Il dilemma dell’AI nel Retail: quanto vale davvero il dato?
I brand stanno investendo tanto nell’AI, ma i consumatori non sono convinti che ciò stia realmente generando benefici per loro. È quanto emerge dal nuovo studio AI in Retail di SAP Emarsys svolto in collaborazione con Opinium.
Giunto alla sua terza edizione, il report si basa su approfondimenti raccolti da 1.250 responsabili marketing e 10.000 consumatori nel mondo. I dati rivelano un divario crescente tra le intenzioni dei marketer e le esperienze dei clienti. Il 64% dei marketer afferma di aver aumentato gli investimenti in AI nel 2025, ma solo il 33% dei consumatori ritiene che i brand personalizzino davvero i contenuti in base alle loro esigenze. E solo il 29% ha la percezione di ricevere un valore equo in cambio della condivisione dei propri dati.
Il problema sembra essere nel backoffice. I consumatori si aspettano esperienze personalizzate, ma quasi la metà dei marketer afferma che i dati nella propria azienda sono troppo disorganizzati per essere utilizzati efficacemente, e altrettanti ammettono di non riuscire ad agire in tempo reale sui dati raccolti, secondo lo studio di SAP Emarsys. Senza dati unificati e facilmente accessibili, i brand rischiano di offrire interazioni disgiunte e impersonali, minando la fiducia e la fedeltà dei clienti.
“I brand si trovano a gestire sistemi frammentati. Il 51% dei marketer lavora con ‘dati oscuri’, difficili da accedere, e subisce una crescente pressione per ottenere risultati in tempi rapidi”, dichiara Sara Richter, Chief Marketing Officer di SAP Emarsys. “Dal punto di vista dei consumatori, però, lo scambio di valore non c’è. Condividono i propri dati, ma ricevono poco o nulla in cambio, senza alcuna trasparenza su come le informazioni vengano utilizzate. È qui che si spezza il rapporto di fiducia e si perde la fedeltà”.
Cosa c’è dietro la mancanza di fiducia? Il report evidenzia due cause principali:
– Uso poco trasparente dei dati: il 63% dei consumatori ha poca o nessuna fiducia su come i brand utilizzino i propri dati personali. Il consenso sembra spesso solo formale, non sostanziale.
– Scarso scambio di valore: i consumatori condividono regolarmente dati personali, preferenze, cronologia degli acquisti e comportamenti di navigazione, ma il 60% del campione afferma di ricevere in cambio messaggi ripetitivi e spesso irrilevanti.
In assenza di un’attivazione dei dati visibile e di valore, l’intelligenza artificiale rischia di diventare semplicemente un altro strumento di marketing che allontana i consumatori dai brand.
Il caso Gibson Guitars
Nell’“Engagement Era” alcuni brand, tuttavia, stanno facendo le cose nel modo giusto e utilizzano l’AI non solo per automatizzare, ma per costruire connessioni più profonde e trasparenti con i propri clienti. Lo studio di SAP Emarsys riporta come esempio Gibson Guitars.
“Non vendiamo magliette, vendiamo chitarre”, spiega Sterling Doak, Head of Marketing di Gibson. “L’AI ci aiuta a personalizzare con uno scopo, senza perdere l’anima del brand.”
Grazie a SAP Emarsys, Gibson Guitars ha ottenuto un aumento del 50% delle entrate da e-mail marketing, il raddoppio dei tassi di engagement, e oltre il 40% delle entrate generate da esperienze guidate dall’automazione.
“Questi sono i brand che sanno come trasformare insight in azione,” aggiunge Richter. “Mostrano ai clienti in che modo i loro dati migliorano l’esperienza, e lo fanno in modo integro, senza espedienti. SAP Emarsys aiuta le aziende a raggiungere proprio questo obiettivo: trasformare dati frammentati e difficili da gestire in qualcosa che guadagna attenzione, fiducia e, in ultima analisi, una reale fedeltà nel tempo”.
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