Agid: così cambia il documento informatico (terza parte)

L’Agenzia per l’Italia digitale è in procinto di rilasciare le nuove Linee Guida elaborate negli ultimi due anni che portano importanti novità per la PA, ma che sono in grado di influenzare anche l’organizzazione documentale nelle imprese private. In esclusiva i contenuti più importanti raccontati in questa intervista.

Terza e ultima parte dell’intervista a Patrizia Gentili di Agid relativa alle nuove Linee Guida sul Documento Informatico in attesa dell’approvazione da parte della Commissione Europea per essere rilasciato e quindi dettare nuove norme prescrittive a cui si dovranno adeguare oltre alle amministrazioni centrali e locali tutte le società a capitale pubblico, le società di pubblici servizi e tutti i privati previsti nell’art. 2 commi 2 e 3 del CAD (Codice Amministrazione Digitale).

Domani saranno pubblicati i commenti raccolti tra alcuni fornitori italiani di soluzioni ECM e di piattaforma per la gestione documentale.

 

 
Patrizia Gentili, responsabile servizio ‘Documentali’ di Agid

Una volta operative le linee guida sul documento informatico in che tempi queste dovrebbero essere teoricamente adottate dai soggetti interessati? In passato abbiamo assistito al fatto che diverse linee guida sono state adottate anche dopo diversi anni, esempio il protocollo informatico. Oggi si rischia la stessa cosa?

Per l’adeguamento abbiamo previsto 180 giorni, ossia sei mesi, dal momento dell’entrata in vigore che sarà contestuale alla pubblicazione del dispositivo normativo sul nostro sito istituzionale. Ricordo che le linee guida oltre che alle amministrazioni centrali e locali sono indirizzate anche a tutte le società a capitale pubblico, le società di pubblici servizi e a tutti i privati ove non diversamente previsto.

La platea è molto vasta e purtroppo il fatto che la norma non preveda delle sanzioni a chi non si adegua comporta il rischio che alcuni soggetti possano non porre la giusta priorità al processo di adeguamento. In ogni caso si tratta comunque di normativa prescrittiva e quindi tutti i soggetti dovranno tenerla in debito conto. Le linee guida anche se emanate con una modalità che possono essere assimilate al concetto anglosassone di ‘soft law’ hanno comunque lo stesso valore prescrittivo di un Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, così come ribadito dal Consiglio di Stato.

I cittadini possono però contare sul fatto che nel momento in cui non vedono rispettati i loro diritti digitali, hanno la possibilità di segnalare al difensore civico che quella data amministrazione o quella data società di servizi non tratta i documenti secondo le norme.

In questo senso non sarebbe quindi anche utile stimolare i cittadini a formarsi una maggiore consapevolezza su questi temi?

Sicuramente questo è un tema importante. Purtroppo abbiamo riscontrato che la conoscenza del Codice dell’Amministrazione Digitale è in alcuni casi piuttosto limitata. È un problema su cui fare delle riflessioni.

Con l’utilizzo di queste linee guida nella PA, si può presumere che questi concetti vengano fatti propri anche dalle aziende private?

Sì certamente. Pensiamo che una volta entrate nell’operatività dei soggetti a cui sono dirette le linee guida, questi concetti entreranno nel ‘modus vivendi’ delle organizzazioni e anche il privato sarà coinvolto. Anzi a volte riscontriamo che il privato su certi temi digitali, come lo smart working che in questo periodo ha consentito a molte imprese la continuità, è forse più pronto a recepire i cambiamenti.

La fatturazione elettronica, spinta certamente dall’obbligo di legge, è diventata rapidamente operativa in tutte le aziende. Ma anche l’utilizzo delle piattaforme per i pagamenti elettronici può essere visto come un esempio positivo di trasferimento di pratiche dal pubblico al privato.

L’utilizzo del digitale è già abbastanza diffuso e credo che tutto il Paese sia ormai maturo per un salto di qualità e che le nuove linee guida sul documento informatico possano rappresentare un valido aiuto.

Ci sono altri Paesi in Europa o anche al di fuori di questi che hanno già fatto un lavoro analogo sul documento informatico? Se sì vi siete anche ispirati a questi lavori? Se no, il vostro lavoro con che formule potrà varcare i confini italiani?

Sui temi che oggi chiamiamo digitali l’Italia ha una tradizione di avanguardia di sicura eccellenza, a iniziare dalla firma elettronica, dalla PEC e dalla decertificazione espressa nei primi Decreti Bassanini. La nostra PEC può essere già considerata come uno strumento precursore di quello che eIDAS definisce servizio di recapito fiduciario. Siamo quindi dei precursori anche per quanto riguarda la gestione dei documenti informatici e il concetto di conservazione e in più di un’occasione abbiamo aperto la strada a innovazioni importanti a tutta l’Europa.

Come dicevo ci auguriamo che il regolamento eIDAS venga cambiato riconoscendo alla conservazione il ruolo di servizio fiduciario e auspichiamo che anche il nostro lavoro sul documento informatico possa diventare un’importante best practice per la Commissione Europea.

Detto questo, la nostra normativa è molto stringente per tutti gli obblighi derivanti per esempio dall’opponibilità a terzi dei documenti. Ci siamo posti problemi che magari in Europa sono considerati più secondari perché la normativa in vigore è più orientata verso un rapporto fiduciario con il cittadino.

Per questo motivo, a volte, è piuttosto difficile per noi prendere in considerazione iniziative intraprese in altri Paesi, anche se non sono molte.

Recentemente Agid ha rilasciato una nuova linea guida che estende il raggio d’azione dello Spid attribuendo a questo anche il compito di ‘firma digitale’. Ce ne può parlare brevemente?

Questa tematica non è nel mio ambito di competenze anche se con il mio gruppo di lavoro abbiamo partecipato ai lavori coordinati dai colleghi di Agid che ne sono responsabili.

La firma Spid nasce come applicazione dell’articolo 20 del CAD e risponde alla necessità di consentire la sottoscrizione di un documento attraverso l’identificazione del suo autore. Si lega così all’identità digitale di Spid la possibilità di firmare un documento proposto da un service provider. Quando un operatore di questo tipo, che può essere per esempio una banca, sottopone un contratto alla firma di un cittadino, costui ricorre al suo identity provider che raccoglie la richiesta di autorizzazione a firmare il documento con Spid e rilascia un sigillo elettronico qualificato per quella operazione. La firma Spid è considerata una forma di firma elettronica avanzata.

Il documento una volta ‘firmato’, a meno che non ci siano particolari autorizzazioni, viene completamente cancellato dagli archivi dell’identity provider per evitare problemi sulla proprietà del documento. L’identity provider ha infatti solo il ruolo di custodire l’identità del cittadino.

Spid oggi è un meccanismo usato in Italia da qualche milione di persone, e con firma Spid l’intento è quello di portare l’uso del concetto di firma elettronica a molte più persone di quelle che oggi utilizzano le firme digitali previste dalla normativa. Potenzialmente quindi si espande molto la possibilità di utilizzare il concetto di firma elettronica rispetto a quanto è successo fino a oggi.

L’intento è naturalmente anche quello di incentivare l’adozione e l’utilizzo di Spid.

A questo link la prima parte dell’intervista:

https://www.officeautomation.soiel.it/agid-cosi-cambia-il-documento-informatico-prima-parte/

A questo link la seconda parte dell’intervista:

https://www.officeautomation.soiel.it/agid-cosi-cambia-il-documento-informatico-seconda-parte/

 


Ruggero Vota

Con una solida formazione informatica e dopo un’esperienza triennale in software house, nel 1986 inizia l’attività giornalistica su riviste del settore ICT, mensili e settimanali. Dal 2012 è Caporedattore delle riviste ICT di Soi...

Office Automation è il periodico di comunicazione, edito da Soiel International in versione cartacea e on-line, dedicato ai temi dell’ICT e delle soluzioni per il digitale.


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