Gestire i talenti per creare valore
Un ambiente di lavoro capace di fare emergere le potenzialità di ciascuno è indispensabile per raggiungere gli obiettivi di business. Spetta ai responsabili HR, di concerto con tutto il top management, creare le condizioni adatte, con il supporto di tecnologie innovative.
Il cliente al centro. Quante volte lo abbiamo sentito dire da chi ha il compito di disegnare le strategie di medio-lungo periodo di una azienda? Non sempre però viene posta la stessa enfasi sull’importanza di una efficace gestione delle persone che hanno il compito di portare a compimento queste strategie. La gestione delle risorse umane ha sempre rappresentato un aspetto cruciale nella vita delle aziende ma oggi, di fronte a un mercato del lavoro molto più fluido e complesso, lo è ancora di più. Le tecnologie in Intelligenza Artificiale possono venire in aiuto, facendosi carico delle attività più ripetitive e standardizzate, consentendo così ai responsabili HR di dedicarsi ad attività a maggior valore aggiunto. Abbiamo voluto approfondire questi temi con Isabella Covili Faggioli, presidente nazionale dell’Associazione Italiana per la Direzione del Personale (AIDP).
I manager e i professionisti HR hanno la responsabilità di portare in azienda le persone che con le loro competenze tecniche e non solo (parlo delle soft skills) possano dare quel valore aggiunto che possa consentire all’azienda di vincere le sfide sempre più veloci e complesse che i mercati propongono. Non è ovviamente sufficiente, perché le persone devono poi poter compiere il proprio lavoro senza timore di trovare un ambiente ostile, in un contesto in cui le loro teste siano libere e demanding senza rigidità e timore di errore e dove possano esprimersi liberamente. Per fare questo occorre una capacità di ascolto da parte dei manager HR che sia condivisa con tutti i manager di linea che porti alla creazione di un’organizzazione e di un clima positivo che permetta la crescita dell’azienda e il benessere delle persone che con l’azienda collaborano.
Che ruolo hanno le tecnologie in questo scenario?
Oggi la digitalizzazione ha accelerato questo percorso, perché è un fenomeno pervasivo, che cambia il modo di affrontare il lavoro e che deve essere vista come una opportunità. La trasformazione digitale in atto si sposa benissimo con il nuovo che avanza che abbatte le barriere di spazio e di tempo e che crea una nuova interpretazione del lavoro che non potrà più essere controllato ma dovrà essere condiviso e valutato nei risultati. Se non esiste la convinzione che nulla succede se le persone non lo fanno accadere e che il clima fa accadere cose che altrimenti non succederebbero non si potrà vincere. La più grande sfida di un HR è condividere con il vertice questo nuovo modo di organizzare l’azienda per il successo della stessa. Non si parla di filantropia ma di business e questo non sempre è un pensiero condiviso.
Ci sono differenze tra grandi aziende e PMI?
Il ruolo dell’HR è un ruolo strategico se si parte dal presupposto che le persone sono davvero l’asset principale dell’azienda. Dichiarazione facile da fare, e spesso letta e ascoltata, che porta consensi e fa sentire illuminato ogni manager, ma che è spesso disattesa nei fatti. Il ruolo dell’HR è un ruolo più ampio, un ruolo che lo chiama alla definizione della strategia di business per poter portare le competenze necessarie per raggiungere tutti gli obiettivi. Questo richiede impegno anche nell’acquisizione di competenze nuove da parte dell’HR stesso che vedrà nella tecnologia un grande supporto se saprà governarla ed utilizzarla dopo averla ben conosciuta. Se questo è più compreso nelle aziende di grandi dimensioni, richiederà all’HR uno sforzo più importante per le aziende che non sono abituate e che non hanno tanti mezzi a disposizione. Ma proprio per questo, portando gli esempi virtuosi di aziende grandi e piccole che hanno capito e hanno su questo costruito una strategia nuova che li ha portati ad aumentare il business si potrà avere quel cambiamento veloce che gli HR dovranno governare e guidare con soddisfazione. Per fare questo occorre sapere leggere il contesto ed apprendere come farlo con gli strumenti di intelligenza artificiale che devono essere considerati supporto e non sostituzione della persona.
Quali sono le tecnologie di intelligenza artificiale che più possono supportare il mondo HR?
I robot hanno sostituito nella selezione la parte di screening più faticosa e non solo, così come la formazione e la valorizzazione delle persone attraverso software che analizzino skills e performance permettendo a molti di aggiornarsi. Non potranno mai, e questo esce in modo chiaro da ogni ricerca, sostituire la persona perché il digitale resta uno strumento ma non può sostituire il rapporto di fiducia tra le persone e soprattutto la capacità di motivare le persone affiancandole e guidandole in un percorso verso gli obiettivi che saranno soddisfazione di tutti. Se nella formazione vogliamo essere attenti anche alla acquisizione di soft skills occorrono strumenti sempre validi come T-Group e Psicodramma che difficilmente prescindono dall’empatia del conduttore e dalla sua esperienza nel far sì che portino dei risultati. L’incontro, non raramente, è passaggio indispensabile per una formazione che porti miglioramenti.
D’altronde se la digitalizzazione è considerata una questione strategica e non meramente tecnologica, occorre essere consci che si deve ripensare a tutta l’organizzazione aziendale e non solo nell’ambito tecnologico. Se il lavoro è sgradevole, ci ha insegnato Enzo Spaltro, significa che l’organizzazione è sbagliata. E se l’organizzazione è sbagliata gli HR sono chiamati in causa in prima persona e devono essere protagonisti del cambiamento. Cambierà il lavoro, cambieranno i lavori, cambieranno i luoghi di lavoro, cambieranno i metodi di lavoro, cambieranno gli orari di lavoro. Gli HR hanno l’opportunità di essere protagonisti perché non basta dare erogazioni materiali, occorre sapere ascoltare, perché ognuno vuole star bene a modo suo. Le competenze per intercettare queste esigenze porteranno a far sentire la persona unica e importante e devono stare in capo a chi per definizione deve valorizzare le persone. Mi piace credere che questo sia anche un modo per dimostrare che gli HR hanno le competenze più vicine a quelle del CEO e che quindi possano essere chiamati a disegnare il nuovo lavoro che porta al bene dell’azienda attraverso il bene delle persone.
Qual è, dal vostro osservatorio, l’atteggiamento delle aziende italiane nei confronti delle tecnologie di intelligenza artificiale?
Il centro ricerche AIDP dimostra, attraverso i risultati di molte indagini, che si può utilizzare l’intelligenza artificiale, e come farlo al meglio. Abbiamo anche visto che le aziende che sono già digitalizzate hanno risultati positivi e sono meno caute. Nei congressi e negli eventi portiamo esempi di aziende virtuose che hanno puntato sulla valorizzazione delle persone attraverso un processo di fiducia e questo ha consentito l’introduzione di forme nuove e di tecnologia applicata utili al fatturato e al valore del business.
A livello internazionale, è componente attiva di EAPM (Associazione Europea di Direzione del Personale), WFPMA (Federazione Mondiale delle Associazioni di Direzione del Personale) e fondatrice di FMRH (Federazione Mediterranea per lo studio e la diffusione delle tematiche relative alla gestione delle Risorse Umane). Nel 2006 aderisce al Global Compact dell’ONU e contribuisce alla stesura del primo codice etico-deontologico dei responsabili delle risorse umane nell’area euro. Per offrire alla propria community un ambiente di confronto e di dialogo diretto, libero e immediato AIDP ha dato vita nel 2009 al gruppo AIDP LinkedIn, il più grande e attivo social group in ambito HR (oltre 18.000 membri).