Come cambiano le professioni dell’industria 4.0
Orari, luoghi e spazi di lavoro stanno mutando con un progressivo aumento del remote working.
Le metodologie e le tecnologie abilitanti per la digitalizzazione delle imprese, come Industria 4.0, sistemi evoluti di progettazione e simulazione, IoT, intelligenza artificiale, robot e stampa 3D stanno trasformando le modalità di produzione delle aziende italiane. Cambia il modo di lavorare, con l’integrazione tra lavoro in ufficio, smart working, coworking, crowd-design/crowd-sourcing, spazi fisici e virtuali, digital marketing e nuovi servizi hi-tech basati su Internet.
La quarta rivoluzione industriale cambia i processi di produzione, i modelli di business delle imprese ‘data driven’ e i profili professionali dei lavoratori.
Cos’è il lavoro 4.0 e come cambia
A fronte del costante sviluppo tecnologico, il mondo del lavoro è in continuo mutamento tanto che, accanto al paradigma Industria 4.0, oggi si parla anche di Lavoro 4.0: una visione del lavoro capace di rispondere e partecipare agli attuali cambiamenti organizzativi nonché alla trasformazione dei processi produttivi.
Orari, luoghi e spazi di lavoro stanno mutando, con un progressivo aumento delle forme di remote working. Anche la presenza fisica all’interno delle fabbriche è destinata a ridursi grazie alla possibilità di controllare il ciclo produttivo anche a distanza.
La pandemia di Covid-19 ha radicalmente modificato e accelerato la diffusione delle forme di lavoro flessibile, e il cambiamento a cui sono state obbligate le aziende avrà impatti nel medio e nel lungo termine. Tutti i ‘lavoratori agili’ hanno subito una rapida maturazione, poiché hanno dovuto imparare ad arrangiarsi, scaricare applicazioni, scoprire nuove funzionalità, risolvere da soli problemi che non avevamo mai affrontato. In tre mesi, è successo quello che in tempi normali avrebbe richiesto anni di sforzi. Attualmente in Italia più di 8 milioni di persone svolgono mansioni che potrebbero essere eseguite da remoto. Dall’introduzione del primo decreto d’emergenza del 23 febbraio 2020, che rimuoveva i vincoli amministrativi per l’attivazione dello smart working, il numero di persone che lavorano da remoto è aumentato esponenzialmente, tanto che si stima che oggi nel settore privato ci siano circa 2 milioni di smart worker.
Nuove professioni
Con il diffondersi pervasivo delle nuove tecnologie e di nuovi modelli di business, nascono nuove professioni che richiedono l’acquisizione di competenze specifiche, in particolar modo nei campi dell’informatica e del digitale.
Nel lavoro 4.0, la figura dell’operaio generico, addetto a operazioni meccaniche e ripetitive, è destinata a scomparire per lasciare spazio a operai ad alta qualificazione capaci di padroneggiare tecnologie e sistemi complessi, in grado d’interfacciarsi da remoto con le macchine attraverso l’uso dei propri dispositivi, gestendo l’andamento della produzione a distanza e in tempo reale, con maggiore specializzazione e responsabilità. I macchinari svolgeranno mansioni manuali e ripetitive, ma saranno sempre controllate da personale umano. A cambiare saranno le competenze che ogni lavoratore dovrà possedere per far funzionare le macchine, e sarà quindi necessario un re-skilling delle competenze.
Il rapporto The Future of the Jobs del World Economic Forum (WEF) prevede che entro il 2022 il 42% del lavoro sarà gestito dalle macchine e il 58% dagli uomini, mentre diverse attività, tra cui l’elaborazione dei dati e la trasmissione di informazioni, saranno svolte per il 62% dalle macchine.
Entro il 2022 la quota occupazionale di chi pratica lavori ripetitivi passerà dal 31% al 21%, mentre aumenteranno le professioni emergenti che passeranno dal 16% al 27%. Anche se 75 milioni di posti di lavoro verranno sostituiti dalle macchine, si creeranno 133 milioni di nuovi posti ad alta qualificazione per un totale di 58 milioni di nuove opportunità lavorative e professioni digitali, e oltre il 50% dei lavoratori richiederà una riqualificazione. A fronte della sostituzione di un lavoratore umano con una macchina, ci sarà più di una nuova opportunità di occupazione, a condizione che il lavoratore sappia trasformare le proprie competenze per cooperare con la tecnologia.
Le professioni tipiche della quarta rivoluzione industriale si possono classificare in tre gruppi principali. Vediamoli insieme.
1. Trattamento e analisi delle informazioni, cybersecurity e cloud/edge computing: big data scientist, data architect, Ciso (chief information security officer), DPO (data protection officer) esperti di cognitive & artificial intelligence, blockchain, privacy.
2. Progettazione e gestione di applicazioni associate ai nuovi media e ai social network: growth hacker (ha come obiettivo il miglioramento del processo di vendita, aumentare il traffico e le conversioni da visite in ordini per trasformare quanti più visitatori in clienti), UX designer (esperto in user experience ), UI designer (sviluppatore di interfacce utente), digital copywriter, analisti di social media, community manager, esperti di SEO e di digital marketing.
3. Progettazione con nuove metodologie e automazione dei processi produttivi e logistici: esperti in digital twin, IoT, tecnologie additive, robotica, realtà aumentata, nanotecnologie, biotecnologie.
Per lavorare nell’Industria 4.0 occorrono quindi specializzazione e competenze digitali, e poiché l’informazione digitale è l’elemento che crea valore nella nuova rivoluzione industriale, tutte le professioni avranno in comune la capacità di raccogliere, analizzare e processare dati: tutti dovranno essere in grado di utilizzare strumenti digitali, inserirsi in processi automatizzati e comunicare con i nuovi strumenti multimediali.
Le richieste del mercato
Ogni anno la richiesta di professioni ICT in Italia cresce mediamente del 26%, con picchi del 90% per le nuove professioni legate alla Trasformazione Digitale come Business Analyst e analisti dei Big Data. Cresce di oltre il 50% la richiesta delle nuove professioni digitali: specialisti in Cloud, Cyber Security, IoT, Service Development, Service Strategy, Robotics, Cognitive & Artificial Intelligence.
Poiché la domanda di queste professionalità è superiore all’offerta, molte posizioni restano scoperte. Secondo una stima dell’Unione Europea, in Europa ci sono 700.000 posti di lavoro che richiedono competenze digitali scoperti per carenza di personale qualificato.
La creazione di nuovi posti di lavoro riguarderà in particolare nuove specializzazioni. Si stima che il 65% dei ragazzi che oggi studiano faranno lavori che ancora non esistono.
Secondo il WEF, saranno tre le linee direttrici dello sviluppo del futuro mercato del lavoro.
1. Automazione dei processi e delle attività per essere più efficienti.
2. Cooperazione esseri umani-robot, per essere più efficaci.
3. Nuove professioni nel digitale e tutto ciò che vi ruota intorno.
Il report “The Jobs of Tomorrow” del WEF raggruppa in quattro macro-aree le hard skill che saranno maggiormente richieste ai lavoratori.
Business skill. Insieme delle competenze necessarie per avviare e gestire un’impresa: marketing, project management, budgeting e business development.
Specialized industry skill. Competenze specifiche legate a un determinato settore industriale: conoscenza di cloud computing, cyber security, progettazione CAD, video editing, digital marketing.
Tech baseline skill. Competenze tecniche di base essenziali per accedere e usare i principali strumenti informatici: patente europea per l’uso del computer Ecdl.
Tech disruptive skill. Le competenze digitali più avanzate, che permettono di utilizzare e progettare tecnologie in grado di incidere profondamente sui modelli di business: data science, automazione integrata, robotica e intelligenza artificiale.
Le aziende cercano oggi professionisti che accanto a una forte conoscenza tecnica possano vantare buone soft skill: l’insieme delle capacità e qualità personali riguardano il modo in cui ci si relaziona agli altri e all’ambiente circostante e sono complementari alle competenze tecnologiche. Le abilità più richieste sono le capacità di pensiero critico, creativo, innovativo, l’intelligenza emotiva, le capacità di problem-solving, leadership e influenza sociale, capacità comunicative, proattività e capacità di gestione dello stress.