Strategie per il Covid-19
Abitudini di consumo e digital marketing ai tempi del nuovo Coronavirus.
Nello scorso articolo abbiamo affrontato il tema di come per la prima volta nella Storia contemporanea, l’emergenza sanitaria Covid-19 abbia costretto tutti a ripensare il modo di lavorare, studiare, interagire. Il digitale è divenuto in poco tempo il canale di comunicazione preferito, attraverso il quale continuare a svolgere le attività quotidiane, professionali o d’intrattenimento.
Dopo un primo momento in cui siamo stati colti tutti impreparati, le nostre abitudini di consumo e d’acquisto sono man mano cambiate e, secondo alcuni esperti, sembra che continueranno anche dopo la fine della fase di quarantena e di restrizioni alla circolazione. È importante conoscere e analizzare questi trend perché i risultati di queste ricerche permetteranno alle aziende di indirizzare correttamente i propri prodotti e servizi.
Il consumatore ‘post-traumatico’
Un monitoraggio settimanale di GFK sugli effetti del Covid-19 rilevava innanzitutto un’interruzione o comunque riduzione sensibile per il 50% degli italiani intervistati della frequentazione di negozi e centri commerciali. Le donne sono sembrate essersi rese conto prima della gravità della situazione e delle possibili conseguenze, modificando subito le proprie abitudini di consumo e rimanendo a casa.
Oltre a essere preoccupati per la diffusione del virus e per la situazione economica, gli intervistati dichiaravano di aver paura di non trovare nei negozi i prodotti di cui necessitano (soprattutto al Sud). Dopo un primo momento di euforia, in cui l’acquisto online è cresciuto molto e si sono acquistati soprattutto prodotti non strettamente necessari, la scelta è poi sembrata piuttosto circoscritta a prodotti di prima necessità, prodotti per l’igiene personale, disinfettanti, acqua e surgelati. È cresciuto costantemente l’utilizzo del canale online, sia per ridurre il numero di uscite sia per la difficoltà di trovare negozi aperti con i prodotti ricercati; è cresciuto l’importo medio dello scontrino e si sono annullate le differenze di volumi d’acquisto nei diversi giorni della settimana, soprattutto il sabato, giorno preferito per gli acquisti prima del lockdown.
Secondo una definizione data da GFK oggi si intravede un ‘consumatore post-traumatico’, che quindi inizia a organizzarsi e a confrontarsi con distribuzione, brand e aziende in modo più consapevole. Le aziende in particolare sembrano percepite dal consumatore come poco attente al momento che stiamo vivendo, poco attive e lontane dal sentiment generale. GfK ha avviato anche un osservatorio sulla comunicazione per capire come cambia lo scenario e la comunicazione dei brand. Analizzando i messaggi di un centinaio di comunicazioni veicolare sui differenti media (stampa, TV, radio, web…) sono emersi cinque aree di comunicazione fra cui, quello legato alle donazioni e all’informazione/didattica sull’emergenza, risulta uno dei più adottati.
Comunicare senza approfittare
La comunicazione al tempo Covid-19 può essere davvero difficile e lo dimostra il caso, sfortunato, del brand Draper James, il marchio di abbigliamento femminile americano fondato dall’attrice premio Oscar Reese Witherspoon, accusato di aver voluto sfruttare l’emergenza per avere visibilità. Il brand aveva offerto alle insegnanti, come forma di ringraziamento per il loro impegno in un momento così difficile, la possibilità di richiedere attraverso un form un abito in omaggio, trascurando il rischio che il potenziale numero di richieste (negli Stati Uniti gli insegnanti, in larga misura donne, sono circa 3 milioni e hanno aderito alla promozione in 1 milione) potesse superare di gran lunga la disponibilità effettiva di prodotti (250 abiti). Il risultato è stato un linciaggio mediatico del brand e dell’attrice accusati di aver approfittato dell’emergenza Covid-19 per trarre visibilità e acquisire dati personali delle utenti.
Al contrario, sono noti i numerosi sforzi delle aziende italiane che hanno riconvertito parte della propria produzione a supporto dell’emergenza: Giorgio Armani e Prada hanno iniziato a produrre camici e mascherine, FCA e Ferrari affiancheranno la Siare Engineering, una delle poche aziende che produce respiratori, per aiutarla a raddoppiare la produttività. Bulgari ha annunciato di destinare i suoi laboratori cosmetici per la produzione di flaconi di disinfettanti mani, così come L’Erbolario e il colosso del lusso LVMH… Il numero di aziende che ha scelto di mettere le proprie competenze e strutture al servizio della comunità per sostenere lo sforzo sanitario è davvero lunga e faremmo un torto a qualcuno cercando di elencarle tutte. Ciò che conta, ai fini del nostro ragionamento, è quello che si cela dietro tutto ciò e in particolare a come l’esigenza stia costringendo le aziende e modificare il proprio ciclo produttivo, di servizio e di relazione con i clienti.
Rispondere alla crisi
Le aziende stanno facendo del loro meglio per gestire questa pandemia: dall’assicurare un’efficace risposta alle crisi, alla gestione delle diverse problematiche sulla catena di approvvigionamento, alla salvaguardia del benessere dei propri dipendenti adeguando le pratiche di lavoro quotidiane. L’esperienza del cliente assume in questo contesto un nuovo significato. Molte aziende si stanno sforzando di soddisfare innanzitutto le esigenze primarie dei loro clienti, costruendo una relazione empatica con i loro bisogni, soprattutto in termini di sicurezza. Secondo uno studio di McKinsey, l’empatia e l’attenzione a tutti gli aspetti correlati alla sicurezza sembra siano il comune denominatore delle azioni che le aziende hanno sviluppato e realizzeranno per costruire una nuova relazione con i propri clienti. Nello studio sono stati individuati sette punti fondamentali per affrontare con successo questo travagliato periodo. Vediamoli insieme.
1. Ridurre al minimo i rischi limitando l’interazione fisica. Tutte le aziende si sono impegnate a ridurre le occasioni di contatto; i negozi hanno allungato gli orari di apertura, scaglionando gli ingressi e offrendo percorsi preferenziali per le categorie a rischio, come le persone over 65. I siti di e-commerce hanno adottato procedure di consegna ‘senza contatto’ tra clienti e autisti.
2. Contribuire attivamente alla sicurezza innovando il portafoglio prodotti. Le aziende devono innanzitutto chiedersi se dispongono di prodotti che in questo particolare momento possono essere utili o se, rivendendo qualche aspetto produttivo, possono essere adeguati alle necessità del momento. Questo è un ambito in cui la creatività e la capacità di immaginare soluzioni alternative vince. I taxi, in alcune città italiane si sono messe a disposizione di aziende e cittadini per trasportare medicinali e beni di prima necessità.
3. Fornire assistenza concreta ai clienti in difficoltà finanziarie. Una volta garantita la sicurezza, il problema per i Clienti, che sono innanzitutto lavoratori, sarà quello della liquidità, ridotta a causa dell’interruzione delle attività lavorative. Allungare i tempi di pagamento, non interrompere i servizi in caso di mancato saldo, offrire temporaneamente alcuni servizi a titolo gratuito, permette ai Clienti di continuare a fruire del servizio in attesa di disporre della liquidità per saldare i pagamenti.
4. Intrattenere i clienti ‘intrappolati in casa’. Tanto tempo libero va in qualche modo riempito e molte aziende hanno risposto attivamente a questo bisogno offrendo periodi gratuiti di fruizione di contenuti video (in Italia la piattaforma Chili), magazine online (Gruppo Hearst e altri editori), anticipazione di film (Walt Disney ha anticipato di tre mesi l’uscita sulle proprie piattaforme di Frozen 2). Molti musei italiani e stranieri hanno organizzato tour virtuali gratuiti. Teatri ed enti lirici hanno reso gratuitamente accessibili online i loro spettacoli.
5. Spostare attivamente i clienti sui canali online. Distanziamento sociale e obbligo a restare a casa costringono tutti a ripensare il modo in cui offrire i propri prodotti e servizi ai clienti. Dalle consegne a domicilio di ristoranti alle palestre che hanno spostato una parte delle proprie attività sulle piattaforme video come Skype, Zoom e Google Meet, gli esempi di come servire i clienti online sono numerosissimi. Così si mantengono i contatti in previsione del dopo, quando torneremo a fruire tradizionalmente di molti di questi servizi.
6. Essere raggiungibili e trattare i clienti con attenzione nelle interazioni personali. Inutile dire che il trasferimento sul canale digitale di molti prodotti e servizi ha comportato per le aziende un incremento del numero di contatti ai contact center, che a loro volta si sono dovuti attrezzare per offrire supporto da remoto.
7. Dimostrare cura per la comunità attraverso i valori dell’azienda. La Fondazione Alibaba ha donato forniture mediche a 14 Paesi in Asia e negli Stati Uniti e pubblicherà un manuale digitale per condividere gli insegnamenti dell’esperienza COVID-19 in Cina. Tableau Software ha sviluppato un hub di risorse dati gratuito per aiutare le parti interessate a vedere e comprendere i dati del coronavirus in tempo quasi reale. LinkedIn offre accesso gratuito alle sue funzionalità premium per un periodo di tempo prestabilito per aiutare i dipendenti delle piccole imprese a far fronte alla crisi economica. Anche la comunicazione si adegua: Coca-Cola e molte altre aziende hanno ricordato ai clienti che “stare separati è il modo migliore per rimanere uniti”.
L’epidemia di COVID-19 è una crisi globale e un’opportunità per i leader di supportare i propri clienti e comunità. Gestirla in modo attento ed empatico in questi tempi difficili offre l’opportunità di creare connessioni reali che sopravvivranno agli impatti sociali ed economici della pandemia. Le aziende, anche solo per questo, dovrebbero considerare un dovere supportare le comunità in cui operano.