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Da dove verrà l’energia per il cloud?

Molti operatori cominciano a chiedersi se la rete pubblica rimarrà la loro fonte di energia principale. L’autoproduzione “sul posto”, cioè nello stesso appezzamento di terreno dove sorgono i data center, è già una realtà negli Stati Uniti e ora sta lentamente emergendo anche in Europa

Chi gestisce infrastrutture oggi sembra ossessionato dalla ricerca di energia. Al DCD Connect Europe di Londra, forse il principale evento del settore nel continente, hanno partecipato 130 partner: più di un terzo fornisce energia in una forma o nell’altra, prodotti o servizi per gestirla o soluzioni di raffreddamento, che la smaltiscono o la recuperano – più di quelli che forniscono data center, o dei gestori. Se oggi gli operatori internazionali chiedono di aprire data center in Italia, dove l’energia elettrica è più cara che nella maggior parte dei Paesi europei, è perché nei principali poli d’Europa (Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino, “FLAP-D”) per avere un nuovo allacciamento in alta tensione, quelli che usano i data center grandi, ci vogliono ormai anni. Ma quanti ne servono da noi per avere tutti i permessi delle autorità?
Con l’aiuto di CONTEXT, un analista globale del mercato ICT, e di Béla Waldhauser, del Board dell’operatore belga LCL, si può sintetizzare così la situazione a livello continentale:
– Le infrastrutture digitali, pur molto efficienti e “verdi”, e ancora piccole rispetto a settori come costruzioni, manifattura e trasporti, stanno chiedendo sempre più energia, in particolare per l’intelligenza artificiale, proprio mentre l’intero ecosistema energetico si ripensa: stiamo elettrificando trasporti e riscaldamento e riducendo l’uso di combustibili fossili, prima per sostenibilità e ora anche per autonomia geopolitica.
– Ai data center serve energia priva di gas serra, ma molto stabile, mentre le fonti eoliche e solari fluttuano con il meteo. Cresce, quindi, l’interesse per il nucleare: oggi in Francia, dove è molto abbondante, ma in prospettiva ovunque con nuovi reattori.
– Non è tanto questione di produrne di più: già oggi in Spagna, per il sole, o in Inghilterra, per il vento, nei momenti migliori l’energia ha costi negativi, cioè si pagano i produttori per spegnersi. La vera strozzatura è la distribuzione: ossia far arrivare dove serve l’energia che c’è. I data center più grandi ed efficienti si radunano, infatti, intorno ai principali centri urbani, dove trovano clienti e connettività concentrati: sono nati così i FLAP-D, e la loro penuria di nuovi allacciamenti.
– Potenziare le reti richiede tempi lunghi per i permessi e grandi investimenti. Molti operatori cominciano allora a chiedersi se davvero la rete pubblica rimarrà la loro fonte di energia principale. L’autoproduzione “sul posto” (On-Site Power Generation – OSPG), cioè nello stesso appezzamento di terreno dove sorgono i data center veri e propri, è già diffusa negli Stati Uniti e ora emerge in Europa: turbine a gas, celle a combustibile, in alcuni paesi persino il nucleare – anche se per i primi “nuovi” reattori modulari ci vorranno almeno dieci anni.
L’opportunità, sottolinea CONTEXT, diventa quindi quella di rendere le infrastrutture digitali membri attivi dell’ecosistema energetico, superando il ruolo di consumatori passivi. Oltre all’OSPG, che aiuta la rete a compensare le fluttuazioni di vento e solare, si può recuperare il calore anche da queste infrastrutture, in particolare per il teleriscaldamento. A2A sta già cominciando a farlo con alcuni gestori di infrastrutture digitali a Milano e a Brescia.

In Italia: come diversificano l’energia gli operatori?

Diversi operatori attivi in Italia e in mercati affini (Paesi europei di “seconda ondata” rispetto a Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito) hanno condiviso per la rubrica ‘Storie di cloud’ il modo in cui gestiscono l’approvvigionamento di energia e la sua diversificazione. Un quadro articolato, per ora piuttosto omogeneo.

Data4: primo gestore europeo di data center a proporre in Italia un campus di concezione moderna, nel 2014, per la propria sostenibilità, si affida a contratti di fornitura diretta a lungo termine (PPA, Power Purchase Agreement) di energia rinnovabile. In Italia ne ha firmato uno all’inizio del 2025 con Edison Energia, per oltre 500 GWh di energia solare in 10 anni da un nuovo parco fotovoltaico. Secondo loro, le norme che il MASE sta varando rendono particolarmente interessanti, per grandi consumatori e investitori in cerca di stabilità, questi accordi su nuovi parchi fotovoltaici ed eolici, che migliorano le capacità di produzione in un Paese ancora forte importatore di energia. Sperano, quindi, di contribuire allo sviluppo delle comunità, loro fiore all’occhiello da sempre, anche con questi progetti di produzione locale.
Data4 non vede oggi necessità di autoproduzione vera e propria nel nostro mercato. Potrebbe però avviarne in futuro, soprattutto per siti più grandi degli attuali, che potrebbero richiedere più energia di quella prontamente disponibile dalla rete.

Equinix: tra i maggiori colocator al mondo e da tempo radicato in Italia con quattro data center a Milano e uno a Genova, per lo più in siti dismessi, bonificati e recuperati, affronta la sfida energetica globale con tecnologie innovative e collaborazioni strategiche. Nel 2024 ha raggiunto una copertura energetica rinnovabile del 96% nel suo portafoglio di 268 data center in 35 Paesi. L’obiettivo è raggiungere il 100% di energia pulita entro il 2030, come ha già fatto in Italia, e in 250 siti. Equinix investe in progetti che aumentano la capacità delle reti elettriche pubbliche, ha sottoscritto PPA per circa 3.250 GWh e ha installato 6 MW di capacità solare ‘sul posto’. In Italia, in particolare, sostiene sette nuovi progetti solari, contribuendo alla decarbonizzazione nazionale. L’azienda finanzia aggiornamenti dei sistemi di trasmissione, nuove sottostazioni e soluzioni di backup. A livello globale investe in celle a combustibile, gas naturale e sta valutando tecnologie nucleari avanzate per garantire energia affidabile e pulita.

LCL: In Belgio, mercato molto simile all’Italia, LCL è tra i principali colocator e serve anche clienti tra i più grandi del mondo, come gli hyperscaler. Come tutti gli operatori del settore, massimizza l’efficienza energetica già per la propria redditività a breve termine, che dall’energia dipende fortemente. Per qualificarsi verso i clienti più grandi e più attenti, che cercano la massima sostenibilità nell’intera filiera che li fornisce, presta particolare attenzione alla riduzione dei gas serra. Si pone e raggiunge obiettivi secondo lo Science-Based Targets Initiative, ha conseguito il livello Gold sulla piattaforma EcoVadis e lavora per arrivare a Platinum. Ha già introdotto una componente di autoproduzione solare ed eolica, ‘sul posto’ o nelle immediate vicinanze dei data center, e si è data l’obiettivo di arrivare entro il 2030 a coprire con energia rinnovabile autoprodotta localmente almeno il 40% dei propri consumi.

Mediterra: si tratta di un nuovo gestore di data center in Europa meridionale, a partire da Roma. Per alimentare stabilmente le proprie infrastrutture tecnologiche, minimizzandone l’impronta di carbonio, si affida alla rete commerciale, a partire dai PPA per energia solare ed eolica, fisici o virtuali, e dai certificati di energia verde per compensare le emissioni di carbonio in assenza di fonti di energia sostenibile. Diventare un produttore di energia non è in linea con le loro priorità strategiche, perché le loro infrastrutture si collegano in media tensione, con potenze relativamente basse, che non giustificano l’impegno organizzativo e normativo necessario. Valuteranno l’autoproduzione a complemento della rete, con gas naturale, idrogeno o miscele, quando sarà necessario.

VIRTUS Data Centres: storico operatore europeo, che produce e gestisce data center nel Regno Unito e in Germania, ora sta entrando in Italia. Usa la diversificazione energetica per ridurre l’impronta carbonica, privilegiando energia rinnovabile di origine locale quando il mercato ne offre a prezzi commercialmente sostenibili. Nei propri contratti richiede di inserire energia rinnovabile prodotta localmente se dovesse diventare disponibile anche dopo la stipula. Poi gestisce attentamente sia i propri consumi, sia il servizio che riceve dai fornitori di energia, nell’interesse proprio e dei suoi clienti.
Centrica Business Solutions, che offre in tutto il mondo soluzioni end-to-end per l’autoproduzione di energia e i sistemi microgrid avanzati, prevede che l’interesse verso queste soluzioni cresca anche in Italia, come già in altri paesi, in risposta alle difficoltà delle reti di soddisfare la domanda energetica crescente.

Fuori dal coro è Core Stack, che nasce proprio con l’obiettivo di sviluppare e gestire in Italia un network di 11 data center di potenza media, alimentati completamente con energia rinnovabile, in gran parte autoprodotta in loco, per dotare il territorio di infrastrutture per lo sviluppo del digitale in modo più sostenibile e responsabile. Mira a iniziare la costruzione dei primi 3 a metà 2026; saranno loro i primi?

Le infrastrutture digitali anticipano oggi come gestiremo l’energia domani

Da queste cinque voci, e da altre che hanno preferito esprimersi privatamente, emerge un quadro chiaro: oggi in Italia i grandi operatori sanno bene che l’energia elettrica pulita sarà ancora più difficile da ottenere dei permessi ambientali ed edilizi, e sarà utile organizzarsi per autoprodurla… tra un po’. Oggi, e per l’orizzonte di programmazione a breve termine, le loro priorità in questo Paese rimangono quelle degli ultimi anni:
1. Avere i permessi per costruire e rinnovare infrastrutture digitali, qui più lenti e difficili da prevedere che nei FLAP-D.
2. Gestire con gran cura i consumi e la stabilità dei costi, perché questo fattore chiave della loro sostenibilità economica in Italia è particolarmente costoso, e il clima caldo ne fa consumare per il raffreddamento più che nei Paesi dell’Europa centrale e settentrionale.
3. Ottenere e consumare energia rinnovabile, o almeno a impronta carbonica ridotta (il nucleare).

È proprio quest’ultimo punto che li colloca all’avanguardia tra i settori industriali energivori, nel mondo e in Italia: oggi i data center rappresentano il 2-3% del consumo globale di energia, ma nei prossimi anni la domanda di intelligenza artificiale potrebbe portarli al 5-6%, ancora molto meno di costruzioni, manifattura e trasporti. Diversamente da questi, il fatto di affacciarsi all’opinione pubblica e alla politica degli anni 2000, già molto attente alla sostenibilità, li ha spinti ad assumersi impegni di sostenibilità ben più rigorosi: prima dell’accelerazione della domanda per l’intelligenza artificiale il settore stava raggiungendo la piena neutralità carbonica, persino facendosi carico dell’impatto dei suoi fornitori. Gli altri produttori di beni e servizi, e noi stessi, consumatori, impareremo proprio dai gestori di data center quanto rigore ci vuole per prosperare in un mondo di energia scarsa, fluttuante per quantità e prezzo, e da produrre localmente.

Energia, OSPG, Sostenibilità


Specialista di IT Governance - Comune di Mil...