Da Mixage agli U2, tra chitarre e musicassette
The Sound of IT – Intervista a Stefano Maio, Country Leader Italy di Tableau, a Salesforce Company
Partiamo dalla scoperta della musica…
Sono sempre stato un ascoltatore di musica. Nella pre adolescenza, siamo nei primi Anni ‘80, lottavo con i miei genitori per avere in casa un impianto che garantisse una buona qualità. Le opzioni erano due, come oggi con alcune piattaforme IT: lo stereo compatto e integrato di un unico fornitore e l’impianto con componenti separati e diversi produttori. Era il periodo in cui mi sintonizzavo sulle radio locali, le chiamavo al telefono richiedendo un brano e poi aspettavo per registrarlo su musicassetta creando le mie compilation. Quindi giravo il mio paese, Buti in provincia di Pisa, con la bicicletta da cross, di quelle che andavano all’epoca. Al centro del manubrio c’era il registratore e ai lati due casse agganciate. Poco più tardi iniziai a strimpellare la chitarra, da autodidatta. Avevo 14 anni e mi cimentavo, con un modello Eko molto basico, anche in Chiesa grazie all’aiuto di un giovane volenteroso. Avevo un bel gruppo di amici, e ho proseguito venendo via via invitato a esibirmi ai matrimoni dei più grandi.
Qual era il suo repertorio?
Ero il musicista della compagnia, suonavo mentre gli altri si divertivano, sulla spiaggia, brani aggreganti come Il ragazzo della via Gluck o La canzone del sole. Che non erano i miei pezzi preferiti ma quelli più semplici da eseguire. Un repertorio che ripetevo nelle gite, portandomi dietro le fotocopie con i testi scritti a mano, e che comprendeva anche Vasco Rossi, con canzoni che andavano particolarmente forti come Una canzone per te e Vita spericolata. Suonavo anche Hotel California degli Eagles, scritto a penna con gli accordi su un foglio che mi sono portato ripiegato nel portafoglio per anni. Ho poi iniziato a entrare nel mondo delle band, tuttavia non come chitarrista ma come ‘mascotte’ che montava e smontava strumenti per un gruppo del luogo, partecipava al soundcheck, per poi rientrare a fine concerto sul furgone dopo aver mangiato insieme. Con loro ho girato sul territorio per un paio di anni.
Per contestualizzare il momento storico, era quello dei paninari, l’epoca della rivalità tra Duran Duran e Spandau Ballet…
Dove abitavo i paninari non esistevano, era un fenomeno più da grandi città, in particolare di Milano. A quel tempo Duran Duran e Spandau Ballet non li ascoltavo, mentre oggi sono parte delle mie playlist. Viceversa ero più orientato sui cantautori italiani, come Lucio Dalla, Vasco Rossi appunto e successivamente, anche Ligabue quando si è affermato. Entrambi poeti, ma diversi tra loro. E poi ero una grande fan di Michael Jackson, che imitavo nelle mosse compresi il moonwalking e la danza di Thriller. Avevo inoltre approfondito ulteriormente Hotel California imparato tutto l’assolo finale, invitando anche altri amici a suonare con più chitarre. Infine andavano molto forte compilation come Mixage, sentivo gli Imagination con grandi brani come Just an illusion e Music and lights ma anche la italo disco con successi come I like Chopin di Gazebo. Più avanti un ruolo importante nel mio percorso lo ebbe mio fratello, di dieci anni più giovane.
Approfondiamo questo aspetto.
Si era appassionato alla batteria, strumento che ancora oggi suona insieme a percussioni da lui stesso costruite. Erano i primi anni in cui lavoravo e lo aiutai recuperando dapprima una vecchia batteria poi installata in una legnaia a casa dei miei genitori, liberata e insonorizzata allo scopo. Lui frequentava lezioni con professionisti, ex allievi di Tullio De Piscopo, e successivamente gli regalai una nuova batteria dotata di doppia cassa acquistata in un noto negozio di Siena. Questo gli permetteva di suonare il suo genere preferito, l’hard rock, fondando anche un gruppo metal. La sera mi univo con la chitarra, questa volta elettrica, su brani come ad esempio Paranoid dei Black Sabbath, uno dei miei preferiti. Avevamo anche una splendida Gibson Flying V bianca con interno fucsia che purtroppo fu poi scambiata con una tastiera. In tutto questo restava fondamentale la musica dal vivo.
Quali sono i concerti che ricorda?
Da ragazzino mi muovevo dal paese per andare a Viareggio, seguendo Vasco Rossi già nel 1986, o i Pink Floyd a Livorno nel 1989, e poi a Firenze. Tra i concerti che ricordo ci sono quelli di Zucchero, i Litfiba degli inizi, Antonello Venditti, ma anche un artista che lasciò un grande segno in quel periodo, Terence Trent D’Arby (oggi noto come Sananda Maitreya). Mi ritengo fortunato averlo potuto ascoltare dal vivo. Nel 1992, inoltre, andai a Monza al concerto di Michael Jackson, un vero spettacolo. E poi c’erano (e ci sono) gli U2, mia altra grande passione. Visti in concerto a Verona nel 1993 e a Roma per il trentennale di The Joshua Tree nel 2017 con mia moglie. A settembre del 2022 ho anche fatto un ‘selfie da lontano’ con Bono Vox in occasione dell’evento Dreamforce a San Francisco, mentre discuteva di iniziative di beneficenza con Marc Benioff (fondatore di Salesforce). Proprio sugli U2 voglio farvi una rivelazione.
Prego…
Tutto parte dalla VHS di Rattle and Hum del 1988. A un certo punto Bono Vox tracciava un graffito con la scritta “Rock and Roll Stops the Traffic” sulla Vaillancourt Fountain di San Francisco. Ecco che insieme a un amico a Pontedera feci la stessa cosa su un muro dove passavano gli studenti come noi. Ne andavamo molto fieri.
Oggi come porta avanti la passione per la musica?
Intanto sono impegnato nella ricerca di musica dal vivo al di fuori dei canali più tradizionali. Di recente ho scoperto una band di nicchia. Si chiama Teo e le veline grasse, specializzata in cover particolari che mettono insieme pezzi che apparentemente non hanno nessun legame, come Stairway to Heaven dei Led Zeppelin e I giardini di marzo di Lucio Battisti. Sentiti per caso a Ponte di Legno, li ho trovati estremamente bravi. In generale ci troviamo in un momento storico in cui i concerti sono più formali e costruiti, degli spettacoli perfetti anche a livello di immagine, laddove un tempo ci si poteva permettere anche errori e stonature. L’ho constatato sempre a San Francisco in un recente live dei Red Hot Chili Peppers, che non sono certo dei novellini. Grandissima cura visiva e sonora con impianti studiati per raggiungere l’ascolto ottimale in tutta l’arena.
A proposito di ascolto. Come è organizzato oggi?
Già durante la colazione al mattino faccio partire le mie playlist. Lo stesso in macchina dove ho un impianto serio. Amo ascoltarla da solo e se ho ospiti prevedo sempre un sottofondo proponendo più generi, dalla bossa nova ad Andrea Bocelli. In tutto questo ho il rimpianto di non aver studiato seriamente il pianoforte, con i quali i miei figli hanno già avuto dei primi approcci. Però continuo a suonare la chitarra, ne ho diverse (in queste pagine ne vediamo un paio), alcune comprate altre regalatemi, esercitandomi, soprattutto quando mi trovo in montagna dove ho il tempo per farlo nel modo giusto. Ascolto un brano che mi piace e lo studio, cosa oggi resa più facile da filmati e strumenti che permettono anche di osservare direttamente modi e tecniche in cui viene suonato. Insomma, molto diverso rispetto a quando, da ragazzino, utilizzavo canzonieri scritti a mano, imbracciando la mia prima chitarra sulla spiaggia.