IoT non è solo industria 4.0. Anzi
Sono diversi i settori in cui i dati raccolti dalle ‘cose’ rappresentano una grande opportunità.
Spesso quando si parla di Internet of Things ci si riferisce all’ambito industriale e manifatturiero, un settore dove la trasformazione digitale abilitata da queste tecnologie appare molto avanzata, con particolare riferimento ad applicazioni di manutenzione predittiva od ottimizzazione dei cicli produttivi. Nella realtà sono tanti gli ambiti e i settori in cui i dati raccolti dalle ‘cose’ (grandi e piccole) offrono delle opportunità, a patto di avere a disposizione una piattaforma in grado di supportare i relativi processi. E questo spazia dai plant industriali, ai treni o alle navi, ai veicoli connessi, alle reti tecnologiche fino ad arrivare anche al mondo consumer (ad esempio elettrodomestici intelligenti). Esiste un fil rouge?
“In Hitachi Vantara abbiamo messo a frutto le esperienze interne al Gruppo sul fronte della trasformazione digitale abilitata dall’IoT realizzando un framework e una Piattaforma IoT – Lumada – con una completezza di visione ampia e le modernità e versatilità necessarie ad indirizzare la governance di differenti iniziative e casi d’uso dell’Azienda. Molte Enterprise infatti hanno diverse aree di business e processi che possono beneficiare dell’IoT, ed è concretissimo lo scenario di perdita di governo e di standard, di costi fuori controllo e di rischi sulla sicurezza a causa di architetture a silos, proliferazione di applicazioni verticali e proprietarie, attivazione di servizi cloud, sviluppi custom su soluzioni open source. Pensiamo ad esempio ad una multiutility, che ha iniziative che possono coinvolgere impianti industriali (es. termovalorizzatori), ma anche reti tecnologiche (power grid o idriche), sistemi di raccolta rifiuti, ma anche illuminazione o servizi di smart city”, commenta Devrim Di Finizio, BU Digital Solutions Software Lead di Hitachi Vantara Italia. “È uno scenario dove entra in gioco non soltanto il tema della connettività dal campo e dell’edge computing, ma è strategico il blending ossia la miscelazione dei dati raccolti sul campo con quelli più prettamente legacy quali sistemi di asset management, ERP, schede tecniche e di manutenzione ed ulteriori arricchimenti con ulteriori fonti come ad esempio le previsioni meteo”.
Tanti dati dall’IoT
Ancora una volta i dati la fanno da padrone, raccoglierne tutte le sfaccettature e correlarli tra loro è la chiave del successo di queste iniziative. Ma sempre di più la tecnologia è abilitante, i dati IoT sono di volumi enormi e spesso viaggiano in tempo reale e si devono spostare velocemente da dove vengono prodotti (in fabbrica o sui device connessi) per essere processati in loco (con l’edge computing) e poi confluire in piattaforme di governo e analisi centralizzate (spesso nel cloud) e restituire feedback sia alla sorgente sia ad applicazioni in grado di rispondere alle sfide dei vari casi d’uso.
“È corretto, per questo affermiamo che l’IoT sta cambiando anche alcuni paradigmi dell’Operation Technology (non senza resistenze) abilitando nuove possibilità. La ‘filiera del dato’ deve essere automatizzata e accorciata, per raggiungere il consumatore del dato nella maniera più veloce e completa, è ciò che in Hitachi chiamiamo il DataOps Advantage. Da qui l’importanza di disporre di uno stack moderno e scalabile (si parla di paradigmi a microservizi e di architetture a container) e soprattutto il più possibile interoperante con gli ecosistemi IoT e BigData, che sono in continua evoluzione. Ed è fondamentale eliminare le frizioni, le discontinuità: ad esempio Lumada assimila anche la sensoristica ambientale offrendo applicazioni di video computing e facendo leva su sensoristica speciale, ad esempio i nostri Lidar, in grado di ricostruire la realtà in 3D e GDPR compliant, perché non raccoglie i lineamenti del viso”, prosegue Di Finizio, introducendo anche le situazioni di spazio connesso, che Hitachi include a pieno titolo nella sua vision di IoT.
“Abbiamo Clienti del settore bancario che monitorano la CX nelle filiali next-generation misurando il comportamento dei visitatori di fronte ai totem multimediali o alle postazioni di self-care. In generale parliamo quindi di un framework adattabile e flessibile a più casi d’uso, ma con centralità di governance, per soddisfare al meglio le richieste di Aziende che desiderano mantenere paradigmi di classe enterprise in termini di sicurezza e gestione potendo in ogni caso affidarsi ad architetture agnostiche e indipendenti da vincoli hardware e di adozione, in cloud od on premise”.
Una posizione privilegiata
Si tratta di un aspetto fondamentale in un mercato, quello delle piattaforme IoT, che sta ancora prendendo forma tanto che Gartner non ha ancora posizionato nessuno nel quadrante Leader. “Esistono piattaforme che hanno origine nel mondo OT e che poi si sono spostate su quello IT per completare la catena del valore e altre che, al contrario, provengono da IT o cloud e provano a connettersi con l’OT. Noi ci troviamo in una posizione privilegiata avendo un DNA industriale ma nel contempo una consolidata esperienza sulla parte IT. Questo ci ha permesso fin da subito di progettare una piattaforma con una catena del valore completa e senza frizioni, dall’edge all’analytics alle applications, e che garantisse quella scalabilità, qualità e replicabilità che altre soluzioni non possono vantare generando solo ingovernabilità e proliferazione di costi e rischi”, afferma Di Finizio.
Come agire quindi quando si vuole sposare l’IoT, indipendentemente dal proprio settore di appartenenza? La proposta di Hitachi Vantara vuole consentire sì di partire in piccolo ma mantenendo una visione in grande, evitando di operare in modo tattico bensì strategico. “Noi copriamo l’intero processo IoT assicurando installazione degli agenti IoT sui dispositivi di campo, l’interfacciamento con i protocolli, la piattaforma Big Data per l’IoT Data Lake, e potenti applicazioni verticali – ad esempio per la manufacturing e maintenance insights, derivate dal nostro DNA industriale e manifatturiero – da innestare sul framework là dove abbiamo competenze interne, lasciando in ogni caso libertà di scelta sulle varie componenti potendo integrarci con soluzioni terze parti e con l’ecosistema in uso”, conclude Di Finizio.