Cosa succede oggi nell’ecosistema del cloud
Scenario di partenza e leve per controllare i costi.
In Italia oggi il cloud è uno degli ambiti più importanti dell’investimento e della progettualità digitale pubblica e privata:
– La trasformazione digitale alla quale mirano tante iniziative del PNRR è in grandissima parte legata all’adozione di infrastrutture cloud. Per la maggior parte delle organizzazioni medio-grandi o complesse si tratta necessariamente di cloud ibrido, una combinazione di uno o più cloud pubblici e un cloud privato.
– Le esigenze di cybersicurezza e di sovranità sui dati crescono continuamente, e il cloud è uno strumento ormai necessario per soddisfarle, anche per le organizzazioni più piccole. Due esempi sono il Polo Strategico Nazionale, e le regioni nazionali italiane che ora tutti e quattro i grandi hyperscaler occidentali offrono: Amazon Web Services, Oracle, Google Cloud e Microsoft.
– Per la prima volta da quando AWS ha portato sul mercato il cloud pubblico, nel 2006, dal 2022 il mercato dei servizi cloud deve fare i conti con un’inflazione elevata e persistente, e con le esigenze di sostenibilità. Tutti i grandi utenti di servizi cloud rivalutano con i propri fornitori gli impegni economici a medio termine, mentre le migrazioni al cloud semplici e veloci ma poco efficienti diventano insostenibili e vanno ristrutturate – o riportate in data centre privati!
– L’intelligenza artificiale, e in particolare quella generativa che del cloud ha quasi sempre bisogno, ha già cominciato a cambiare come lavorano tutte le organizzazioni, dalle grandissime alle minuscole e persino i professionisti autonomi.
In questo panorama l’Italia si distingue per due motivi: è per certi versi all’avanguardia in Europa sul cloud sovrano, e ha un ecosistema cloud estremamente frammentato, a rispecchiare la forte frammentazione del tessuto produttivo in imprese piccole e piccolissime.
Insomma, nel mondo e nell’Italia di oggi, più complessi di quanto lo siano mai stati da quando l’informatica è presente nella vita dei più, il cloud è necessario, anche se difficile da gestire e soprattutto profondamente diverso da infrastrutture fisiche equivalenti in un sottoscala o in un data center di proprietà. Per questo centinaia di migliaia di piccole imprese e pubbliche amministrazioni finora riluttanti correranno presto ad adottarlo.
Oggi anche i più grandi, e tanto più noi piccoli e piccolissimi, abbiamo bisogno di collaborare per gestire questa complessità. Cerchiamo e otteniamo assistenza di tanti tipi, da quella dei system integrator a quella di chi offre servizi gestiti. Entrambi questi operatori a loro volta collaborano con distributori, hyperscaler e fornitori di software indipendenti.
Cosa approfondiremo in questa rubrica? Ecco i primi temi che stiamo valutando con tanti operatori dell’ecosistema:
– La sicurezza in cloud: come farsi aiutare dagli erogatori di servizi gestiti (Security Operation Centre – SOC).
– Cultura e cittadinanza digitale: come essere buoni cittadini digitali, come individui e come organizzazioni, in un cloud che si diffonde e insieme si complica.
– Il cloud sovrano, dove governo, pubbliche amministrazioni e imprese, dalle più grandi alle più piccole, evolveranno insieme.
– Il ruolo dei partner: come partner di ogni dimensione aiutano le organizzazioni ad adottare il cloud?
– L’ecosistema italiano si consolida, in due modi. Da una parte, alcuni grandi aggregatori di system integrator e managed service provider più piccoli nati qualche anno fa sono ormai a regime, e sviluppano partecipazioni in decine di operatori più piccoli ogni anno. Dall’altra, le aziende di servizi di dimensioni intermedie che vogliono restare autonome si attrezzano per acquisirne di più piccole, per aumentare competenze innanzitutto, ed efficienza prima ancora del fatturato.
Il tema di oggi: gestire i costi del cloud
Il cloud pubblico è nato con Amazon Web Services nel 2006, e si è sviluppato e diffuso per 15 anni con una proposta anticonvenzionale, un’offerta più flessibile di quelle tradizionali e insieme più economica! Oggi questi servizi cloud pubblici sono ormai maturi e affermati per molti aspetti, dalla diffusione sul mercato alla molteplicità dei fornitori e dei partner. Sempre più organizzazioni che finora avevano aspettato, e sono ancora molte, cominciano ad adottarli, spinte anche dalla crescita degli attacchi alla sicurezza, sempre più difficili da gestire da soli.
Fino al 2021 questo avveniva in un mondo a inflazione bassa. Chiunque andasse sul cloud poteva aspettarsi costi di esercizio stabili, o addirittura decrescenti visto che aumentava la concorrenza tra i fornitori, e i costi unitari delle risorse IT continuavano a calare da tantissimi anni. Dall’anno scorso l’inflazione è tornata alta, probabilmente per rimanere tale a lungo, rendendo rischiosa proprio la flessibilità tipica del cloud, che permette di aggiustare i prezzi mese per mese. Per la prima volta entra in crisi la promessa di flessibilità a poco prezzo, e i costi di esercizio diventano più importanti e critici di quelli della migrazione.
Che leve ci sono per controllare oggi i costi di esercizio del cloud?
Chi per semplicità e rapidità aveva migrato al cloud risorse digitali “così com’erano”, affittando in cloud versioni virtuali delle macchine che prima aveva in casa o faceva gestire a un outsourcer tradizionale, può reingegnerizzarle perché usino i servizi nativi del cloud, e nei casi più difficili valutare di riportarle su macchine fisiche. È quello che Gartner aveva già descritto a metà anno come “refactoring”. Sicuramente i fornitori cloud pubblici premiano l’uso dei propri servizi nativi, molto più facili per loro da gestire con la massima flessibilità, che quindi aumenteranno di prezzo più lentamente. Naturalmente l’impegno necessario per questa trasformazione è elevato, un progetto ben più complesso di quello della migrazione “lift-and-shift”.
Oggi chiunque stia valutando una migrazione al cloud è opportuno che metta in programma quando e come arrivare ad adottare i servizi nativi. Per le organizzazioni medie e piccole la strada più semplice potrebbe risultare quella di abbandonare le vecchie applicazioni per adottarne di nuove già nate in e per il cloud. Anche questa scelta è impegnativa. Nella maggior parte dei casi un system integrator o un outsourcer saranno dei partner preziosi.
Oltre a questa reingegnerizzazione dei servizi digitali, già in cloud o ancora da migrare, sarà necessario adottare pratiche e strumenti di ottimizzazione e gestione del cloud anche dal punto di vista economico, o “FinOps”. Per gestire costi fortemente variabili e ottimizzarli dinamicamente occorre un approccio multidisciplinare di collaborazione tra clienti interni (produzione e vendite, marketing e risorse umane), responsabili dell’esercizio dei sistemi e responsabili della gestione finanziaria. Questo diventa essenziale al crescere dell’importanza del cloud per ogni organizzazione, e richiede una nuova cultura e nuovi processi, prima e più che strumenti o procedure. Per le aziende che non vogliono o non possono assumersi questo impegno possono tornare utili ancora una volta partner specializzati, o la drastica scelta descritta prima: concentrarsi su poche soluzioni native cloud quanto più semplici e standardizzate possibile, per le quali esistano abbastanza fornitori concorrenti da poter contare su un’alternativa in caso di bisogno.
Il mondo del cloud si è risvegliato dal sogno dei prezzi decrescenti. La realtà, più complessa, offre strumenti potenti che richiedono competenze elevate, sempre più affidate a partner specialisti che le coltivano a tempo pieno.