff, e attuale Co-Ceo insieme a Bret Taylor, c’è quello di creare comunità. Non operiamo solo con la logica cliente-fornitore, anzi lavoriamo per arricchire, trasformare ed estendere questa relazione. Creare comunità con i nostri clienti e i nostri partner vuol dire mettere a disposizione di ogni suo membro uno spazio per scambiare esperienze, idee, cercare di costruire qualcosa di nuovo e più utile per l’intera business community ma il concetto poi viene esteso alla comunità, al contesto sociale in cui operiamo.
Salesforce fin dalla sua nascita nel 1999 si è posta l’obiettivo di generare sempre un impatto sociale positivo. È nata dichiarando di voler restituire alla comunità l’1% di tecnologia, l’1% del valore dell’incremento del nostro capitale azionario (equity) e l’1% del tempo delle nostre persone (56 ore all’anno, l’equivalente di 7 giorni di lavoro).
È nata con l’idea di contribuire allo sviluppo delle aziende ma di restituire molto alla società perché una comunità evolve se nessun individuo rimane indietro. Oggi questo stile viene emulato e copiato da molti, ma nel 1999 su tutti questi principi Salesforce era assolutamente una ‘pioniera’.
Il concetto di pioniere, di apripista è una cosa che torna molto spesso nella vostra comunicazione aziendale…
Sì noi parliamo di trailblazer, ossia in inglese colui che apre sentieri inesplorati. Marc Benioff incarna perfettamente questa idea, è una persona che ha lo sguardo sempre avanti ed è la nostra principale fonte di ispirazione. La sua visione nel 1999 era quella di realizzare una piattaforma software che fosse fruibile attraverso Internet per liberare i clienti da tutte le problematiche di installazione, di aggiornamento e di manutenzione. Ha quindi avviato un nuovo modello, quello del Software-as-a-Service e Platform-as-a-Service. Quello che oggi tutti noi chiamiamo Cloud.
Pionieri siamo tutti noi di Salesforce che cerchiamo quotidianamente di aiutare i clienti ad aprire strade nuove per il loro business e per i loro settori di mercato. E trailblazer sono poi anche molti nostri clienti che grazie a Salesforce hanno poi effettivamente aperto concretamente delle strade nuove, come Brunello Cucinelli, Ducati, BPER, ENEL ma l’elenco sarebbe lunghissimo.
Questo spirito si traduce poi in una comunicazione originale, fresca, giocosa e divertente che vuole essere il più possibile friendly.
Abbiamo creato il nostro spazio di dialogo con il mercato come un ambiente amichevole, traendo ispirazione dai grandi parchi californiani, come Yosemite. In questo interagiscono con i clienti, o semplicemente con chi ci vuole conoscere, le nostre sette ‘mascotte virtuali’ che sono entrate nell’immaginario collettivo del nostro ecosistema come degli amici che facilitano le cose e servono per dare ispirazione agli innovatori e a chi cerca nuove vie. Tra queste abbiamo Astro, che raffigura la formazione, ossia colui che ti guida nel mondo delle soluzioni Salesforce; Einstein che rappresenta l’Intelligenza Artificiale ed è un data scientist e un problem solver che aiuta ad analizzare le difficoltà più complicate; Codey, che ha le sembianze del tipico orso amicone che impersonifica il creatore, il costruttore, che affronta i progetti, anche i più difficili, e che ama sporcarsi le mani… Se qualche volta qualcuno vede foto o video con persone di Salesforce insieme a queste mascotte virtuali, non si deve preoccupare, per noi questo è ‘business as usual’.
Chi è oggi Salesforce a livello globale?
Salesforce ha una forte propensione all’investimento nell’innovazione. Si pensi che ogni anno lanciamo tre aggiornamenti master della nostra piattaforma. Nel 2020 abbiamo realizzato un’importante acquisizione, quella di Slack, per 27,7 miliardi di dollari.
Salesforce ancora oggi ha una strategia di espansione per linee interne ed esterne molto importante. Cresciamo a livello globale ogni anno da diverso tempo con tassi sempre intorno al 20%. E in Italia la crescita è più forte. Siamo una delle società più di successo degli ultimi 20 anni, guardiamo molto al business, ma guardiamo anche alla società e alle comunità in cui viviamo.
Oggi possiamo considerare Salesforce un piccolo gigante. Siamo tra i principali independent software vendor del mondo, ma è poco interessante discutere se siamo terzi o quarti o quinti… Siamo nel nostro mondo di gran lunga il leader di mercato, come accreditato dai principali analisti. Salesforce ha sostanzialmente inventato il cloud e i concetti di platform e software as a service.
Globalmente oggi il nostro fatturato supera i 20 miliardi di euro, e vogliamo raggiungere i 50 entro il 2026. Tra poco Salesforce nella sua traiettoria di crescita supererà in modo indiscutibile un paio di competitor importanti.
Siamo oltre 75.000 dipendenti e abbiamo sedi in 36 Paesi. Siamo il player numero 1 nel mercato delle piattaforme di CRM, un concetto che per noi oggi è molto più esteso rispetto a qualche anno fa.
Cosa c’è quindi oltre al CRM?
La missione di Salesforce è quella di connettere, di mettere in relazione organizzazioni con altre organizzazioni o individui. Oggi andiamo quindi ben oltre il tradizionale concetto di CRM, parliamo di Customer 360 ossia una piattaforma in grado di mappare tutte le relazioni che un’organizzazione ha con cliente, sia che parliamo di Digital Marketing, di forza vendita, di eCommerce o di assistenza clienti. Nei primi anni eravamo percepiti come un ‘repository’ delle informazioni legate ai clienti, dove l’azienda poteva trovare in un unico punto tutti i dati relativi a questi, senza perdere nessuna informazione.
Oggi amiamo parlare di Salesforce come di una realtà che consente alle aziende di abbracciare i loro clienti. Quando un’azienda o una pubblica amministrazione vuole coinvolgere i propri contatti e tracciarne i bisogni su tutti i canali oggi possibili, lo deve fare con una logica di piattaforma. All’interno del mondo Salesforce i nostri clienti sono in grado di raccogliere e consolidare tutte le relazioni che hanno avuto con i loro contatti. Ciò significa poter conoscere meglio i propri clienti, analizzarne i comportamenti e le necessità. Creare così una relazione solida di fiducia duratura nel tempo, ossia ripetibile. Questa è la nostra missione.
Nella nostra storia abbiamo fatto molte acquisizioni e diverse sono state delle importanti pietre miliari, come quelle che hanno portato alla nascita delle offerte Marketing Cloud e Commerce Cloud.
Tra le più recenti che indirizzano nuovi ambiti specifici ci sono Tableau, che ha portato in casa importanti competenze nel mondo dei dati, un tema oggi determinante per quest’epoca in cui le aziende iniziano a definirsi o a volersi presto definire come data driven, ma anche MuleSoft e la già accennata Slack.
Di cosa si occupano MuleSoft e Slack?
MuleSoft ci porta nella cooperazione applicativa, perché il mondo non finisce con il CRM ma nemmeno dentro ai confini di Salesforce. Fornisce un modello di interazione tra ‘n’ piattaforme diverse che va oltre il concetto d’integrazione, e che può essere utilizzata indipendentemente da Salesforce. Un modo nuovo e più immediato per condividere dati, applicazioni e sistemi.
Con Slack siamo invece entrati nella nuova dimensione della interazione ‘social’ che supera tutte le modalità che oggi continuiamo a utilizzare: mail, telefonate, presenza fisica e virtuale, ma stiamo anche superando le app che hanno iniziato a dimostrare i loro limiti. In futuro i clienti, i singoli individui interagiranno con le diverse organizzazioni solo in maniera social e real time. I contratti si chiuderanno quando magari si è in metropolitana, oppure si manderà la nota spese mentre si è al supermercato… Slack ci porta nel mondo della comunicazione immediata dallo strumento che tutti hanno a portata di mano, lo smartphone… Non dovremo più aprire altre applicazioni che magari girano solo sul nostro laptop.
Chi è invece Salesforce in Italia?
Intanto mi lasci dire che Salesforce Italia è veramente una realtà molto bella. Ho raccolto un testimone molto importante dal mio predecessore e da tutti coloro che sono qui da prima di me.
Le aziende quotate come sappiamo non possono pubblicare numeri relativi alle filiali, ma posso dire che Salesforce Italia ormai ha raggiunto le dimensioni di una media impresa italiana con alcune centinaia di persone, cresce in modo sostanziale e molto velocemente ed è molto riconosciuta dai suoi clienti, con molti dei quali ha stretto una relazione quasi ‘familiare’.
I nostri clienti hanno piacere di partecipare ai nostri eventi e di raccontarsi e di raccontare ai loro referenti sul mercato le cose belle che hanno costruito con noi. La spiegazione che do a tutto questo è il fatto che noi ci siamo presi, e continuiamo a prenderci, molta cura di loro.
Un’entità indipendente da noi ci ha studiati e posso dare i loro numeri. La stima fatta parla di una Salesforce che in Italia entro il 2026 arriverà a muovere un’economia da 34 miliardi di euro comprendendo in questo dato il giro d’affari nostro, dei nostri partner e dei clienti che grazie alle nostre soluzioni acquisiscono valore. Stiamo parlando di una bella quota del PIL nazionale. Ma al di là dei fatturati l’impatto più visibile della nostra azione sarà quello sulle persone e sui posti di lavoro.
Contribuiremo a generare, sempre entro il 2026, 93.000 posti di lavoro nel nostro ecosistema attuale, ossia quella comunità composta da noi, dai partner e dai clienti. Di questi, 36.000 saranno gli esperti che l’ecosistema impiegherà per trasformare la tecnologia Salesforce in soluzioni, ossia i talenti digitali di cui oggi insieme a partner e clienti stiamo ‘provocando’ l’esigenza. Considerando che oggi sono poco oltre 4.000 c’è uno spazio molto ampio e quindi c’è tantissimo da fare, tanta energia da sprigionare e tante opportunità da cogliere per i giovani e i meno giovani. La cosa bella della tecnologia Salesforce è che è inclusiva. Per entrare nel nostro mondo non è necessario avere forti skill tecnologici.
Per dare un’idea del passo e del ritmo con il quale stiamo traguardando il nostro obiettivo generale, sicuramente molto ambizioso, posso dire che in questo secondo anno della pandemia i nostri dipendenti in Italia, rispetto ai 12 mesi precedenti, sono cresciuti del 50%. E questo grazie ai clienti che negli ultimi 18 mesi hanno voluto mettere a terra energia, progetti e investimenti nel pieno del Covid-19.
La cosa più bella però in tutto questo, non sono i numeri di Salesforce, ma il fatto che il Sistema Italia stia reagendo investendo nel digitale in modo molto significativo per uscire da questo periodo più forte di prima, accelerando un trend che era già in crescita.
Quando incontra i clienti italiani, questi cosa le raccontano in generale e cosa chiedono di specifico a Salesforce?
I nostri clienti continuano a chiederci con sempre più forza una cosa che ci hanno sempre chiesto: di ‘potersi affidare a noi’. Ci chiedono fiducia, ci chiedono di continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto perché siamo stati sempre vicini a loro, e sanno loro per primi quali vantaggi ha portato la relazione con Salesforce.
Incontriamo capi azienda, imprenditori, manager e ci mettiamo a loro disposizione. Quando parte un progetto d’innovazione, lo guardiamo da vicino e il nostro obiettivo è che quel progetto funzioni e che funzioni molto bene. Spesso ci attribuiscono un ruolo da Trusted Digital Advisor.
Naturalmente tutto questo vale per l’ambito in cui ci muoviamo, ossia la cura della relazione con i loro clienti. Al di là della tecnologia, che oggi comunque è riconosciuta come di alto livello, il nostro impegno nell’aumentare il numero dei partner e nella formazione di 36.000 specialisti di Salesforce in Italia, permetterà ai nostri clienti di muoversi liberamente in un ampio ecosistema. In questo potranno trovare il partner, o anche il freelance magari con competenze verticali particolari, migliore per le loro specifiche esigenze. Salesforce c’è, e ci sarà, come ci è sempre stata. È questa la nostra promessa, ma questo non significa che tutti faranno sempre tutto direttamente con noi. Oggi i nostri clienti apprezzano l’impegno che stiamo mettendo nel costruire un ecosistema molto ampio che li supporti.
Ha notato delle differenze di approccio ai temi di innovazione di cui siete portatori da parte di PMI e aziende enterprise?
In questi mesi ho potuto apprezzare il fatto che soprattutto molte medie imprese italiane, ma anche qualcuna piccola, hanno dimostrato un coraggio e una velocità nell’intraprendere un percorso di innovazione con noi che hanno pochi riscontri nel mondo enterprise, che naturalmente ha anche processi più complessi. La scelta della piattaforma Salesforce libera da tutte le complessità legate alle applicazioni on premise. Grazie a Salesforce, per i nostri clienti l’accesso all’innovazione digitale si è democratizzato, è diventato più semplice e più veloce rispetto alle logiche del passato. E l’abbattimento delle barriere tecnologiche, porta poi come conseguenza anche la caduta di quelle culturali. Un nostro obiettivo è infatti anche quello di dare sempre più libertà di scelta ai nostri clienti.
Può spiegare con un esempio questo concetto?
L’esempio che posso fare è la nostra nuova offerta Hyperforce, che libera i clienti da qualsiasi vincolo strutturale che ci può essere da parte nostra verso qualsiasi fornitore di cloud o di servizi data center. In pratica Hyperforce raccogliendo tutta la parte applicativa di nostra competenza, può essere poi supportato da qualsiasi operatore ‘hyperscaler’ già utilizzato dai nostri clienti sul fronte appunto delle capacità infrastrutturali e/o del data management. Da questo punto di vista siamo totalmente agnostici e il cliente è libero di utilizzare il fornitore, o i fornitori, che sta già utilizzando senza vincoli da parte nostra. Ci avviciniamo di più al cliente, siamo più veloci e generiamo meno impatto ambientale dalle nostre attività visto che gli hyperscaler hanno infrastrutture con standard ambientali e di efficienza molto elevati.
Come affrontate il problema della mancanza di skill digitali nel nostro Paese?
Rispondiamo con l’azione diretta nella consapevolezza che la crescita ambiziosa del nostro ecosistema è indispensabile per la crescita del nostro business. Con il progetto ‘Digital Talent Factory’ intendiamo aggregare e orchestrare un sistema vasto, fatto da diverse componenti tra le quali università, scuole superiori, terze parti, clienti, agenzie per il lavoro ed enti di formazione. In questo modo pensiamo si possano mettere in moto i tanti talenti che in futuro saranno necessari a soddisfare la richiesta di competenze su Salesforce da parte del mercato italiano.
Ma questa è solo la parte più legata al business. Come detto noi guardiamo anche alla società e alle comunità in cui viviamo. La seconda componente essenziale della nostra strategia verso la crescita dei talenti però è anche l’ammodernamento delle nostre tecnologie per renderle più semplici possibile. Puntiamo a ridurre la complessità, non dovrà più essere necessario un ingegnere o un diplomato in informatica per programmare Salesforce. I concetti di ‘low code’ e di ‘no code’, ma anche la possibilità di realizzare o simulare soluzioni assemblando visivamente dei blocchi logici… Queste sono tutte innovazioni che già sviluppiamo e continueremo a sviluppare nelle evoluzioni future della piattaforma. Ciò consentirà un accesso sempre più aperto ai non specialisti e anche a persone che magari non vivono solo nei centri digitali d’Italia, come oggi sono essenzialmente Milano e Roma, ma in tutti gli altri territori del nostro Paese, anche quelli più periferici.
Vogliamo andare a scovare e coltivare talenti senza differenze di genere anche a Messina, Cagliari, Napoli e Ostuni, giusto per fare solo alcuni esempi concreti. Ci possono essere talenti anche tra coloro che superati i 50 anni si trovano nella necessità di reinventarsi un lavoro. Possiamo così raccogliere abilità diverse che magari si sono formate su esperienze significative e rimetterle in gioco.
Credo che oggi interpretando nella maniera giusta il problema della mancanza di skill digitali nel nostro Paese, questo in realtà può diventare un’opportunità. Di business sicuramente per noi di Salesforce, ma non solo di business anche per la società, le comunità e i singoli individui.
Può fare un esempio di come concretamente i non specialisti possono cogliere questa opportunità?
Grazie all’attività di volontariato di alcune nostre persone, insieme a Specialisterne, l’agenzia per il lavoro che si occupa di persone neurodivergenti abbiamo contribuito a certificare sei persone con sindrome di Asperger. È stata creata una Salesforce Academy e oggi tutte e sei queste persone stanno lavorando presso clienti e partner con grande soddisfazione dei colleghi e di quelli che le hanno scelte e hanno creduto in loro.
La nostra massima attenzione va alla possibilità di realizzare cose con Salesforce riducendo il più possibile la complessità, semplificando e ritornando a semplificare le cose ogni volta che l’innovazione apre una strada nuova. In questo modo riusciamo a rispondere alla missione dell’inclusività, che è tra i nostri fondamentali, riconoscendo il talento e facendo crescere delle persone anche dove distrattamente non ci si immagina che ci possa essere del valore.
Dopo il periodo che abbiamo tutti vissuto a causa della pandemia e dei lockdown, Salesforce che cosa ha imparato?
Siamo una comunità di persone fatta esattamente come il resto della società. Abbiamo attraversato questo tunnel infinito avendo la possibilità di riflettere e quindi, ora che vediamo la luce, abbiamo maturato una serie di consapevolezze e abbiamo capito l’importanza di cose a cui prima della pandemia magari davamo poco rilievo.
Il tema della fiducia come detto è molto importante e in questi ultimi 20 mesi siamo stati sempre presenti per i clienti e per i partner. Diverse aziende sono andate inevitabilmente incontro a delle difficoltà contingenti. Qualcuno ci ha chiesto aiuto rispetto agli obblighi contrattuali. In tutti i casi dove è stato possibile, noi ci siamo stati e ci siamo ancora. Questi clienti non hanno a loro volta perso l’opportunità di restituirci l’attenzione che gli abbiamo dimostrato. La fiducia è l’elemento di base che nel mondo del business serve per rendere sempre più forti i rapporti, soprattutto in periodi come quello che abbiamo vissuto. Oltre a questo, abbiamo focalizzato anche altre riflessioni. La prima, ormai è banale dirlo, è il fatto che non si può prescindere dal digitale, grazie al digitale ‘si è’ senza il digitale ‘non si è niente’.
Altre riflessioni riguardano temi che prima pensavamo lontani dal business, ma che invece abbiamo scoperto che non lo sono. Tra questi i temi della sostenibilità ambientale, quello dell’inclusione, delle diversità, la protezione della salute, la sicurezza, ma anche l’attenzione al fatto che ogni investimento dei nostri clienti si traduca in valore.
Tutto questo prima era molto ancillare rispetto al core delle attività di ogni azienda, ossia fare business… Ma oggi ognuno di noi, anche nella vita di tutti i giorni, di fronte alla scelta tra due prodotti uguali nelle prestazioni, molto più facilmente scegliamo quello che magari costa un po’ di più, ma dimostra un valore nella protezione dell’ambiente, delle persone o quant’altro… In questo periodo come Salesforce abbiamo maturato ancor di più la convinzione che questi temi diventano discriminanti nell’orientare le scelte delle persone.
Sul fronte della sostenibilità ha un esempio da raccontare di qualcosa fatto con voi da un vostro cliente?
In Italia un esempio importante, veramente completo e che comprende tutto quello che ho raccontato è quello di Brunello Cucinelli, diventato grande amico di Marc Benioff, che ha dichiarato di aver scelto Salesforce perché ha capito che siamo portatori degli stessi valori della sua azienda, comprese le logiche di restituzione di una parte dei profitti.
Anche loro restituiscono una parte della ricchezza prodotta all’impresa perché possa continuare a crescere in maniera solida; ai dipendenti perché siano contenti e rimangano con noi; ai territori dove operiamo, e anche all’umanità intera… Un altro esempio è Salesforce stessa. Come tutti, in precedenza andavamo molto fieri delle nostre sedi aziendali principali nei centri cittadini fatte di torri e palazzi… Ora invece abbiamo smaterializzato molto della nostra presenza fisica, creando il concetto di ‘digital headquarter’.
Slack è una parte importante di questa strategia. Il nostro digital headquarter ci consente veramente di lavorare ovunque noi possiamo essere. Oggi personalmente posso lanciare delle transazioni, approvare delle offerte, firmare documenti, mentre cammino per strada. Le nostre diverse centinaia di persone possono lavorare ovunque si trovino e questo ha un impatto positivo semplicemente perché non si muovono per arrivare in ufficio tutte le mattine. I nostri dipendenti utilizzano soluzioni tecnologiche che assicurano lo stesso livello di produttività in qualunque ambiente si trovino a lavorare. Salesforce contribuisce peraltro al progetto per la piantumazione a livello mondiale di un ‘trilione’ di alberi (1t.org; trilione: mille miliardi, ndr).
Stiamo ormai entrando in quella che oggi viene chiamata ‘nuova normalità’, dove è previsto che rimanga lo smart working anche dopo che sarà superata, si spera presto, l’esperienza della pandemia. Sul fronte di come organizzare un nuovo modello di lavoro basato sul famoso ‘raggiungimento degli obiettivi’, e non più sulla presenza fisica dei dipendenti, Salesforce ha qualcosa da insegnare?
Il nostro sistema di performance management identifica in modo molto trasparente gli obiettivi condividendoli a cascata iniziando proprio dal nostro Ceo. Tutti seguono il modello V2MOM, sintesi di vision, value, methodology, obstacle e measurement. In questo periodo dell’anno Marc Benioff elabora e rende pubblici gli obiettivi dell’anno fiscale e le visioni sulle quali lavorerà, i valori che fanno da riferimento alla sua azione, come perseguirà questi obiettivi (methodology), con quali criteri misurerà la sua azione e quali sono gli ostacoli che potrà trovare sul suo cammino e come proverà a superarli… Da lì si parte a cascata coinvolgendo tutte le persone di Salesforce, fino ad arrivare a chi ha appena iniziato un percorso di carriera in azienda. Questo modello consente al nostro sistema di performance management di mantenere allineata l’organizzazione agli obiettivi che si è data. Nessuno oggi ha la formula per capire come si governa lo smart working, quello vero, visto che molti nei mesi passati hanno vissuto un’esperienza di remote working, dove praticamente si lavorava da casa dalle 9.00 alle 18.00, e spesso anche oltre.
Non è ovviamente solo una questione di tecnologia, e quella naturalmente ce l’abbiamo. Infatti per capire come assicurare un’esperienza di qualità – il vero smart working – serve un passo in più, cosa che stiamo compiendo con l’iniziativa FTA, Flexible Teaming Agreement, con la quale studiamo quale sarà l’equilibrio futuro nelle modalità di lavoro tra quello tradizionale e quello smart.
La chiave per capire questo sta nel concetto di ‘flessibile’. Mi spiego, lavorare da casa a Roma, a Milano, a New York o a Parigi, magari non è proprio la stessa cosa… Ci sono città dove i mezzi pubblici sono rapidi e puntuali, in altre zone magari c’è molta disponibilità di spazi di co-working… Possiamo anche lavorare sempre da remoto, ma allora poi è necessario pensare a dei giorni dove ci si incontra, si sta insieme, si fa brainstorming, oppure ci vediamo per festeggiare qualcosa, qualcuno… L’iniziativa FTA attraverso approssimazioni successive ci consentirà di definire qual è la modalità più smart di lavoro da remoto.
Quali sono secondo lei le innovazioni più interessanti per il futuro di Salesforce?
Ho avuto recentemente proprio un incontro molto interessante con un cliente italiano con il quale ho parlato anche di un argomento che attualmente non viene seguito con un’offerta dedicata da Salesforce, o da una parte della nostra piattaforma, ossia l’Internet of Things.
È stato questo cliente a introdurre il discorso chiedendomi: “Salesforce connette le aziende con i suoi clienti per costruire relazioni a 360°, ma è possibile immaginare che un domani il cliente non sia solo un essere umano? Se questo fosse anche il sistema intelligente che governa un bene fisico come può essere un’automobile, un sistema di domotica per la casa, un macchinario di produzione in leasing? Ossia un sistema che continua a comunicare big data sui quali si possono fare analisi di intelligenza artificiale…”.
Oggi è già tecnologicamente possibile connettere con Salesforce dei clienti che sono delle ‘cose’ e non delle persone, abbiamo già un cliente italiano che fa esattamente questo. Certamente però industrializzare uno scenario IoT in Salesforce significa affrontare la problematica in modo più ampio rispetto a singoli episodi puntuali… Ci stiamo lavorando.
E quindi per quanto riguarda l’intelligenza artificiale a che punto è oggi Salesforce?
Da tempo con la nostra piattaforma Einstein seguiamo il tema. Uno degli obiettivi dell’intelligenza artificiale è fare delle elaborazioni sul futuro con delle simulazioni, per dare indicazioni a un’organizzazione su dove deve andare. Ebbene, oggi posso dire che siamo arrivati a fare per i nostri clienti di tutto il mondo oltre 100 miliardi di previsioni al giorno su tanti diversi temi, molte delle quali sono delle microprevisioni molto circostanziate generate da automatismi.
Come è andato il suo primo anno fiscale in Salesforce Italia e quali sono gli obiettivi per il prossimo?
I risultati di quest’anno, come quelli dei prossimi, sono frutto del lavoro di una squadra, quella di Salesforce Italia, che funziona molto bene. Raramente mi è capitato di trovare delle persone così motivate e dedite al successo dei clienti. Detto questo, Salesforce in Italia è andata molto bene, nei primi nove mesi del corrente anno fiscale cresciamo più del doppio di quanto cresciamo a livello globale. C’è grande soddisfazione tra di noi, ma naturalmente anche da parte dei nostri responsabili. Cresceranno quindi anche i nostri investimenti in Italia e la soddisfazione di portare nuovo lavoro nel nostro Paese, mi lasci dire, è una cosa che ci fa molto piacere. Per il prossimo anno naturalmente rimangono alte le aspettative di crescita e sono convinto che raggiungeremo i traguardi che abbiamo fissato.
Stiamo comunque lavorando su tre direttrici importanti. Per prima cosa stiamo cambiando il modello organizzativo per essere ancora più vicini ai clienti: ci struttureremo per settori verticali per acquisire maggiore specializzazione e far crescere la capacità di parlare i diversi linguaggi dei nostri clienti. In questo senso intendiamo attrarre persone esperte nei diversi mercati verticali e diventare quindi più competenti e più forti per rispondere meglio alle esigenze dei clienti dei settori che traguardiamo. Questo modello diventerà operativo a partire da febbraio con l’inizio del nuovo anno fiscale.
Come seconda direttrice, intendiamo arricchire la comunità dei nostri partner anche con altre tipologie di operatori per seguire meglio proprio il nostro percorso di specializzazione in settori verticali. Presto comunicheremo degli accordi molto importanti che stiamo finalizzando in questo periodo con diverse terze parti specializzate. La terza direttrice è invece legata a Slack, ossia a come traghettiamo la nostra nuova proposizione di valore nelle logiche social. Naturalmente poi stiamo preparando tutta una serie di importanti novità.
Ce ne può raccontare una?
Daremo vita a breve alla EU operating zone, grazie alla quale decentralizzeremo l’erogazione dei nostri servizi, finora principalmente gestita dagli USA, questo per venire incontro alle forti richieste dei nostri clienti europei, non solo italiani. Stiamo approntando quindi dei presidi in Europa per erogare servizi, manutenzione, supervisione dei sistemi. Abbiamo già dei nostri data center attivi in Europa, ma per questa cosa ci muoveremo anche con i principali hyperscaler nostri partner.
Quali sono i settori verticali nei quali opererete dal nuovo anno fiscale?
Noi operiamo in tutti i settori, il prossimo anno ci organizzeremo per seguire sempre più da vicino mondi finance; energy, utility, telecom e media; B2C, quindi i retailer e tutte le imprese che interagiscono direttamente con i consumatori; B2B, che comprende anche il manufacturing; e seguiremo anche tutto il mondo della pubblica amministrazione con una struttura dedicata. Quest’ultimo è il settore che sta crescendo più velocemente di tutti. Infine, la sesta componente è più orizzontale ed è dedicata a seguire con colleghi italiani da remoto i clienti che hanno fino a 200 dipendenti.
Cosa la soddisfa di più nel suo lavoro al di là dei numeri in crescita e dei successi commerciali?
In questo primo anno in Salesforce diverse volte ho incontrato persone al di fuori del lavoro in più occasioni, anche istituzionali. Nel momento in cui ci si presenta, ognuno racconta se è un manager oppure un imprenditore, e a me capita sempre che appena racconto che lavoro in Salesforce, subito gli altri mi fanno sapere che sono nostri clienti e che utilizzano la piattaforma con soddisfazione; questo sempre sorridendo e senza che si palesino problemi o critiche. Quando capita, allora penso sempre che stiamo facendo bene il nostro lavoro e che questo per i nostri clienti rappresenta qualcosa di importante.
Cosa sarà Salesforce tra 5 anni?
Come già detto, Marc Benioff ha tracciato per tutti noi un traguardo molto ambizioso, entro il 2026 Salesforce sarà un’azienda da 50 miliardi di dollari.