Oracle: così si fa un’organizzazione autonoma
La strategia della casa americana indirizza l’intelligenza basata sui dati.
“Buona parte del cibo proveniente da coltura oggi dipende dalla impollinazione da parte delle api. Ecco che tramite sensori noi raccogliamo i loro dati comportamentali da una rete di alveari e li analizziamo e presentiamo su dashboard per comprenderne il morale… al fine di proteggerli”. Il progetto si chiama World Bee Project Hive Network, ed è uno degli esempi che Neil Sholay, VP of Digital di Oracle Emea, ha citato dal palco dell’ultima edizione dell’Oracle Cloud Day tenutasi a Milano, per descrivere che cosa le tecnologie di machine learning e intelligenza artificiale possono in concreto fare. E che si declinano, se guardiamo più nello specifico al mondo del business, verso l’obiettivo della creazione di un’organizzazione autonoma, ma con gli uomini che non scompaiono dalla scena a favore delle macchine bensì le gestiscono per ottenere i vantaggi ricercati.
La differenza tra automazione e autonomia
“Esiste una differenza tra automation e autonomous, automazione e autonomia. Il primo caso significa seguire delle regole ben definite, ripetendo dei compiti, e cambiando le attività solo se queste regole vengono modificate, il secondo invece vuol dire apprendere dai dati, operare senza la guida umana e reagire a condizioni mutevoli”, ha evidenziato Sholay. La trasformazione in ‘autonomous organization’ deve però passare attraverso alcune caratteristiche ben precise che Sholay ha così descritto: la capacità di assimilare una grande quantità di dati, di comprenderli e manipolarli, e usarli per pensare, decidere e fare. Quindi codificare la conoscenza, pacchettizzarla in una forma riusabile, condividerla per aumentare il valore e, infine, industrializzare e distribuire il tutto.
Oracle, che da questo punto di vista dissemina il concetto di autonomia sul suo pensiero di offerta, ha un tassello fondamentale rappresentato dall’Autonomous Database, caratterizzato dai concetti di self-driving, self securing e self-reparing, in un contesto dove il dato è di fatto l’asset fondamentale per l’innovazione e lo sviluppo del business. E che rappresenta una delle componenti dei tre pilastri su cui l’azienda americana poggia la sua strategia fondata sul cloud – quello di seconda generazione – così come descritti da Fabio Spoletini, country manager di Oracle Italia: “Oracle, in breve, vuole essere leader nella business process innovation partendo dal Saas; dominare l’ambito tecnologico, dove il tema fondante è per noi l’Autonomous Database; e garantire il successo dei clienti, attraverso le sue risorse interne e i partner”.