Cosa cambia e cosa potrebbe cambiare nella ‘nuova normalità’

Una volta usciti dalla pandemia e dai lockdown, il ruolo dei data center rimarrà centrale. Otto trend di mercato da tener presente.

Nell’ultimo anno e mezzo i data center sono stati uno dei punti di forza che hanno evitato che il mondo collassasse in una crisi economica diffusa e generale sotto gli effetti nefasti della pandemia da Covid-19. Questo ruolo da protagonisti di primo piano nella difesa delle nostre aziende, delle nostre società e dei nostri Paesi oggi, con lo stesso grado di importanza, si è trasposto nella fase di ripresa in cui tutto il mondo sta immaginando come realizzare concretamente quella ‘nuova normalità’ di cui si sta parlando da diverso tempo.

In questo mercato oggi si assiste alla crescita impetuosa dei servizi di data center forniti da cloud provider pubblici globali e locali e sembra che questi soggetti stiano conquistando, senza nessun ostacolo, il destino di ogni work load aziendale diventando il nuovo modello egemone dell’industria ICT… Ma il futuro, seppur ineluttabile, ha pur sempre un margine di variabilità che può far cambiare anche i destini già scritti.

Come sempre, sotto ogni apparente tranquillo cambio di paradigma, invece, c’è molto fermento, poiché, è la Storia con la S maiuscola a insegnarcelo, in nessuna fase di transizione da un vecchio modello a uno nuovo, i protagonisti che fino a pochi anni prima si connotavano come le forze egemoniche in campo in un Paese, in politica o in un ambito industriale di primaria importanza, come è ormai il settore ICT, se ne stanno tranquille ad aspettare che i nuovi ‘padroni’ si prendano tutto.

In questo caso quindi, la domanda da farsi è: chi sono le forze che oggi stanno cercando di contrastare la conquista del mercato data center da parte dei ‘cloud provider’ pubblici? Ma i principali fornitori di infrastrutture tecnologiche per data center! La risposta, bisogna ammetterlo era piuttosto facile… Anche se c’è un’implicazione che bisogna tener presente: la crescita del business dei cloud provider genererà sicuramente comunque nuovo business per i fornitori di soluzioni infrastrutturali ICT, server e sistemi storage compresi. Non tutti i grandi player del cloud, infatti, continuano a costruirsi queste macchine in casa. Ma anche se questo è vero, bisogna però anche tener presente che la conquista dell’egemonia del mercato da parte di ‘new comer’, che sono pochi, molto ricchi e con un potere di scelta enorme nelle loro mani quando devono decidere con quale fornitore lavorare, relegherebbe comunque le forze che stanno perdendo l’egemonia del mercato data center a un secondo piano poco rilevante se non addirittura alla marginalità.

Quindi non c’è da meravigliarsi, se oggi diversi tra i grandi player che una volta avremmo connotato come ‘produttori di hardware’ per data center, sono in fermento per riconquistare alla loro visione i portafogli dei clienti, arricchendo con nuove soluzioni e tecnologie un’offerta che rimane comunque centrata sul modello on-premise, ossia quello dei sistemi in casa.

In questo articolo analizzeremo quindi otto trend emergenti del mercato data center di questo fine 2021, alla luce di quello che attualmente possiamo connotare come uno dei passaggi storici più importanti della storia dell’ICT.

1. Data center as a service

‘As a service’, ‘pay per use’, pagamento di solo quello che effettivamente si consuma. Quante volte abbiamo sentito questi concetti. Parole e slogan che hanno fatto da grimaldello per i cloud provider permettendogli di iniziare a operare quel cambiamento che ha spostato la logica industriale dell’investimento in ICT dal prodotto al servizio. Ma non tutto ha funzionato alla perfezione quando oggi dopo più di dieci anni di affermazione del nuovo business del cloud leggiamo che le aziende clienti hanno la sensazione che mediamente il 30% delle risorse acquistate in cloud non vengano effettivamente utilizzate; come mette in evidenza la ricerca ‘Flexera 2021 State of the Cloud Report’ (ne abbiamo parlato in questo articolo).

Vista la realtà effettiva, sono diversi i costruttori di hardware – server e sistemi storage – che si sono posti l’obiettivo di accompagnare la vendita a casa dei clienti dei loro apparati con la promessa di una vera esperienza ‘pay per use’. In pratica, le aziende clienti, anche quando acquistano e installano in casa un sistema di elaborazione o di memorizzazione possono per una certa quota di potenza e/o spazio di memoria utilizzare, e quindi pagare, risorse IT che hanno già in casa solo quando le utilizzano effettivamente per rispondere a necessità particolari. Come nel classico esempio dei picchi legati alle particolarità temporali dei loro business.

Se tra i primi fornitori a ragionare in questo senso è stata, già qualche anno fa, una realtà emergente dello storage come Infinidat, oggi su questo tema si stanno muovendo i principali produttori di hardware, Dell Technologies in testa. Quest’ultima ha annunciato la scorsa primavera i servizi Apex Data Storage Services e Apex Cloud Services attivabili nelle nuove generazioni di sistemi. Si tratta di due nuove soluzioni a consumo di servizi IT che promettono di “assicurare ai clienti un’esperienza migliore sotto il profilo dei costi, del controllo e della semplicità nella gestione delle risorse IT di quanto oggi viene fornito dai principali cloud provider”. Una mossa analoga è attesa da un altro player storico dei sistemi hardware per data center come HPE.

Il passaggio che è importante sottolineare in questa fase dove molti fornitori hardware stanno mettendo in campo delle strategie di risposta è l’utilizzo della parola ‘meglio’. Ossia questi player non si accontentano di fornire la ‘stessa customer experience’ dei fornitori cloud, come in qualche caso si leggeva negli scorsi anni, perché invece oggi hanno alzato l’asticella e promettono di fornire un’esperienza ‘migliore’. Non è solo semantica, ma il segnale che questi soggetti intendono sfidare a tutto campo i grandi cloud provider globali, senza nessuna sudditanza psicologica, sul loro stesso terreno ossia su quello della promessa che, per diverse ragioni, oggi risulta essere stata disattesa in molti casi: il pieno controllo del paradigma ‘si spende solo per quello che si utilizza’.

È curioso notare che il principale grimaldello grazie al quale i principali cloud provider oltre 15 anni fa hanno iniziato a muoversi e in pratica a creare il nuovo mercato del cloud, oggi, per la legge del contrappasso, è stato identificato come punto di debolezza dai fornitori di hardware sul quale pensano di poter fare leva per continuare a giocare un ruolo di primo piano nel mercato data center.

2. Espansione continua

Il numero di data center è comunque in espansione in tutto il mondo. Ma oggi i principali protagonisti di questa espansione sono proprio i tre cloud provider principali: AWS, Microsoft e Google.

I tre ‘titani’ del mercato investono miliardi di dollari ogni trimestre per costruire ed equipaggiare nuove facility data center in tutto il mondo, ben 37 miliardi nel solo terzo trimestre del 2020, e oggi solo questi tre player rappresentano più del 50% dei più grandi data center attualmente operativi. A fine 2020 il numero dei grandi data center si avvicinava a 600 unità ossia il doppio di quelli operativi nel 2015.

Il programma di espansione continua come dimostra il piano pluriennale di Microsoft annunciato a primavera che prevede la costruzione dai 50 ai 100 data center in tutto il mondo ogni dodici mesi. A oggi non è stata data una scadenza precisa, quindi non si sa se questo piano è destinato a durare 3, 5, 7 o 10 anni. All’interno di questa strategia è previsto per esempio l’investimento di un miliardo di dollari in Malaysia per la costruzione di diversi data center di classe ‘hyperscale’.

A livello globale il mercato dei sistemi data center a fine 2021 arriverà a valere 237 miliardi di dollari, secondo le stime di Gartner, con una crescita rispetto al 2020 del 7%, e questo trend si manterrà, dice sempre la società di ricerca, su questo livello fino al 2024.

3. CPU per server: sfida a tre

Il mercato delle CPU per server è destinato a surriscaldarsi nei prossimi tre/quattro anni e la speranza sta nel fatto che tutto questo potrà portare nuovi benefici alle aziende utenti in termini di prestazioni, agilità e nuove funzionalità.

Oggi il mercato è un gioco tra due player, Intel e AMD, dove il primo per ragioni anche storiche mantiene una posizione dominante. Questo anche se AMD continua a erodere quote di mercato a Intel – la stima fatta da Mercury Research nel primo trimestre del 2021 parla di una fetta pari all’8,9% nelle CPU x86 – e il confronto continua grazie alle innovazioni apportate da entrambe: la terza generazione di processori Intel Xeon Scalable, nome in codice Ice Lake, e quella delle CPU EPYC Milan di AMD.

A portare altra innovazione in questo segmento sarà tra 18 mesi, se i tempi verranno rispettati, Nvidia che già lo scorso aprile ha dato le prime indicazioni su una nuova CPU per il mercato data center, basata su architettura ARM che promette di fornire prestazioni 10 volte superiori nelle funzionalità di intelligenza artificiale rispetto alla più veloce CPU della famiglia EPYC di AMD.

La nuova CPU, nome in codice Grace, porterà nuova competizione nel segmento dei processori x86 quando arriverà all’inizio del 2023, e sarà accompagnata da novità anche nelle altre linee di prodotto della società. Ossia le GPU (graphic processor unit) e le DPU (data processor unit), linee di prodotto che vengono aggiornate con importati innovazioni ogni due anni.

Nvidia in questi anni ha investito per connotarsi sempre di più come un’azienda in grado di scalare gli ambienti di elaborazione data center, cercando di ottimizzare le prestazioni delle applicazioni a livello di sistema. Seppur conosciuta ancora principalmente nel mondo delle GPU, l’azienda nel 2020 con un investimento di 7 miliardi di dollari ha acquisito Mellanox Technologies, per espandere il suo business nei sistemi di networking ad alta velocità. Non solo, l’approvazione lo scorso 19 agosto dell’acquisizione di Arm, annunciata nel 2020 con un’operazione da 40 miliardi di dollari, porta in casa della società un complesso di competenze ed esperienze che ha già messo alla prova su Grace, ma che ora potrà concentrarsi esclusivamente sulle strategie di Nvidia.

Inoltre, Nvidia continua a espandere la sua alleanza con VMware sui temi della virtualizzazione dei data center e su altre famiglie di software sviluppate dalla società.

Potenzialmente Nvidia può rappresentare un player in grado di portare una significativa e importante discontinuità a questo mercato nei prossimi anni e la sua presenza potrebbe anche tradursi in un consolidamento del mercato. Di certo però Intel e AMD non staranno a guardare e quindi nei prossimi due anni ci dobbiamo aspettare molte innovazioni significative anche da questi due player più ‘storici’.

4. Aumento dell’automazione e della ‘robotica’

La pandemia ha accelerato la necessità di diminuire l’intervento umano nei processi all’interno del data center dando così una spinta all’innovazione sul fronte dei software di automazione, intelligenza artificiale e RPA (robotic process automation). Molte aziende costrette dai lockdown hanno potuto apprezzare i benefici apportati dall’aver implementato per tempo dei sistemi autonomi intelligenti all’interno dei data center in grado di gestire diverse tipologie di task differenziati e distribuiti in più punti incrementando nel complesso le capacità di gestione dell’intera infrastruttura ICT. Chi prima del marzo 2020 non aveva investito in queste soluzioni ha dovuto, durante i periodi di lockdown, chiamare almeno 70% del personale normalmente attivo nei data center, grazie alla qualifica di lavoro essenziale, per farlo lavorare direttamente sulle infrastrutture. Una maggiore automazione avrebbe consentito di far circolare meno persone, mitigando di più i rischi di contagio da Covid-19.

Secondo una recente ricerca di AFCOM – 2021 State of the Data Center Industry – il 40% del campione ha affermato che nei prossimi 12/24 mesi adotterà soluzioni di robotica e automazione nel monitoraggio e nella manutenzione dei loro data center. Il 16% ha affermato di utilizzare già in maniera significativa soluzioni di questo tipo, mentre un altro 35% ha dichiarato che implementerà soluzioni di questo tipo entro il 2024. Tali soluzioni permetteranno di gestire e di eseguire i processi di routine tipici degli ambienti data center senza la necessità dell’intervento umano, e consentiranno di concentrare la disponibilità di persone esperte di tecnologie sulle tematiche di business dell’azienda.

5. I fondi di private equity continueranno a investire

I fondi di private equity in questi anni hanno investito massicciamente centinaia di miliardi di dollari nelle aziende del comparto data center, comprando anche direttamente diversi operatori, e continueranno a farlo anche nei prossimi anni. Questi investitori hanno capito molto bene da tempo che tutti i driver ICT di oggi – dalle ‘data driven company’ all’economia digitale – hanno bisogno di infrastrutture. L’investimento in aziende del comparto data center è giudicato tra quelli a più alto rendimento e la domanda improvvisa di smart working e servizi cloud durante il periodo della pandemia ha portato molti frutti a chi aveva investito in questi asset.

6. Una strada già tracciata

Secondo i dati di Synergy Research Group, a livello globale le aziende di classe enterprise nel 2020 hanno speso 130 miliardi di dollari in servizi cloud infrastrutturali (Iaas), mentre sono stati spesi 89 miliardi di dollari in prodotti per data center. Rispetto al 2019 la situazione è radicalmente cambiata. In quell’anno, infatti, le due categorie di spesa erano praticamente alla pari: sia i servizi cloud infrastrutturali sia i prodotti per data center avevano registrato una spesa di 95 miliardi di dollari. In 12 mesi, con la pandemia che ci ha sicuramente messo del suo, si è registrata una crescita del 35% nella spesa per i servizi Iaas e un calo del 6% per i prodotti data center.

Anche se il 2020 ha registrato in modo generale dei comportamenti anomali a causa del Covid-19, ormai per gli analisti della società di ricerca i trend sono chiari: “Negli ultimi dieci anni CIO e responsabili delle infrastrutture ICT hanno votato con il loro portafoglio, indicando che la strada per il futuro è il cloud, e tutti si aspettano che sarà così ancora per diversi anni a venire”. Sebbene tutti concordano ancora che in generale lo scenario del cloud ibrido rimarrà valido ancora per tanto tempo, molte realtà enterprise con il Covid-19 hanno forzato i tempi e hanno scelto i cloud pubblici come fornitori di servizi infrastrutturali principali.

7. Sempre più sostenibili

L’industria dei data center è nella posizione di poter accelerare l’adozione di pratiche sostenibili come l’utilizzo di energie rinnovabili e di batterie agli ioni di litio per ridurre l’impatto sul cambiamento climatico a livello globale.

Clienti, investitori, persone interessate alla tematica in genere e anche politici a ogni livello stanno chiedendo attenzione ai temi dell’impatto delle azioni umane sul clima, e di mettere in campo delle soluzioni di business che abbraccino il concetto di sostenibilità. L’innovazione sul fronte dell’efficienza energetica, come l’utilizzo di acqua per il raffreddamento dei server utilizzati nei data center, insieme alle energie rinnovabili sono utilizzate ormai da anni dai principali player che utilizzano massicciamente infrastrutture data center, come AWS, Google, Facebook e Microsoft.

Nel 2021 il tema è sempre più stato messo al centro da un numero crescente di aziende enterprise che hanno aperto molte discussioni con i diversi fornitori coinvolti con l’intento di rendere sempre più verde il loro portafoglio ICT, comprendendo per prima cosa le tecnologie per data center e i servizi cloud. Due player del mercato della co-location come Equinix e Digital Realty nel 2021 hanno raccolto capitali sul mercato per fare i loro investimenti attraverso l’emissione di ‘green bond’ e altri player seguiranno la stessa strada a partire dal 2022.

Gli operatori del mercato data center aumenteranno i loro investimenti per creare prodotti sempre più sostenibili – dai nuovi liquidi per il raffreddamento alle facility sottomarine – e questo permetterà di poter avere a disposizione allo stesso tempo soluzioni altamente performanti che si caratterizzeranno anche per un elevato indice di sostenibilità.

8. Occhi puntati sull’edge

Con il persistere di pratiche di remote e smart working anche nei prossimi anni, con un utilizzo del digitale più consistente anche per quanto riguarda la scuola e l’università e con l’avanzata della trasformazione digitale all’interno di tutte le aziende anche delle zone più remote, la prossima frontiera per i data center è quella dell’edge.

Se ne iniziò a parlare già tre anni fa quando il mercato è diventato sempre più consapevole del fatto che con l’allargarsi della digitalizzazione a macchia di leopardo in tutti i territori, prima o poi i problemi di latenza delle comunicazioni via internet avrebbero posto fatto emergere delle criticità per il business di non poco conto. Ragionando per tempo, quindi i guru del mercato ICT lanciarono il modello dell’edge computing, ossia portare la potenza di elaborazione sempre più vicino ai clienti per non costringere i loro dati a fare viaggi troppo lunghi… Era il 2019 e gli analisti preconizzavano all’epoca un grande sviluppo del mercato dell’edge computing. Poi naturalmente è arrivato il Covid-19 e si è bloccato tutto.

Oggi il tema sta tornando di attualità, e i presupposti che c’erano prima della pandemia per una rapida espansione del modello edge rimangono tuttora validi. Molte aziende, tra queste AWS, Dell Technologies, HPE e Vertiv stanno investendo nello sviluppo di queste nuove infrastrutture ICT che hanno caratteristiche architetturali specifiche.

La domanda di edge computing nei prossimi 12/24 mesi verrà sempre più spinta dal sempre maggiore utilizzo delle soluzioni di intelligenza artificiale, dall’IoT e dall’emergere del 5G. Secondo le previsioni di Gartner entro il 2025 il 75% dei workload di dati delle aziende enterprise saranno creati ed elaborati al di fuori dei data center centralizzati, di questi una componente sarà nel cloud, ma un’altra nell’edge. Questo spostamento porterà molta enfasi sulle tematiche della sicurezza, efficacia e affidabilità degli ambienti data center di tipo edge, che si connoteranno per dimensioni più ridotte rispetto ai data center anche dell’attuale generazione.

I massicci investimenti portati avanti dai principali operatori sia come produttori di tecnologie per data center sia come fornitori di servizi cloud apriranno molte e ricche opportunità al mercato emergente degli edge data center dalla fine del 2021 in avanti.


A cura della redazione

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