Microchip: la rincorsa dell’Europa
In occasione di un evento svoltosi presso Cefriel si è discusso di un settore strategico per l’economia e non solo.
Un tema strategico. È questa la definizione che Franco Bassanini, presidente della fondazione Astrid, ha dato dell’industria dei microchip in occasione di un recente seminario tenutosi presso Cefriel e intitolato “Industria dei microchip: la strategia dell’Europa nella competizione internazionale”. Occasione per presentare l’omonimo libro ma anche per dibattere su un argomento che, ha spiegato Bassanini, si inquadra in un momento storico, quello della guerra in Ucraina in cui “abbiamo scoperto come una mancata indipendenza su determinati beni può generare diverse minacce.”
L’idea, ha aggiunto Bassanini, è che se ad esempio quello dell’energia è destinato a essere un problema solo di breve e medio periodo, non è detto che lo stesso accadrà per altre materie prime e componenti strategiche. Come appunto i microchip. “Su di essi dobbiamo fin d’ora chiederci come metterci in condizione di garantire un’indipendenza dalle forniture e come reggere alla competizione tecnologica, per non finire ai margini ed essere, invece, padroni del nostro destino.” Ecco che i microprocessori sono da considerarsi componente essenziale di gran parte dei prodotti finali tecnologicamente avanzati, per cui Europa e Stati Uniti con i rispettivi Chips Act stanno attivando una serie di iniziative a propria tutela rispetto a una supply chain globalizzata che riguarda le materie prime, ma non solo.
Un tema strategico
“Senza i semiconduttori si fermano industria ed economia”, ha dichiarato Alfonso Fuggetta. “Un tema importante e strategico visto che negli scorsi mesi intere catene di montaggio sono rimaste ferme proprio per mancanza di chip. È il tema dell’intelligenza diffusa per cui se viene a mancare la produzione su larga scala della tecnologia a fermarsi sono economia, società e industria. Con il digitale che ha in gestione tutte le informazioni della società odierna mentre emergono i limiti quando non si è più tutti d’accordo.” Per cui è necessario trovare un nuovo equilibrio e analizzare quattro aree cruciali anche per l’Europa: quello delle terre rare per le quali vanno eventualmente trovate delle alternative, anche artificiali; le tecnologie per la produzione; la capacità produttiva; le competenze, dove è presente un deficit diffuso, considerato che non basta possedere le macchine e gli impianti ma bisogna anche saper progettare e valorizzare quanto prodotto. “Le risorse non mancano il problema è come le spendiamo (sono stati investiti in Italia 100 miliardi per il superbonus quando ne basterebbero 20 per coprire in banda larga tutta Italia), per tutelare l’esistente o sviluppare il nuovo o renderci più resilienti o robusti su queste tematiche.”
Lucilla Sioli, Direttrice per “Intelligenza Artificiale e Industria Digitale” in DG CONNECT (Commissione Europea) ha invece spiegato che con il Chips Act l’Europa ha proposto misure molto concrete per rafforzare la posizione in questo campo. “Non è un compito facile visto che all’Asia abbiamo da tempo assegnato il compito di occuparsi della manifattura dei semiconduttori specializzandoci invece soprattuto su quelli per il settore automobilistico, quindi meno avanzati. Si tratta di capacità non facili da acquisire e con tante generazioni di distanza. Bisogna quindi rendere attraenti gli investimenti sui nostri Paesi da parte delle aziende europee ed extra europee, semplificando le regole sugli aiuti di stato e i permessi per costruire le fabbriche”. Qui risulta fondamentale anche investire in ricerca e innovazione e la ricostruzione di un ecosistema europeo in quanto nessun Paese da solo è in grado di sostenere gli investimenti necessari per competere nel settore semiconduttori, che sono anche uno strumento di geopolitica importante.
Supply chain complessa
Dal canto suo Alessandro Aresu, consigliere scientifico della rivista Limes e autore del volume ‘Il dominio del XXI secolo. Cina, Stati Uniti e la guerra invisibile sulla tecnologia’, ha approfondito il tema della filiera dei semiconduttori. “È una supply chain particolarmente complessa comprendendo operatori che si occupano di progettazione dei chip, manifattura che dipende da macchinari per procedimenti diversi e quindi da una serie di fornitori, l’industria chimica e tutti i materiali che entrano in gioco, il packaging che è particolarmente importante e infine il prodotto finito che abilita la vita digitale. È un’industria in espansione con clicli di crescita e caduta molto forti e differenze tra vari segmenti e utenze.” Aresu ha quindi notato come quello americano si chiami ‘Chips And Science Act’ e ha l’obiettivo è di un riequilibrio rispetto all’Asia orientale, che utilizza tra l’altro macchinari statunitensi, in termini di strutture produttive. Inoltre ha fornito alcuni dati a dimostrazione che gli USA hanno di fatto il controllo di oltre il 40% della supply chain dei microchip, aggiungendo che l’Europa deve lavorare ulteriormente pure possedendo dei ‘campioni del settore’ senza dimenticare, infine, l’industria chimica che non va penalizzata in quanto pervade batterie e semiconduttori. Qualcosa che Giappone e Sud Corea hanno ben compreso.
L’evento si è chiuso con una tavola rotonda in cui si è discusso di queste tematiche. Ecco che Vladimiro Ceci, Responsabile Segreteria Tecnica AD&DG e Responsabile Marketing Strategico di Poste Italiane, ha sottolineato che la domanda da farsi è se si vuole essere clienti, architetti o ingegneri. Per cui il tema è come riuscire a evolvere da uno stato di clienti ad uno di architetto cosa che, perlomeno nelle ambizioni, è stato previsto nel Chips Act. “Il design è ciò che trasforma un cliente che deve cercare in una situazione critica di diversificare gli approvvigionamenti può evolvere verso l’archetipo dell’architetto iniziando a sviluppare la parte di design. L’Europa ha fatto l’errore di lasciare il settore in mano al mercato in uno scenario destinato ad avere una competizione per sub continenti, il che imporne essere uniti e fare massa critica”.
Le opportunità per l’Europa
Andrea Leonardo Lacaita, Professore Ordinario di Elettronica al Politecnico di Milano ha invece evidenziato come i transistor siano un componente sempre più miniaturizzato per occupare meno area e avere anche un costo unitario più basso. E poi che più i terminali sono vicini e più le cariche (e quindi le informazioni) passano velocemente dall’uno all’altro. “Un componente miniaturizzato tuttavia non sostiene tensione e di conseguenza non può fornire energia. E nemmeno trasmettere onde elettromagnetiche. Ecco che su questo tema l’Europa ha una posizione rilevante che va mantenuta grazie a industrie leader per quelle applicazioni che producono potenza e permettono di trasmettere wireless in onda elettromagnetica. Un esempio è il mondo IoT dove i singoli componenti non devono solo trasmettere ma anche attuare. Se in tempi brevi non si può pensare di recuperare uno sviluppo tecnologico indietro di decine di anni, attenzione che chi produce semiconduttori vorrà comunque incorporarvi anche le capacità di trasmissione di potenza tipiche delle nostre tecnologie.”
Infine Paolo Guerrieri, Professore alla Paris School of International Affairs, Sciences-Po ha spiegato che ciò che sta accadendo nel settore semiconduttori sta condizionando altre industrie ed economie. “L’interdipendenza veniva vista come un modo per incoraggiare la cooperazione su altri terreni e mitigare le possibilità di conflitto, ma in realtà si è tramutata in un’arma economico e politica da parte di alcuni Paesi. In Europa vanno colmati forti ritardi e quindi non perseguita una impossibile autonomia in una catena così sofisticata bensì valorizzati i punti di forza, con investimenti in aree come quelle di progettazione e disegno dei microchip che è molto promettente. Infine, il tema dei finanziamenti e della coesione sono importanti. E vanno messe in conto anche le collaborazioni con altri paesi e imprese. Due le direzioni quindi da seguire: interna e internazionale.”