Come preparare la rete per l’IoT
Le reti per l’IoT saranno soprattutto wireless. Tra le tecnologie emergenti ci sono il 5G, i satelliti LEO le reti Backscatter. Diventa più complesso il lavoro del CIO, chiamato a equilibrare fattori contrastanti. Dalle fabbriche di macchine utensili arriva intanto il polso (buono) della digitalizzazione italiana.
Quasi tutti gli oggetti IoT, la maggior parte almeno, comunicheranno in modalità wireless e useranno una molteplicità di tecnologie di rete. Secondo Gartner, fino al 2023 continueranno a emergere nuove tecnologie wireless, tra cui alcune particolarmente importanti per l’IoT.
La prima di queste tecnologie è il 5G, che offre notevoli miglioramenti rispetto agli attuali standard per i cellulari, come le modalità operative ad alta ampiezza di banda, elevata densità di endpoint e latenza ultrabassa. Dal punto di vista dei dispositivi, sottolineano però gli analisti di Gartner, questi tre attributi si escludono a vicenda e ogni oggetto IoT potrà probabilmente sfruttarne solo uno alla volta.
La seconda tecnologia wireless interessante per l’IoT è costituita dai satelliti in orbita terrestre bassa (Low Earth Orbit – LEO). Negli ultimi anni i costi di progettazione e lancio dei piccoli satelliti si è enormemente ridotto, e molte startup stanno pensando di usare costellazioni di dispositivi LEO per l’IoT. Secondo Gartner questi satelliti offriranno una connettività a basso costo e bassa ampiezza di banda per l’IoT e, in molti casi, un costo contenuto per gli endpoint hardware (i satelliti), anche meno di cinquanta dollari.
La terza novità è la connettività backscatter. Le reti Backscatter operano rimodulando i segnali wireless nell’ambiente, per esempio i segnali Wi-Fi. Queste reti permettono di trasmettere con un bassissimo consumo di potenza, anche dieci volte inferiore rispetto alla trasmissione diretta.
5G, LEO, Backscatter: Il lavoro del CIO si complica
Tutto questo interessa molto da vicino i CIO. Per quelli di loro che sono chiamati a gestire la rete aziendale, a selezionare le tecnologie e ad assumere le decisioni di sourcing, sarà sempre più importante, nella scelta della rete per l’IoT, trovare un punto di equilibrio tra una serie di esigenze contrastanti: il costo degli endpoint, il consumo di energia e/o la durata delle batterie, l’ampiezza di banda, la latenza, la densità di connessione, i costi operativi, la qualità del servizio, la portata e altri fattori ancora. Alcuni servizi di rete, come il 5G o i satelliti LEO, renderanno possibili nuove architetture di rete per l’IoT. Per esempio, le reti geografiche a basso consumo (Lpwan) con trasporto dei segnali via satellite, potrebbero essere una soluzione interessante per i siti remoti delle industrie petrolifere, come anche per i parchi eolici o fotovoltaici.
Maturità e rischi
La maturità dipenderà dalla tecnologia. Per Gartner, i servizi 5G inizieranno a essere implementati nel 2019 in alcune regioni italiane, ma per una copertura nazionale potrebbero essere necessari anche sette anni. Inoltre, almeno inizialmente, i servizi e l’hardware saranno offerti a prezzi relativamente elevati. Il 5G è una tecnologia ben standardizzata, ma il 3GPP produrrà un’ulteriore evoluzione dello standard, con la nascita di nuove funzionalità.
Tra il 2019 e il 2022 emergeranno molto i nuovi servizi basati sui satelliti LEO. Le reti Backscatter, invece, sono a tutt’oggi estremamente immature e sono ancora oggetto di ricerche accademiche; vero che alcune startup stanno lavorando in quest’area, ma il Backscatter non è ancora una tecnologia standardizzata.
Da Gartner arrivano anche le avvertenze circa l’uso di ciascuna di queste tre tecnologie. Il 5G sarà a basso rischio, poiché è ben standardizzata e presto sarà disponibile su larga scala. I satelliti LEO saranno implementati soprattutto dalle startup e, considerando l’alto numero di fornitori e i modelli di business incerti, c’è il rischio di un buon numero di insuccessi commerciali. Le reti Backscatter, infine, resteranno probabilmente una tecnologia proprietaria per diversi anni, fino a quando emergeranno i nuovi standard.
Reti efficienti anche dal punto di vista energetico
Già nel report 2017 ‘Pick The Right IoT Networks Strategy Sorting Through The Latest Wireless Technologies And Choosing The Right Architecture To Connect IoT Devices’, Forrester sottolineava come le comuni tecnologie di connessione utilizzate nelle reti aziendali (cavi RJ45, fibra ottica, Wi-Fi e reti mobili cellulari) siano state pensate per trasportare le informazioni dai server e dai sistemi storage a utenti finali che lavorano alla scrivania tramite il pc. Il punto è che l’architettura IT necessaria per implementare i progetti IoT è costituita solo in piccola parte da applicazioni e tecnologie di tipo tradizionale, mentre per la maggior parte chiama in causa applicazioni e hardware innovativi, dispositivi di rete, network, storage, UPS, batterie e anche pannelli solari.
Assieme all’importanza di estendere i network attuali con tecnologie wireless a bassa potenza, emerge l’esigenza di avere infrastrutture per l’IoT energeticamente efficienti. Se i pc e i server operano sempre in condizioni ‘servite’, i dispositivi IoT possono infatti trovarsi anche in condizioni estreme, dove non è disponibile una rete di distribuzione elettrica; vero che esistono le batterie, ma alcuni device IoT potrebbero necessitare di un’autonomia di mesi o anche anni. Dal lato del networking, occorre invece prevedere l’utilizzo di reti in grado di supportare centinaia, ma anche migliaia di connessioni tra device e gateway o ripetitori. Inoltre è necessario che le reti possano coprire distanze molto lunghe.
Come preparare una rete
L’Internet delle Cose ha iniziato a offrire benefici reali a chi lo ha adottato. Gli usi potenziali dei dispositivi connessi cominciano ad apparire molto più chiari e definiti rispetto a qualche anno fa e anche per le aziende è diventato più semplice avvicinarsi al mondo IoT.
Prima di adottare una soluzione IoT matura è però fondamentale considerare quell’elemento che rende il tutto possibile: la rete. A questo proposito, gli esperti di networking convergono sull’importanza di cinque punti chiave.
Creare una rete separata. Secondo la tedesca Paessler, specializzata in gestione e monitoraggio delle infrastrutture di rete, se l’idea è di utilizzare vari dispositivi connessi, è preferibile creare una rete separata, nello specifico una Vlan separata. Ci sono due valide ragioni per farlo. Innanzitutto, molti degli attuali dispositivi connessi non sono sicuri. Vero che la situazione da questo punto di vista è sensibilmente migliorata e continuerà a migliorare ancora in futuro; ciò non toglie che sia più prudente avere una rete isolata per limitare i rischi per la sicurezza delle altre reti. In secondo luogo, una rete separata può essere progettata pensando specificamente ai dispositivi connessi, dallo storage alla configurazione.
Prevedere un’adeguata ampiezza di banda. L’IoT richiede grandi quantità di banda dato che i dispositivi comunicano sia con altri dispositivi sia con dispositivi e applicazioni su Internet. Ciò significa che occorre essere certi che le connessioni WAN e LAN offrano ampiezza di banda sufficiente per soddisfare i requisiti di trasmissione dati, idealmente con la possibilità di ‘mettere il turbo’ per brevi periodi se necessario. Bisogna non limitarsi a considerare la situazione attuale, ma prevedere quali saranno le esigenze future. Al crescere del numero di dispositivi aumenterà anche la quantità di dati da trasmettere. L’opzione migliore è considerare in modo realistico obiettivi e strategie per i prossimi anni e fare in modo che la rete sia in grado di gestire qualunque carico extra possa essere aggiunto.
Prepararsi all’archiviazione e all’analisi dei big data. In funzione del loro scopo e utilizzo, le reti IoT possono generare grandi quantità di dati, con dimensioni e valore diversi. Alcuni di questi dati hanno un grande valore per l’azienda, altri molto meno. Inoltre, l’importanza degli stessi dati non è costante nel tempo. Tutti questi fattori devono essere presi in considerazione in fase di pianificazione di una rete IoT. Questioni come il tipo di storage, il tempo di conservazione dei dati o le strategie di backup sono solo alcuni esempi dei tanti aspetti da valutare. È anche necessario considerare le soluzioni per l’analisi dei big data. Per esempio, potrebbero essere necessari degli edge server con potenza e capacità adeguate; o può darsi che debba essere implementato il fog computing. Qualunque sia la soluzione, il punto è che la gestione dei big data generati dai sistemi IoT deve assolutamente entrare a far parte della pianificazione della rete.
Costruire un gateway IoT. È possibile usare un gateway IoT per gestire il bridge tra i domini dei dispositivi IoT e i sensori del dominio rete. Il gateway può anche tradurre il protocollo di ogni ‘cosa’ e inoltrare ogni singolo elemento dei dati IoT alla destinazione più appropriata, sia all’interno della rete sia ai computer che si trovano all’edge per un’elaborazione immediata. I gateway IoT gestiscono e supportano i protocolli wireless richiesti da nuovi dispositivi e applicazioni. È, inoltre, possibile usare un gateway IoT per la protezione in tempo reale della rete contro i rischi derivanti dalle vulnerabilità dell’IoT.
Attivare un monitoraggio di rete a supporto dell’IoT. La quantità e varietà dei dispositivi connessi e degli eventi di rete relativi all’IoT rendono obbligatorio un robusto monitoraggio di rete. Pianificare fin da subito un sistema di monitoraggio adattabile e scalabile in grado di controllare tutte le variabili di cui va tenuto conto con l’IoT è fondamentale. Uno strumento come Prtg Network Monitor è adatto alle applicazioni dell’IoT poiché, oltre ai monitoraggi tradizionali come Netflow e Snmp, offre la flessibilità necessaria per monitorare un ampio ventaglio di dispositivi tramite vari sensori.
IoT e Smart Manufacturing
Il monitoraggio in ambito industriale, la robotica e la robotica collaborativa sono tra i principali ambiti di applicazione dell’Internet of Things. In effetti la fabbrica intelligente è stata il precursore del mondo IoT e i sensori elettronici sono presenti da decenni sui macchinari, ma qualcosa è cambiato: la disponibilità delle infrastrutture di rete in primis e poi la possibilità di gestire i big data. Non solo, i prezzi della sensoristica e della gestione dei dati si sono abbassati e sono intervenute opportunità economiche di tipo fiscale che hanno reso interessante lo smart manufacturing.
Oggi un nuovo indispensabile substrato tecnologico equipaggia i macchinari, che anche per questo vanno forte sul mercato e spingono la digitalizzazione del settore manifatturiero. “Il 2018 è stato l’anno dei record per l’industria italiana costruttrice di macchine utensili, robot e automazione che ha registrato incrementi a doppia cifra per tutti gli indicatori economici”, ha affermato Massimo Carboniero, presidente UCIMU-Sistemi per Produrre, l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione. Piano con l’entusiasmo, però: “Il 2019 sarà invece caratterizzato da una sostanziale stabilità”, ha aggiunto, il che potrebbe fare intendere qualche nube grigia.
Il polso delle macchine utensili
Dai dati di preconsuntivo elaborati dal Centro Studi & Cultura di Impresa di UCIMU, nel 2018, la produzione è cresciuta a 6.900 milioni di euro, segnando un incremento del 13,4% rispetto all’anno precedente. Si tratta del quinto anno consecutivo di crescita e, in valori assoluti, del nuovo record per l’industria italiana di settore. Il risultato è stato determinato sia dall’ottima performance delle consegne dei costruttori italiani sul mercato interno, cresciute del 21,1% a 3.270 milioni di euro, sia dal positivo andamento delle esportazioni cresciute, del 7,2%, a 3.630 milioni di euro.
Secondo l’elaborazione UCIMU sui dati Istat, nei primi otto mesi del 2018 (ultima rilevazione disponibile), principali Paesi di destinazione del Made in Italy di settore sono risultati: Germania, per 246 milioni di euro (+11,6%); Cina, per 237 milioni di euro (+7,1%); Stati Uniti, per 223 milioni di euro (+9,5%); Polonia, per 143 milioni di euro (+49,8%) e Francia per 135 milioni di euro (-4,6%). In virtù di questi incrementi l’Italia ha rafforzato il proprio ruolo nel panorama internazionale ove si è distinta non solo per la competenza espressa dalle industrie di settore, misurata dai dati di produzione ed export, ma anche per la vivacità della domanda sostenuta e stimolata dai provvedimenti per la competitività quali super e iperammortamento inseriti nei programmi Industria-Impresa 4.0.
In particolare, nel 2018, il consumo di macchine utensili, robot e automazione in Italia è salito del 25,9%, a 5.620 milioni di euro. La disponibilità a investire in nuova tecnologia, anche digitale, da parte degli utilizzatori italiani ha spinto i costruttori a orientare le proprie attenzioni al mercato domestico. Nel 2019, in un clima generale non favorevole, l’industria italiana di settore dovrebbe comunque confermare le performance del 2018, giovandosi del positivo andamento delle consegne sui mercati esteri, attese in aumento. L’aumento delle esportazioni dovrebbe servire a compensare in parte l’evidente rallentamento del mercato interno, il cui trend di crescita sembra aver perso lo slancio a cui ci eravamo abituati nel corso degli ultimi anni.
L’Italia frena, ma siamo solo a metà strada
Secondo le previsioni, nel 2019 la produzione salirà a 7.040 milioni (+2%) trainata dalle esportazioni che, attese in crescita del 5%, si attesteranno a 3.810 milioni di euro. Il consumo, vale a dire la domanda da parte degli utilizzatori italiani, si fermerà a 5.630 milioni di euro (+0,2%). La stazionarietà del mercato interno avrà ripercussioni sia sulle consegne dei costruttori italiani che scenderanno a 3.230 milioni di euro (-1,2%) sia sulle importazioni che si attesteranno a 2.400 milioni (+2,1%). Il dato di export su produzione crescerà di un punto percentuale a 54,1%. Il presidente di UCIMU commenta così: “Siamo soddisfatti di questo 2018: l’anno si chiude con ottimi risultati raccolti sia in Italia che all’estero e con un fatturato che, considerato nel suo complesso, cioè sommando alla produzione di macchine anche la produzione di parti, utensili, controlli numerici non conteggiati nelle macchine utensili italiane, ha oltrepassato i 9 miliardi di euro. Per il 2019, sebbene siamo fiduciosi di poter mantenere i livelli raggiunti nel 2018, rileviamo un chiaro rallentamento degli investimenti in nuove macchine da parte degli utilizzatori italiani”.
La cosa è preoccupante perché, pur comprendendo che la crescita del settore macchine utensili non può proseguire ininterrottamente allo stesso ritmo degli ultimi anni, occorre ricordare che solo la metà delle imprese metalmeccaniche italiane ha fatto investimenti nel periodo compreso tra il 2017 e la prima parte del 2018, come rivela un’indagine svolta da Eumetra in collaborazione con Fondazione UCIMU.
Iper e Sabatini ok, peccato per il Super
“Per questa ragione – ha proseguito Massimo Carboniero – sarebbe necessario procedere sulla strada già tracciata dell’innovazione confermando, anche per il 2019, le misure che hanno funzionato fino a ora. Accogliamo con favore la conferma dell’iperammortamento a scaglioni, premiante per le PMI: più alto per i piccoli investimenti e decrescente al crescere del valore dei nuovi acquisti. Così come positivo è il rifinanziamento della Nuova Legge Sabatini. Al contrario, la decisione di eliminare il superammortamento – strumento che stimola le aziende, in particolare le PMI, a sostituire i macchinari obsoleti assicurando al manifatturiero italiano maggior produttività, efficienza e sicurezza – e sostituirlo con la Mini Ires è invece a nostro avviso un errore che può costare caro all’industria italiana che deve continuare a investire per migliorare la sua competitività”.