Netalia continua a sfidare i big globali del cloud
L’operatore ribadisce la necessità di un perimetro nazionale dove controllo della capacità elaborativa e sovranità del dato siano gestiti da operatori con sede giuridica nel nostro Paese.
“La sovranità del dato non basta a tutelare le imprese italiane e gli enti nazionali e locali della Pubblica Amministrazione da comportamenti non in linea con i contratti sottoscritti da parte di operatori che non hanno residenza giuridica in Italia. In questi casi infatti gli eventuali contenziosi non si regolerebbero nelle corti italiane”, così Michele Zunino, fondatore e amministratore delegato di Netalia, fornitore di servizi Iaas e Paas che si presenta come il ‘public cloud service provider italiano e indipendente’, e presidente del Consorzio Italia Cloud.
“Nell’interlocuzione con le istituzioni di questi anni, emerge con forza la consapevolezza dell’importanza di un perimetro nazionale in cui la perdita del controllo sulla capacità di elaborazione da parte di soggetti italiani, oltre che della sovranità del dato, rappresenta un potenziale rischio per tutto Sistema Paese”, ribadisce Zunino.
La leva del controllo in Italia dei servizi cloud è quella che a prima vista sembra consentire a Netalia di muoversi in un mercato, quello dei servizi cloud, che sembra essere sempre più solo appannaggio dei grandi operatori OTT globali. Ma in realtà c’è molto di più.
Focus su PA e medie imprese
Netalia è oggi una realtà di 40 persone che nel 2022 ha chiuso l’anno con un fatturato pari a 5,5 milioni di euro registrando una crescita del 66%. L’ambizione per il 2023 è quella di riuscire a raddoppiare i ricavi intercettando il processo di migrazione al cloud della pubblica amministrazione. “Siamo accreditatti dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale a trattare i dati della difesa e della giustizia; due ambiti in cui il tema della compliance conta in modo significativo”.
Oltre a questo versante, Netalia può mettere in campo il fatto che tra le 150 aziende che in Italia hanno un fatturato superiore al miliardo di euro, due di queste hanno affidato all’operatore la gestione completa dei loro sistemi informativi, affrontando importanti innovazioni come la ‘microservitizzazione’ delle applicazioni esistenti e il DevOps via cloud. “Molti ci chiedono come una realtà come la nostra sia riuscita a conquistare la fiducia di aziende molto più grandi e complesse – racconta Zunino. La risposta è presto detta: grazie al nostro approccio originale alla gestione delle risorse in cloud riusciamo a interpretare correttamente il bisogno del cliente e insieme ai system integrator con i quali lavoriamo a personalizzare le soluzioni che portiamo in produzione”.
Gli interlocutori di Netalia sono primariamente gli sviluppatori software che considerano le infrastrutture come elemento abilitante delle loro soluzioni e che possono trovare nel cloud la risposta a temi come affidabilità e disponibilità coniugati però insieme a flessibilità e rapida capacità di risposta alle esigenze di scalabilità.
“Lavoriamo con chi gestisce le logiche di business del cliente finale e costruiamo insieme la soluzione”, specifica Zunino. Anche in questo caso però la ‘piccola’ Netalia porta nel suo bagaglio il fatto di agire in partnership con i grandi system integrator globali e nazionali. “Ancora molti integratori italiani di più piccole dimensioni rimangono legati alle logiche di fullfilment tecnologico”. Eppure, secondo Netalia, proprio i system integrator e gli sviluppatori possono rappresentare il braccio operativo che consentirebbe alle aziende italiane di fare quel salto di qualità verso il cloud che in altri Paesi è stato compiuto. “Il cloud interesserà sempre di più tutte le aziende di ogni dimensione e settore, noi puntiamo sulle 10.000 realtà che oggi in Italia registrano fatturati superiori ai 50 milioni di euro, e che in gran parte solo ora si stanno interessando al cloud”. In questo scenario, Zunino dichiara infine un’importante ambizione: “Il nostro obiettivo è in un mercato cloud italiano che nel 2030 varrà 10 miliardi di euro, detenere una quota del 2%”.