Dove ci sta portando il viaggio di Marvel nel multiverso
La casa di produzione a oggi è lo studios maggiormente impegnato su questo fronte… Rimane da capire come la casa madre Disney approccerà il tema.
Il concetto di multiverso, ovvero l’idea che postula l’esistenza di universi paralleli, coesistenti al di fuori del nostro spaziotempo, è antico. Intesa come pluralità di mondi diversi, ma simili al nostro, la nozione di multiverso esisteva già nell’antica Grecia, ritornò in auge a seguito della rivoluzione copernicana e la scoperta di numerose galassie, e fu poi formulata con rigore dal fisico statunitense Hugh Everett III nel 1957. Il multiverso, interpretato come realtà alternative o dimensioni parallele, ha sempre affascinato, influenzando il folklore, l’arte, la letteratura, la musica e il cinema. In particolare, negli ultimi anni ha conquistato l’universo Marvel (MCU), diventando il fulcro e la ragion d’essere di numerose storyline.
Tutto iniziò con Loki
Con la serie incentrata su Loki, distribuita nel 2021, la Marvel introduce la TVA, ovvero la Time Variance Authority, un’organizzazione creata per monitorare le linee temporali del multiverso. “Benvenuti alla Time Variance Authority, (…) Molto tempo fa ci fu una grande guerra nel multiverso, innumerevoli linee temporali singole si diedero battaglia per il potere portando la completa distruzione di ogni cosa. Ma poi emersero gli onniscienti custodi del tempo che portarono la pace riorganizzando il multiverso in un’unica linea temporale: La Sacra Linea Temporale”. Il telefilm, composto da sei puntate, seguiva un Loki catturato dalla TVA e messo di fronte a due alternative: essere cancellato dall’esistenza in quanto variante temporale, oppure rimanere in vita accettando di aiutare la TVA a fermare una grande minaccia. Una serie imprevedibile ed affascinante, raffinata nella scrittura, accattivante visivamente per la sua peculiare e camaleontica estetica, ma soprattutto destinata a innovare l’universo Marvel, stimolando lo sviluppo del multiverso nella Fase 4 del mondo MCU (Marvel Cinematic Universe).
In un’intervista per ScreenCrush pubblicata il 29 Luglio 2021, Michael Waldron, lo sceneggiatore di Loki definì così il concetto di multiverso e dell’esistenza di numerose linee temporali: “Il nostro approccio al viaggio nel tempo è basato sulla filosofia che il tempo accade sempre. Ci sono infinite istanze di tempo che accadono sempre nello stesso momento”. Tutte queste istanze possono essere letteralmente definite come universi differenti e differenti timeline. “Sono le stesse. Ci sono solo piccole fluttuazioni in ogni istanza. Quindi cinque volte su dieci, nella nostra conversazione ti dico ‘Ciao’. Quattro volte su dieci ti dico ‘Hey, felice di incontrarti’. E forse una volta su dieci dico: ‘Hey, non voglio essere intervistato’”.
Doctor Strange nel Multiverso della Follia
Il multiverso è stato portato alla ribalta sul grande schermo da Spiderman: No Way-Home. Nel film Peter Parker chiede aiuto a Doctor Strange affinché tutti si dimentichino che è l’Uomo Ragno. Purtroppo, l’incantesimo di Strange conduce a inattesi risultati, che mettono a contatto tra di loro più linee temporali, stravolgendo per sempre la vita di Peter. Nel film, il multiverso ha la funzione di trasformare il giovane da adolescente ad adulto; da Peter Parker a Uomo Ragno, con tutte le responsabilità che i panni del supereroe comportano. La confusione e la mancanza di punti di riferimento tipici dei teenager trovano infatti la loro rappresentazione visiva nel caos quasi impossibile da domare del multiverso. Inoltre, le numerose timeline vengono sfruttate per stimolare negli spettatori una nostalgia che riscalda i cuori, soprattutto quelli dei più appassionati dell’Uomo Ragno.
È poi con Doctor Strange nel Multiverso della Follia, uscito a maggio dello scorso anno, che la Marvel arricchisce la sua versione di questo complesso concetto. Stregoneria, libri magici, desideri che portano alla pazzia e antiche leggende si mescolano in una visione incantata del multiverso che dà ai sogni un nuovo significato. Questi, infatti, non sono relegati a fantasie e messaggi del nostro inconscio, ma bensì si trasformano in connessioni tra le infinite varianti che popolano il multiverso. La vita onirica diventa così una finestra sull’esistenza multiversale.
Everything Everywhere All At Once
Everything Everywhere All At Once è l’ultimo film a interpretare a suo modo il concetto di multiverso, con intelligenza, pazzia e dolcezza, riportando le relazioni umane al centro del discorso. L’opera, diretta da Daniel Kwan e Daniel Scheinert è distribuita al cinema in Italia dal 6 Ottobre, mentre all’estero è uscita in contemporanea con Doctor Strange nel Multiverso della Follia. Il simultaneo rilascio di due opere solo apparentemente simili per tematiche e per genere non ha fatto che sottolineare la diversità e la profondità tematica ed emotiva del film di Kwan e Scheinert. Se da una parte abbiamo un personaggio così speciale e magico come Doctor Strange, dall’altra il cuore di Everything, Everywhere, All At Once è l’ordinaria Evelyn Wang (Michelle Yeoh), un’immigrata cinese negli Stati Uniti alle prese con una vita coniugale che non l’appaga, un padre impossibile da soddisfare e una precaria relazione con la figlia Joy, rovinata da incomprensioni, parole non dette, e insoddisfatte aspettative. Come se questo non bastasse, Evelyn deve organizzare una festa nella lavanderia che gestisce e deve confrontarsi con un sistema burocratico complesso, creato per schiacciare. Nonostante l’umanità delle emozioni che la guidano, la vita di Doctor Strange è unica e magica. Invece Everything, Everywhere, All At Once, pur focalizzandosi sulla singolarità della storia della protagonista, guarda all’universalità delle sue emozioni, rendendo Evelyn ‘una di noi’. Infatti, quella di Evelyn è una vita in cui è facile rispecchiarsi. È una donna sull’orlo di una crisi esistenziale. È schiacciata dai sogni infranti, dal grigiore della quotidianità che le ha tolto ogni passione, dal peso di tutto, ovunque, allo stesso tempo.
La sua apparentemente banale esistenza viene stravolta quando viene messa al corrente che il suo non è che uno dei mondi possibili e che, con sua enorme sorpresa, lei è l’unica in grado di salvare l’interno multiverso da un super cattivo chiamato Jobu Tupaki, intenzionato a distruggere tutto quello che incontra. “Non dimenticarti di respirare” legge Evelyn su un foglietto, prima di essere catapultata in una pazza e irrefrenabile avventura. La frase sembra un invito al pubblico, un’incitazione a prepararsi alla follia delle scene che si susseguiranno senza sosta e senza senso, togliendo il fiato. Le premesse alla base del film sono assurde e molte delle situazioni che Evelyn incontra sul suo cammino sono ridicole, ma il messaggio alla base del film è tutto meno che sciocco e, nonostante uno stordimento iniziale, è impossibile non lasciarsi travolgere con amore dalla storia.
Avvolto nella patina di un film d’azione, quello che Kwan e Schinert ci presentano è un tortuoso viaggio alla scoperta di sé stessi e del proprio potenziale. Esistono infinite Evelyn: c’è la Evelyn cuoca, l’attrice, la cantante d’opera, ma queste non sono altro che sfaccettature della stessa persona. Sono le infinite esistenze parallele che vivono dentro ognuno di noi e forse la vera magia sta nell’accettare, ricomporre e vivere il nostro potenziale.
Non tutto funziona, ma i pregi della bellissima e surrealissima giostra su cui ci porta il film superano di gran lunga i difetti. Quello di Everything Everywhere All at Once è un multiverso che intrattiene puntando su accattivanti scelte visive e registiche: diversi tipi di film (d’azione, comico, romantico, drammatico, film muto, ecc…) si intrecciano in svariati universi stilistici. Doctor Who, Ratatouille, Michael Gondry, Satoshi Son, Yusha Yoshihiko, In the Mood for Love, Jackie Chan, e così via: è difficile scovare tutti i riferimenti cinematografici e non che i ‘Daniels’ hanno disseminato nel film, sorretto dall’incredibile performance di Michelle Yeoh e Stephanie Hsu. Questo caos si amalgama perfettamente in un meraviglioso delirio che però non perde mai di vista il suo centro, ovvero l’amore, rappresentato nel film nella relazione tra Evelyn e Joy.
Ma l’Universo può fare quello che vuole
Ogni rappresentazione del multiverso sul piccolo o grande schermo differisce, così come le numerose teorie scientifiche – a favore o sfavore – dell’argomento. Quella che più si avvicina alle rappresentazioni più popolari dell’idea è quella dell’“interpretazione a molti mondi” (MWI – many worlds interpretation), secondo la quale ogni qual volta che il mondo deve far fronte a una scelta a livello quantistico, l’universo si divide in tante parti quante sono le scelte possibili, affinché vengano realizzate tutte le possibili opzioni. Ma questa è solo una delle teorie.
Tom Siegfried nel suo libro ‘Il numero dei cieli: Una storia del multiverso e della ricerca per comprendere il cosmo’ ripercorre lo sviluppo di questa idea e dei suoi detrattori. E alla domanda “Il multiverso esiste o no?” risponde così: “L’universo non è vincolato a quello che alcune masse di protoplasma su un piccolo pianeta posso capire o testare. L’universo può fare quello che vuole”.