Ascoltare musica è come leggere un libro

The Sound of IT – Intervista a Davide Suppia, Country Director & Vice President Sales DATA4 Group

Come ha avuto origine la sua passione per la musica?

Davide Suppia, Country Director & Vice President Sales DATA4 Group

La ‘colpa’ va data al mio nonno paterno, fisarmonicista, che, quando ero bambino, mi faceva ascoltare musica classica, Beethoven e altri autori, e opere liriche, come La Traviata, generi che per quell’età non erano certo il massimo. All’epoca abitavo a Tenerife, nelle isole Canarie, con la mia famiglia, dove ci eravamo trasferiti da Torino negli Anni ‘60 quando avevo 5 anni, seguiti poco tempo dopo dai nonni. Per cui alle mie orecchie venivano anche proposti grandi chitarristi spagnoli come Paco De Lucia e Andrés Segovia. Via via crescendo incontrai in primis la musica spagnola proposta dai media dell’epoca, ma non mi appassionò moltissimo cosi le mie scelte, cosi come quelle dei mie amici, virarono sul rock, con gruppi come Genesis, Pink Floyd, Supertramp, Jethro Tull, Eagles, Alan Parsons, Gino Vannelli… passando ore e ore davanti allo stereo ascoltando stupiti quei capolavori che arrivavano sui nostri giradischi da cosi lontano, con titoli e copertine rigorosamente tradotte in lingua spagnola, perché cosi doveva essere. Più avanti, maturando, mi sono appassionato ad altri generi, in primis il Jazz. Oggi vado da Miles Davis ad Ella Fitzgerald a Dave Brubeck. Quindi Michel Petrucciani e Michel Camilo, pianista domenicano capace di integrare il jazz con la latino-americana, molto veloce, o Joshua Redman, un saxofonista tenore a mio avviso molto bravo. E ancora, il grande Ennio Morricone, e il pianoforte di Stefano Bollani, la tromba di Paolo Fresu e Fabrizio Bosso.

Che strumenti suona?

Da ragazzo iniziai a suonare la batteria una TAMA Superstar di colore blu poi venduta per acquistare una batteria elettronica Simons e con mio fratello e un tastierista creammo un trio, Robert C. Club, che incise anche un paio di dischi Baby Funk e Give me some love. Per farci un po’ conoscere il genere era quello della disco music, usavamo i primi sequencer un po’ più commerciali tipo quelli della Roland, il TR505 e i sintetizzatori analogico polifonici Crumar insieme ai primi campionatori della Korg M1. Presto decisi però di abbandonare il palco. Non mi piaceva esibirmi in playback come accadeva all’epoca, quindi un po’ deluso, continuai il mio amore per la musica componendo e registrando la musica per mio conto e imparando anche a suonare altri strumenti. Dalla chitarra al basso fino al sassofono. A un certo punto mi sono però sostanzialmente dedicato solo all’ascolto di qualità che già avevo iniziato a coltivare grazie a mio nonno.

Può raccontarci come avvenne?

Nonostante fossimo negli Anni ‘60, e l’evoluzione tecnologica non aveva ancora raggiunto i livelli odierni, il nonno era un grande appassionato di apparecchiature dedicate all’ascolto. E mi spingeva a valutare l’aspetto qualitativo di una registrazione per coglierne tutte le sfumature in modo corretto. Ecco che a un certo punto, negli anni 90, ho deciso di progettare, sviluppate e costruire amplificatori di tipo valvolare. Ne ho realizzati diversi modelli (le foto di alcuni le trovate in queste pagine, n.d.r) per arrivare alla soluzione ottimale. Qualcosa non di commerciale, ma di massima affidabilità e con la migliore componentistica possibile capace di ricostruire l’immagine sonora dell’evento stesso, così come il musicista l’aveva concepita in origine.

Possiamo fare un paragone con i sistemi commerciali?

Oggi quando un consumatore acquista un impianto stereo ottiene un certo tipo di suono che però, se non amplificato in modo corretto, non restituisce la scena tridimensionale giusta così come tutti i dettagli. E quando mi riferisco ad amplificazione corretta intendo un sistema che faccia da ‘pass through’ dell’informazione del linguaggio musicale, senza aggiungere né togliere nulla. La scelta delle valvole è stata fatta perché mi garantivano una gestione più semplice del suono rispetto ai transistor, in potenza minore ma con una fedeltà superiore. Mi sono quindi procurato delle valvole di produzione russa realizzando nel contempo un circuito che le facesse rendere al meglio. Curando quindi tantissimo l’aspetto elettrico, che di norma disturba maggiormente il suono, realizzando degli alimentatori capaci di garantire il silenzio totale rispetto alla rumorosissima rete elettrica domestica. Obiettivo: rapporto S/R segnale e rumore vicinissimo allo zero. E questo è stato possibile scegliendo componenti di altissimo livello, quindi anche condensatori e resistenze speciali e modalità di progettazione dei circuiti particolari, nonché applicando saldature di livello avanzato. Parlo di apparecchiature che arrivano a pesare anche 30 chili.

Il risultato raggiunto qual è stato?

Posso senz’altro dire di aver realizzato un sistema di ascolto estremamente buono e questo al di là del supporto di registrazione utilizzato, CD o vinile, e tenendo purtroppo conto che alcune produzioni moderne sono registrate quasi in distorsione, al limite dell’inascoltabile.

Ritengo che ascoltare un disco sia come leggere un libro, mi siedo e non faccio nient’altro, per cogliere sia il contenuto e quindi la qualità della musica che ascolto, ma anche il messaggio che l’artista voleva comunicare quando ha registrato quei brani. Percependone le sue stesse sensazioni ed emozioni, spesso mi accade di emozionarmi di fronte ad un certo tipo di ascolto.

Come è cambiato l’ascolto con l’avvento della musica in digitale?

È chiaro che il digitale ha cambiato la fruizione oltre che la produzione della musica, qualcosa che solo chi è passato dall’analogico può comprendere a fondo. Certamente ci sono dei vantaggi, per esempio sulla portabilità o la minore complessità di produzione, e la musica liquida se poco o per nulla compressa ha una buona resa. La compressione elevata produce tuttavia un suono che può andare bene per l’ascolto in auto o in cuffia. Se riprodotto da un impianto di qualità emergono tutte le carenze, rappresentando solo una frazione dell’originale. Mio figlio adolescente si stupisce quando metto a confronto un brano compresso ascoltato normalmente con gli auricolari e una registrazione come si deve riprodotta da un sistema analogico ben tarato e posizionato in modo corretto. Non va dimenticato che l’evento sonoro nasce comunque sempre in tale forma essendo il nostro stesso orecchio uno strumento analogico, così come tutto il nostro corpo che percepisce le vibrazioni sonore. Il mio impianto è ospitato in una sala studiata ad hoc per soddisfare i requisiti necessari, con una taratura basata su due elementi riflettenti e uno assorbente, per evitare di perdere dettagli ma anche di produrre rimbombi. È un ambiente che nell’insieme va studiato in modo preciso, compreso il posizionamento degli speaker. In tema digitale ho anche un sistema di ricezione DAB per la radio e i risultati non sono per niente male. Aggiungo che anche in azienda ho portato questa mia passione creando un piccolo angolo con diversi strumenti e ci sono colleghi che mi stanno seguendo su questa stessa strada.

Come considera, infine, il ritorno del vinile, le cui vendite stanno crescendo? È un collezionista?

È un fenomeno positivo ma i vinili che oggi vengono prodotti, pur essendo a una grammatura molto alta, sono comunque delle riproduzioni dei capolavori dell’epoca, suonando comunque bene. Gli originali prodotti in analogico restano un’altra cosa. Frequento in tal senso le fiere più importanti, ma se devo pensare a una collezione che ho fatto, voglio citare quella delle ‘fonovaligie’. Si tratta di sistemi con giradischi e casse integrate prodotti nella metà del secolo scorso, che ho acquistato e provveduto a restaurare. Tra i produttori più importanti c’era l’italiana Lesa (Lavorazioni Elettromeccaniche Società Anonima), con per esempio la serie Zaffiro. Poi ci sarebbero anche i registratori a bobina da citare… ma finiremmo per parlarne (e scriverne) per ore.


Paolo Morati

Giornalista professionista, dal 1997 si occupa dell’evoluzione delle tecnologie ICT destinate al mondo delle imprese e di quei trend e sviluppi infrastrutturali e applicativi che impattano sulla trasformazione di modelli e processi di business, e sull'esperienza di utenti e clien...

Office Automation è il periodico di comunicazione, edito da Soiel International in versione cartacea e on-line, dedicato ai temi dell’ICT e delle soluzioni per il digitale.


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