Il futuro e il presente del lavoro agile
La costruzione di un ambiente di lavoro di qualità è la base di ogni iniziativa di smart working di successo.
Le modalità di lavoro stanno evolvendo velocemente, con una trasformazione ancora in corso e con poche certezze ancora per il futuro: si imporrà la settimana corta? Ci saranno aggiornamenti normativi circa la possibilità di essere nomadi digitali pur rimanendo legati contrattualmente alla stessa impresa con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato?
Quello che è certo è che il modello classico del lavoro in ‘ufficio dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18’ non è più praticabile. Se prima avevamo orari fissi, ruoli fissi, timbratura obbligatoria, adesso, grazie allo smart working, è possibile lavorare in modo flessibile, declinando il proprio lavoro in base agli obiettivi prefissati, e nel rispetto della propria vita privata.
La possibilità di lavorare in modalità smart non si riduce solamente alla possibilità di ‘lavorare da casa’, ma è un concetto molto più ampio. Vuol dire poter avere autonomia nell’organizzazione del proprio tempo e del proprio spazio, può voler dire anche viaggiare conciliando escursioni e lavoro, passare più tempo con i propri cari anche se sono lontani da noi, passare più tempo nella natura senza avere l’obbligo di fare tutte queste attività nei giorni off dal lavoro.
Alla ricerca degli equilibri giusti
I dati emersi dall’indagine di Randstad parlano chiaro: il 94% delle persone considera l’equilibrio tra vita privata e professionale di primaria importanza e addirittura il 48% sarebbe disposto a cambiare lavoro nel caso in cui l’azienda non dovesse rispettare questo preciso requisito. Questo mette in evidenza una nuova esigenza: la ricerca di un equilibrio diverso rispetto al passato, che ancora fatica a trovare una propria formulazione; perciò, le aziende procedono per tentativi: ‘full remote’, percentuali fisse, percentuali libere, organizzazione mensile e così via.
Alfonso Fuggetta, amministratore delegato e direttore scientifico Cefriel, nel suo ultimo libro ‘Un bel lavoro. Ridare significato e valore a ciò che facciamo’ ha descritto le 10 caratteristiche che deve avere un posto di lavoro per essere definito ‘bello’. Tra queste ce n’è una che dice “Un bel lavoro è flessibile”: è diventato centrale, infatti, soprattutto dopo i due anni della pandemia, fare in modo che le persone possano conciliare la propria vita privata con quella professionale.
Cefriel è stata una delle prime aziende a introdurre la possibilità di lavorare da remoto, ancor prima dell’inizio della pandemia. Per questo motivo, i collaboratori di Cefriel non si sono sentiti catapultati da un giorno all’altro in una modalità di lavoro sconosciuta, ma erano già stati abituati a essere responsabili e ad avere un’attitudine comportamentale adeguata.
Anche con il termine dell’emergenza sanitaria però lo smart working in Cefriel è rimasto e a oggi costituisce il 60% dell’orario lavorativo di tutti i collaboratori. Allo stesso tempo però anche gli spazi sono rimasti: non è stata fatta nessuna modifica in questo senso. La scelta è stata ponderata per dare a tutti i colleghi la possibilità di vivere il proprio spazio di lavoro in base alle diverse esigenze personali.
Quello dello smart working, però, è un contesto alla ricerca continua di un equilibrio tra necessità individuali, di team e progettuali. Questo rapporto è in continuo work in progress poiché flessibile in base ai diversi progetti lavorativi dell’azienda o impegni personali del lavoratore. Lo smart working è però anche continua collaborazione, è trovare un punto di incontro con i propri colleghi. In Cefriel questo ‘equilibrio’ prende il nome di Io-Noi. L’obiettivo è quello di trovare un punto di incontro tra le proprie necessità e quelle delle altre persone, siano essi colleghi, partner o clienti. Che si collabori con poche o tante persone, all’interno di un team di lavoro, è importante trovare punti di incontro e confronto tra tutti e impegnarsi in un rapporto collaborativo di confronto e di scambio, che consenta di mantenere i livelli di qualità adeguati.
Trasformare il lavoro, una nuova necessità
Nei primi nove mesi del 2022, sono state oltre 1,6 milioni le dimissioni registrate in Italia, il 22% in più rispetto allo stesso periodo del 2021. L’onda lunga del fenomeno denominato “grandi dimissioni”, iniziato nel 2021 in un mondo che riemergeva a fatica dalla pandemia, non accenna a placarsi. Sempre più cittadini sembrano interrogarsi sul ruolo del lavoro nella propria vita e nella società che li circonda e la narrativa della ‘Great resignation’ si è tradotta in turnover, dove molte persone lasciano il proprio posto per un nuovo contesto professionale.
In questi ultimi anni le aziende hanno dovuto cambiare l’approccio nei confronti dei dipendenti: è finalmente diventato un dovere ascoltare e aiutare i propri collaboratori nel riuscire a conciliare vita privata e lavorativa, creando un rapporto biunivoco caratterizzato dall’interazione continua delle due parti.
Ogni azienda è diversa dalle altre, ciascuna ha le proprie esigenze e una cultura organizzativa che influenza inevitabilmente le decisioni, ma ci sono alcuni elementi che dovrebbero essere comuni: mettere la persona al centro e ricorrere all’ascolto come strumento utile a individuare i cambiamenti che si rendono necessari nel tempo in base all’evoluzione umana e di contesto.
Le modalità di lavoro vengono decise insieme: l’azienda stabilisce delle regole per garantire la sicurezza della persona che lavora e il raggiungimento degli obiettivi aziendali, quest’ultima fa emergere i propri bisogni e le necessità di lavoro.
Nella sua realtà, Cefriel da sempre fa dell’ascolto la chiave per definire modalità di lavoro coerenti e funzionali al proprio contesto. Le persone rappresentano per Cefriel il proprio punto di forza, il valore più grande dell’azienda. La cultura aziendale di Cefriel – uno degli aspetti a cui l’organizzazione si dedica di più – è basata sull’apprendimento continuo e sull’innovazione, per questo la realtà aziendale ha una predisposizione molto forte al cambiamento, consapevole che il contesto esterno è in continua evoluzione ed è necessario adattarvisi.
Lavorare in maniera diversa comporta la necessità di trovare degli equilibri, costruire nuove competenze, definire una nuova modalità di organizzazione del lavoro: sono da rivedere e trasformare modelli, processi e relazioni. Per questo in Cefriel è stato attivato un gruppo di monitoraggio che ha l’obiettivo di ascoltare le persone, raccogliere informazioni su come organizzano la propria settimana e giornata lavorativa, supportarle perché possano essere efficaci nelle loro attività sia da remoto che in presenza, costruendo un ambiente di lavoro adatto allo smart working e, infine, raccogliendo suggerimenti migliorativi e best practice, nella consapevolezza che il modo per costruire delle modalità di lavoro, che siano migliori ed efficaci, è nel confronto continuo tra azienda e persone che ci lavorano.
Grazie a un costante monitoraggio delle esigenze delle persone, è stato possibile creare uno specifico regolamento, un manifesto e un poster contenente informazioni sulle possibili attività da svolgere in presenza o da remoto. Questo è stato il frutto di confronto periodico tra diversi membri e di un ascolto costante circa le soddisfazioni delle persone in smart working. Questi due regolamenti variano in base al contesto e alle singole esigenze della singola persona che lavora in modo agile.
Da ulteriori approfondimenti con le persone, con interviste mirate, è emersa la volontà di mantenere l’approccio smart working, utilizzando l’ufficio per riunioni di team, allineamenti, brainstorming, incontri con i clienti e il lavoro da remoto quando c’è la necessità di completare task specifici che richiedono un livello di concentrazione maggiore. Gli spazi sono certo molto importanti, perché permettono alle persone di ritrovarsi, condividere esperienze, momenti e creare insieme la storia dell’azienda. La volontà però è quella di alternare questi momenti a quelli di collaborazione online.
Le aziende devono essere pronte ad accogliere le esigenze dei dipendenti basando la relazione sulla fiducia e sulla responsabilizzazione delle persone e dei gruppi di lavoro: la libertà di organizzare il proprio tempo in base a obiettivi personali, di team e d’azienda porta un accrescimento nel livello di soddisfazione personale e professionale e un’occasione concreta di ridurre il turnover.
Ma attenzione ai rischi
Accanto ai benefici che il lavoro remoto porta con sé, senza dubbio, ci sono anche dei rischi. Il rischio maggiore è quello del ‘burnout’, la sindrome da esaurimento professionale causata da una mole troppo elevata di lavoro. Se smart working, infatti, vuol dire lavorare in modo flessibile e quindi nei luoghi e nelle tempistiche scelte personalmente, questo non vuol dire che il momento lavorativo non deve avere confini. È fondamentale infatti porsi degli obiettivi, ma che delineino anche dei vincoli temporali e dei momenti di pausa, svago e di offline dal lavoro. Disconnettersi, infatti, non solo è un diritto, ma è anche un dovere, che l’azienda deve aiutare a perseguire supportando con formazione adeguata. Una possibile soluzione è far evolvere i percorsi formativi legati ai temi di salute e sicurezza sul lavoro, adeguandoli al nuovo contesto ibrido e alle nuove necessità, intervenendo anche su aspetti che a prima vista sono meno inerenti il lavoro (qualità del sonno, alimentazione, ritmi e stili di vita).
Un altro rischio è quello dell’isolamento rispetto alla realtà organizzativa; è quindi indispensabile creare momenti di aggregazione e inclusione, che consentano di conoscersi e condividere le proprie capacità, caratteristiche e competenze, in un’ottica di scambio, condivisione e crescita reciproca. Questi momenti possono essere occasioni per condividere i successi e celebrare le persone che hanno contribuito nel raggiungerli, come riconoscimento del contributo individuale alle diverse attività. Anche questo crea senso di appartenenza aziendale.
Facendo leva sul coinvolgimento delle persone e sulla collaborazione reciproca, piuttosto che sul concetto di autorità o di gerarchia, si valorizza il potenziale di autonomia e di sviluppo della leadership. Lavorare fisicamente altrove può aiutare a vedere meglio sia l’organizzazione sia il modo in cui noi siamo inseriti nei processi organizzativi; ovviamente serve investire in formazione sia tecnologica sia trasversale per aiutare le persone e le organizzazioni a rendere espliciti e sempre in miglioramento meccanismi professionali e relazionali che in presenza sono dati per scontati.
Per concludere, quello che emerge è che le persone sono sempre più attente a raggiungere obiettivi di vita che portino serenità e felicità, di cui il lavoro è una parte importante, ma non il tutto. Lo smart working è una modalità che può aiutare a costruire benessere nella società della libertà, organizzando il proprio tempo in autonomia e raggiungendo i risultati prefissati. La libertà è ciò che tiene le persone vicine e che le coinvolge maggiormente in azienda.
10 caratteristiche chiave per costruire un bel lavoro
Grazie alla lunga esperienza maturata tra mondo accademico, istituzioni e imprese oltre che in Cefriel, Fuggetta ha avuto modo non solo di osservare ma anche di vivere sulla propria pelle le tante trasformazioni che hanno investito il mondo del lavoro in questi anni. Ha cercato di mettere a frutto la sua esperienza per elaborare una definizione convincente e coerente di che cosa oggi si possa, o si debba, effettivamente intendere per bel lavoro, individuandone le dieci caratteristiche chiave.
Un bel lavoro, quindi…
1. Ha significato
Sempre più persone desiderano un lavoro che abbia un significato e il cui risultato sia di valore per la comunità e la società. Non solo, vogliono lavorare in imprese che rispettino le regole e che svolgano un ruolo positivo nella comunità nella quale operano.
2. Produce risultati di qualità
Le persone vogliono che il risultato del lavoro sia di qualità, ben fatto. Non basta fare il minimo indispensabile per soddisfare le richieste del proprio interlocutore.
3. È svolto con metodo
Un lavoro ‘bello’ è caratterizzato da metodi e processi di qualità. Se si lavora in modo ordinato e pianificato, le persone si sentono a loro agio perché sanno che cosa fare e non sono stressate da attività caotiche e condotte in un perenne stato di emergenza o in modo puramente reattivo.
4. È riconosciuto e valorizzato
Un lavoro di qualità deve essere riconosciuto e valorizzato, non solo dal punto di vista economico.
5. È sicuro
L’aggettivo ‘sicuro’ ha, almeno, tre accezioni: sicurezza sul lavoro; solidità aziendale; consapevolezza di lavorare in un luogo che permette di esprimersi e operare senza pressioni e timori.
6. È flessibile
Anche a causa dei due anni di Covid, la flessibilità sul posto di lavoro ha assunto una valenza centrale. Per le persone è vitale poter conciliare vita privata e attività professionale.
7. È cooperativo, inclusivo e aperto
Un lavoro di qualità si basa su una cultura aziendale aperta, che promuova e favorisca l’interazione all’interno dell’impresa e tra l’impresa e il mondo esterno. Offre occasioni di viaggio e di esperienze all’estero. Inoltre, è inclusivo e non discriminante.
8. È dinamico
Un ‘bel lavoro’ offre alle persone una molteplicità di esperienze ed evita immobilismo e sclerosi professionale.
9. Permette di imparare
Un ‘bel lavoro’ genera opportunità continue per imparare cose nuove, sperimentare idee e dare spazio alla curiosità e agli interessi dei singoli.
10. Permette di crescere professionalmente
Un ‘bel lavoro’ consente di acquisire competenze ed esperienze che rendono possibile alle persone interpretare ruoli professionali sempre più complessi, anche se con caratteristiche e profili diversificati (manageriali, tecnici, specialistici).
*Cefriel