#IORESTOACASA
Vivere, lavorare e studiare ai tempi del Covid-19. Considerazioni sul presente e prospettive future per il nostro Paese.
Pur trovando con difficoltà degli aspetti positivi in una situazione davvero drammatica come quella che stiamo vivendo e che mette il nostro Paese in ginocchio, la vicenda Covid-19 ci sta mostrando anche un ‘volto intelligente’ della crisi. L’imperativo di ridurre la diffusione del contagio e di conseguenza le relazioni sociali, ci ha costretto a ripensare repentinamente il nostro modo di lavorare, studiare, interagire.
Modalità di lavoro e studio definite ‘smart’, da anni proposte ai convegni, dai media e dalle aziende del settore, sono diventate all’improvviso una necessità improrogabile. Il digitale è diventato in pochi giorni il nostro unico canale di comunicazione, attraverso il quale continuare a svolgere le nostre attività quotidiane professionali o d’intrattenimento.
Possiamo tranquillamente affermare che fino alla situazione pre Covid-19 l’assenza di un vero bisogno ha frenato lo sviluppo di competenze digitali e l’adozione di soluzioni tecnologiche adeguate. È inoltre indubbio che in pochi giorni siamo tutti diventati più esperti di tecnologie digitali, lavoro remotizzato, networking, cloud, video e audio collegamenti, ma non solo.
Al termine di questa drammatica emergenza resterà in eredità al Paese e a tutti noi un know-how davvero prezioso che non dovrà essere disperso, soprattutto nei tre ambiti in cui ci siamo dovuti maggiormente mettere alla prova, a esclusione ovviamente del sistema sanitario, a cui va tutta la nostra stima, ammirazione e infinita gratitudine.
Smart working
Non significa solo lavoro a distanza ma “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività” (cit. Legge n. 81/2017).
Questo significa in primis flessibilità organizzativa e utilizzo di strumenti idonei a consentire il lavoro a distanza: computer, connessione internet, strumenti di social collaboration, controllo degli accessi alle reti aziendali… Significa riconoscere equivalenza di prestazioni fra chi lavora in modalità tradizionale e chi lavora in modalità smart; significa infine medesima tutela del lavoro in termini di malattie e infortuni. È evidente che tutto questo richiede innanzitutto un cambio culturale in cui la tecnologia gioca un ruolo fondamentale, ma richiede anche nuovi modelli di leadership e di organizzazione.
In Italia lo smart working fino a inizio febbraio 2020 era un trend in costante crescita. Oggi la situazione è certamente cambiata in modo repentino e sarà interessante valutarne più avanti i progressi e i risultati conseguiti in un così breve periodo ma possiamo prevedere un incremento dello smart working anche al termine della crisi.
E-learning e scuola virtuale
Con le scuole chiuse per Decreto fino al 3 aprile 2020, qualcuno ha iniziato a parlare in questi giorni di home schooling e, anche se il termine non è del tutto corretto in quanto riferito “a una pratica di istruzione svolta esclusivamente in un contesto domiciliare, cioè al di fuori delle istituzioni pubbliche e private” (rif. Wikipedia), indica chiaramente la necessità per le scuole e gli studenti di organizzare l’istruzione a domicilio.
Il termine home schooling indica anche la necessità per i genitori di affiancare i figli nel percorso didattico e di apprendimento in cui non sono normalmente coinvolti direttamente. Nella situazione che ci troviamo a vivere, questa affermazione trova riscontro nella realtà dei fatti. Pochi infatti, fra genitori, scuole e insegnanti, erano pronti ad affrontare tecnicamente e culturalmente la sfida di erogare didattica a distanza in modo così esteso e prolungato. Subito si sono evidenziate le carenze del sistema scolastico, impreparato da tutti i punti di vista, ma anche delle famiglie alcune delle quali sono risultate molto avanzate dal punto di vista tecnico e strumentale e altre, non pronte ma anche impossibilitate a dotarsi delle tecnologie necessarie ai figli per partecipare ad attività didattiche a distanza.
Questo è uno degli ambiti in cui il Paese dovrà più di tutti impegnarsi a colmare il gap. Servono infatti coordinamento e una visione prospettica sui bisogni della scuola a partire da ciò che abbiamo dovuto affrontare in questa circostanza: know-how dei docenti, piattaforme per l’erogazione della didattica a distanza, sistemi di valutazione dell’apprendimento certificati, aule virtuali, connettività adeguata e molto altro sono alcuni dei presupposti di base per consentire l’home schooling. I Governi negli anni hanno messo in campo diverse iniziative, fra cui un Piano Nazionale per la Scuola Digitale e l’importante Carta del Docente (https://cartadeldocente.istruzione.it/#/), che consentire agli insegnati di acquistare ogni anno beni e servizi per un valore complessivo di 500 euro, permettendo per esempio a chi non ne dispone di dotarsi in primis di un computer e di fare formazione.
Quello che però si è capito nell’ora dell’emergenza è che siamo ancora lontani dall’avere una vera e propria scuola digitale e uno degli ostacoli principali è indubbiamente la mancanza di coordinamento fra le parti in campo, oltre all’eccessiva lentezza e burocratizzazione della scuola in genere. La nostra didattica a distanza si riassume oggi in una pagina sul sito del MIUR – https://www.istruzione.it/coronavirus/didattica-a-distanza.html – che illustra piuttosto bene su questo punto il livello di arretratezza del sistema scolastico del Paese, ma non è detto che in altre nazioni europee sia meglio. Staremo a vedere come si organizzeranno francesi, tedeschi, inglesi…
E-commerce
Il limite imposto alla circolazione delle persone non è stato imposto alle merci, soprattutto ai beni di prima necessità ma non solo, che permettono a tutti noi di rispettare l’indicazione di restare il più possibile a casa. Dopo i primi giorni il sistema e-commerce italiano ha mostrato la sua fragilità e, anche se sta reggendo il colpo, è evidente quanto ancora andrà fatto al termine dell’emergenza.
La chiusura degli esercizi commerciali, ad accezione di quelli dedicati agli alimentari e beni di prima necessità, ha prodotto un’esplosione di ordini online con conseguente ritardo nelle consegne: perché dietro a un negozio online ci sono sempre delle persone che lavorano per approvvigionare, predisporre e spedire ciò che noi acquistiamo nel negozio virtuale. Inoltre, categorie di clienti particolarmente colpite da questa epidemia e più bisognose di usufruire dei vantaggi dell’e-commerce, non dispongono delle competenze necessarie e di strumenti idonei richiesti. Per fortuna, reti solidali di cittadini si sono create e offerte di aiutare gli anziani e tutti coloro che non hanno modo di uscire fisicamente o acquistare online ciò di cui hanno bisogno. Al termine dell’emergenza le aziende dovranno considerare che nel nostro Paese l’età media della popolazione è avanzata e, anche se nel tempo coloro che oggi sono più giovani, quando domani saranno anziani saranno già abituati alle tecnologie, oggi esiste un ‘digital divide’ anche anagrafico che dovrà essere preso in considerazione nei futuri sviluppi dell’e-commerce.
Conclusioni
I tre ambiti analizzati fra i tanti che si sarebbero potuti scegliere, sono quelli fra i più attinenti la nostra rubrica, che si occupa di marketing digitale e temi correlati, e sono esemplificativi del lavoro che il Paese, le istituzioni, le aziende e tutti noi dovremo fare al termine di questa pandemia.
Oggi godiamo dei benefici di quanto fin qui fatto, senza forse la consapevolezza che ciò di cui disponiamo dipende da una ‘fortunata coincidenza’. Nessuno di noi si sarebbe infatti aspettato che smart working, distance learning ed e-commerce sarebbero all’improvviso diventati così fondamentali nella nostra vita. Oggi che lo sappiamo dobbiamo farne tesoro perché in futuro non ci siano più gli ostacoli e le difficoltà oggi incontrate.