Matrix, cosa è rimasto vent’anni dopo
Uno sguardo alla trilogia cinematografica che ha permeato la nostra cultura mettendo al centro del racconto il progresso tecnologico.
Quando il 7 Maggio 1999 gli spettatori italiani si recarono al cinema ancora non sapevano che il film che sarebbero andati a vedere avrebbe rivoluzionato più generazioni, diventando un fenomeno di costume e facendo da spartiacque nella storia del grande schermo. Quello di Matrix fu un successo immediato. L’opera sublimava l’avvento del nuovo millennio attraverso la trattazione di tematiche esistenziali che, pur onnipresenti nella storia del pensiero umano, erano alimentate da una nuova linfa, conseguenza dello sviluppo tecnologico, dei pericoli e delle aspettative che il 2000 portava con sé.
Per chi non se lo ricorda…
Il primo film della trilogia, diretta e sceneggiata dalle sorelle Wachowski (al momento dell’uscita, sia Andy che Larry Wachowski non avevano effettuato ancora il cambio di seso), segue Thomas A. Anderson, il personaggio interpretato da Keanu Reeves, rispettabile programmatore di software di giorno, e hacker di notte conosciuto come Neo, scoprire che il mondo che ha sempre conosciuto non era altro che una prigione per la mente. Infatti, a seguito di una guerra tra macchine ed esseri umani, quest’ultimi sono stati completamente assoggettati ai primi. Non nascono, ma sono coltivati dentro capsule per produrre energia elettrica necessaria alle sopravvivenza della macchine. Gli uomini ignorano la loro alienazione, l’oscura verità che si cela dietro alla loro esistenza, grazie a un mondo virtuale.
Le loro menti sono proiettate dentro Matrix, un software che, attraverso una stimolazione neurologica, li ha ingabbiati in una realtà simulata ambientata nel 1999
L’illusione è perfetta, o quasi. Solo l’1% della popolazione la mette in dubbio. Di questa esigua percentuale fa parte Morpheus (Laurence Fishburne) che, aiutato da Trinity (Carrie-Anne Moss), mostra la verità a Neo, convinto che quest’ultimo sia l’Eletto, ossia l’unico uomo in grado di modificare il codice del sistema, sconfiggere gli Agenti, i ‘programmi-sentinella’ incaricati di eliminare le minacce al software, e liberare tutti gli esseri umani dalla loro schiavitù.
“È la percezione che ha un bambino di un mondo di adulti. Parla della nascita e dell’evoluzione della coscienza” al settimanale Time Lana Wachowski ha definito così il film. Matrix, Matrix Reloaded e Matrix Revolution seguono infatti il percorso di Neo: dalla sua esitazione iniziale alla progressiva presa di coscienza del mondo, ma soprattutto di sé stesso, della sua identità personale e del suo ruolo sociale. Insieme al protagonista e agli altri personaggi siamo disorientati, risvegliati bruscamente e, infine, cresciamo e ci poniamo domande su noi stessi e sul mondo.
Mettiamo in dubbio le nostre credenze e ne usciamo intrattenuti, ma anche con qualche risposta e qualche domande in più.
Gli effetti sul linguaggio
e sull’industria cinematografica
Ma di Matrix cos’è rimasto nella nostra società? A distanza di vent’anni, la trilogia risulta più che attuale. Il suo linguaggio è entrato a far parte della nostra quotidianità in maniera più o meno conscia, espandendosi anche alla sfera politica.
Da un punto di vista cinematografico, la pellicola ha ridefinito il genere fantascientifico sia per quanto riguarda i contenuti che per l’innovazione tecnologica necessaria alla loro rappresentazione. Infatti, il film non deve al progresso solo la sua base narrativa, ma anche la sua ragione strutturale. Senza lo sviluppo della computer grafica la maestosa visione delle Wachowski con i suoi mondi virtuali sarebbe andata persa, e le scelte registiche sarebbero risultate meno coraggiose e ragionate.
Dopo gli enormi passi avanti di Star Wars, Jurassic Park e Titanic, il primo Matrix ha cambiato per sempre la storia degli effetti visuali nel cinema, segnando l’inizio di una nuova era, dimostrando le immense potenzialità del CGI (computer-generated imagery, immagini generate dal computer); non a caso uno dei quattro Oscar che si aggiudicò la pellicola fu quello per i migliori effetti speciali, seguito da miglior montaggio, suono e montaggio sonoro.
L’eredità più massiccia risiede nella tecnica del ‘bullet time’. Sebbene l’effetto rallenty seguito da un movimento circolare della macchina intorno a un personaggio fosse già apparso sul grande schermo un anno prima in ‘Lost in Space – Perduti nello spazio’, è solo con Matrix che raggiunse l’apprezzamento diffuso tra il pubblico anche de i non esperti.
Il film fu una pietra miliare anche per i mezzi di fruizione utilizzati. Matrix rivoluzionò il mercato nell’home video: fu il primo a vendere un milione di copie di DVD contribuendo, secondo alcuni autori, alla diffusione di questo supporto che, inventato nel 1995, nel ‘99 non era ancora completamente adottato. La trilogia fu anche uno dei primi esempi di marketing e fruizione transmediale di una storia.
Fra i vari, il film fu seguito da una serie di fumetti, da un videogioco e da una serie di cortometraggi di animazione che andarono a colmare i vuoti narrativi della trilogia, espandendo l’esperienza dello spettatore attraverso più media ognuno seguendo le sue regole. Se al giorno d’oggi questo tipo di sfruttamento è la norma, per il tempo si trattava – quasi – di una novità.
La riappropriazione della ‘verità’
La trilogia ha conquistato il pubblico combinando puro intrattenimento con riflessioni filosofiche che non fanno parte solo del suo sottotesto, come nella maggior parte dei precedenti blockbuster, ma del suo cuore. Le sorelle Wachowski hanno realizzato un prodotto unico nel suo genere, originale nella sua composizione, ma non per questo privo di riferimenti esterni, anzi. Blade Runner, i film d’animazione giapponesi, le lunghe sequenze di arti marziali, le allusioni giudaico-cristiane, il cyberpunk, la mitologia greca: le Wachowski creano il loro mondo attingendo alle realtà più disparate, ma soprattutto immergono il loro mondo distopico nella filosofia, sia quella orientale che quella occidentale, che ha i riferimenti più diretti.
Matrix, infatti, si interroga sul rapporto tra uomo e tecnologia, profetizzando una relazione simbiotica. Esseri umani e macchine sembrano due facce della stessa medaglia: non possono esistere l’una senza l’altra. Infatti, nella pellicola, anche l’uomo dei territori liberi, avendo distrutto il suo ambiente, dipende dalle macchine per sopravvivere, ma allo stesso tempo le macchine, sempre più intelligenti e sviluppate, hanno bisogno dell’energia degli esseri umani per supportarsi.
Il film riflette anche sul concetto di libero arbitrio opposto alla predestinazione, lasciando spazio a un’interpretazione che mescoli entrambe.
Il cuore pulsante dell’opera è però la ricerca della verità, la liberazione delle false credenze, il risveglio dell’identità attraverso lo sviluppo di una coscienza. A tal riguardo, uno dei riferimento più ovvi riguarda il mito della caverna di Platone, ma le Wachowski citano anche ‘Simulacra e Simulazione’ di Jean Baudrillard (durante la preparazione del film, Reeves fu invitato a leggere il volume per comprendere meglio il mondo di Matrix), Descartes e le sue ‘Meditazioni Metafisiche’ così come alla teoria del ‘cervello in una vasca’, del filosofo e matematico statunitense Hilary Putnam, per riflettere sulla nostra percezione della realtà intesa come illusione. Dormiamo. Dobbiamo svegliarci e riprenderci la realtà. Matrix ha diffuso in chiave pop concetti filosofici che hanno influenzato il quotidiano, e scene come quella della pillola rossa (che porta alla presa di coscienza) versus pillola blu (la beatitudine dell’ignoranza) sono entrate di prepotenza nell’immaginario collettivo. L’interpretazione di questi concetti ha portato a posizioni diametralmente opposte, alimentando sia teorie transessuali che visioni di estrema destra. I ‘red piller’ sono una comunità di uomini convinti di essersi risvegliati e aver scoperto finalmente ‘la verità’: l’oppressione della donna è un mito e anzi è l’uomo, specialmente l’uomo bianco, a essere discriminato nella nostra società. Nella loro visione, uomini e donne sono geneticamente diversi e, di conseguenza, dovrebbero avere dei ruoli sociali differenti. Sognando di riportare la condizione femminile il più indietro possibile, profetizzano un futuro oscuro, radicalizzano online la misoginia e propongono strategie di corteggiamento finalizzate a conquistare donne per poi cambiare il loro atteggiamento.
Dall’altra parte, soprattutto a seguito del cambio di sesso di Larry e Andy Wachowski, diventate Lana e Lilly, c’è chi ha interpretato la pillola rossa di Matrix come un’allegoria sulla transessualità. L’Agente Smith interpreterebbe l’internalizzazione dei pregiudizi della società, ponendosi come un meccanismo di difesa psicologico usato dagli individui per rigettare la loro vera identità.
Sotto quest’ottica, all’inizio Neo non si riconosce inizialmente come l’Eletto perché non ha ancora accettato la sua vera natura, che scoprirà nel corso delle tre pellicole.
A vent’anni dall’uscita l’eredità materiale e immateriale di Matrix non sembra destinata a esaurirsi, anzi. Ha permeato la nostra cultura. Il significato che questa trilogia assume si trasforma nel tempo grazie l’adattabilità dei suoi contenuti, toccando corde diverse in ogni individuo. Citando Morpheus: “Nessuno di noi purtroppo è in grado di descrivere Matrix agli altri. Dovrai scoprire con i tuoi occhi che cos’è…”. Buona visione!