Agid: così cambia il documento informatico (seconda parte)

L’Agenzia per l’Italia digitale è in procinto di rilasciare le nuove Linee Guida elaborate negli ultimi due anni che portano importanti novità per la PA, ma che sono in grado di influenzare anche l’organizzazione documentale nelle imprese private. In esclusiva i contenuti più importanti raccontati in questa intervista.

Continua l’intervista a Patrizia Gentili di Agid relativa alle nuove linee guida sul documento informatico. In questa seconda parte la descrizione di cosa si intende per documento informatico, cosa è emerso nella fase di condivisione con enti, imprese e con la ‘società civile’, il punto molto importante dell’interlocuzione con la Commissione Europea sul tema della conservazione e come si pensa di risolvere il nodo importante della ‘vigilanza’.

Nella terza parte, che sarà pubblicata domani, i tempi di adeguamento a disposizione delle PA, dopo che le linee guida saranno pubblicate, cosa significa normativa ‘prescrittiva’, il trasferimento delle regole anche negli ambiti B2B e un accenno a un’altra importante novità annunciata recentemente da Agid: firma Spid. 

 
Patrizia Gentili, responsabile servizio ‘Documentali’ di Agid

Come si definisce quindi il concetto di ‘documento informatico’ nelle nuove linee guida?

Per documento informatico si intende qualunque oggetto venga trattato in maniera digitale. Può essere un tracciato XML, un’estrazione da una base dati, un’interrogazione fatta su un motore di ricerca con le relative risposte ottenute, un messaggio WhatsApp, un SMS, una transazione di e-commerce… Nella nostra realtà oggi siamo sempre più circondati da documenti digitali. Non è vero che gli italiani non sono digitali, lo sono anche se non se ne rendono conto ma ormai ognuno di noi possiede almeno uno smarphone con cui si condividono messaggi, foto, video, utilizzando strumenti come Facebook, Instagram, WhatsApp … Anche in questo caso abbiamo a che fare con documenti informatici e lo sono anche tutti i moduli che compiliamo su internet per accedere ai vari servizi. Gran parte della nostra popolazione tratta ormai quotidianamente più documenti digitali che cartacei.

Mi lasci dire inoltre che questo periodo della pandemia sta dimostrando l’indispensabilità e la centralità della digitalizzazione e quindi dell’utilizzo di documenti informatici. Stiamo riuscendo ad andare avanti proprio grazie a questi strumenti. 

Il processo di definizione delle linee guida, come consuetudine, ha previsto un momento di consultazione online rivolto alla ‘società civile’. Tale processo si è concluso a fine novembre 2019. Cosa è emerso da questa consultazione?

Prima di tutto mai come questa volta la consultazione ha generato un interesse così vasto e articolato. È arrivato un numero veramente elevato di pareri, contributi, valutazioni, ma anche interi documenti molto articolati. Posso tranquillamente affermare che la loro gestione è stata molto complessa, ma comunque valutiamo questa esperienza in gran parte in modo positivo.

Abbiamo infatti ricevuto tanti elementi di attenzione e spunti di riflessione, anche da aziende del mondo ICT, che ci hanno fatto capire quali potevano essere i punti deboli delle linee guida elaborate. Ma ci hanno anche segnalato dove non eravamo stati abbastanza chiari o dove avevamo espresso dei concetti in maniera errata. È stato sicuramente un esercizio positivo e non banale di democrazia elettronica.

Questo non ha però escluso che ci siano stati anche contributi non pertinenti che ci hanno fatto perdere molto tempo. Tenendo presente che il mio staff è costituito da cinque persone, la cosa non è stata irrilevante e tutto il processo di condivisione ed elaborazione di ogni commento ha impegnato tantissimo tempo.

Oltre alla consultazione pubblica, ci siamo infatti confrontati anche con le associazioni di categoria che hanno mandato contributi ben circostanziati, con commenti sui singoli allegati. Abbiamo poi attivato un processo di condivisione molto puntuale, direi riga per riga, con la Direzione Generale Archivi dei Beni Culturali, che tra i suoi compiti ha proprio quello di dare supporto su queste tematiche. Ci siamo confrontati con loro soprattutto sugli aspetti di gestione degli archivi.

Abbiamo inoltre lavorato con il Garante della Privacy, con colleghi molto preparati e tecnici che hanno dedicato un’attenzione estrema sia al rispetto della privacy e del GDPR sia alla sicurezza in generale. Anche in questo caso siamo dovuti intervenire in molte parti del testo per specificare meglio alcuni aspetti.

In seguito c’è stata la condivisione con le associazioni degli enti territoriali (Anci, UPI…) che ha fatto emergere una grossa attenzione e preoccupazione per i costi.

Un lavoro complesso, siete riusciti a mantenere l’obiettivo della semplicità?

I temi trattati sono molti e molto complessi e l’articolato è inevitabile che risenta di questi fattori. Il documento Informatico è il cuore di ogni organizzazione e quindi della pubblica amministrazione. Circoscrivere il perimetro in cui intervenire è stato molto complicato, perché il documento informatico comporta problemi di sicurezza, di privacy, di utilizzo della firma digitale, ha impatti sull’utilizzo dell’indice delle PA e in futuro sull’indice dei domicili digitali. Tutto il nostro lavoro rischiava di diventare la Treccani dell’informatica.

Abbiamo deciso quindi di circoscrivere il perimetro del nostro intervento escludendo argomenti oggetto di linee guida ad hoc, come per esempio la firma digitale. Laddove ci sono dei punti di contatto rimandiamo ai documenti più specifici, anche se abbiamo comunque contenuto il più possibile il ricorso ai rinvii per non rendere i documenti poco leggibili. Quindi, ad esempio, laddove abbiamo citato articoli di norme, principalmente del CAD, in nota abbiamo riportato il testo dell’articolo di cui si parla. È stato un lavoro molto impegnativo che però è stato anche molto apprezzato perché ha reso il documento più leggibile.

Tornando alla fase di condivisione, quanti dei commenti ricevuti sono stati utili per migliorare il vostro lavoro?

Nella fase di condivisione abbiamo comunque preso in considerazione tutti i commenti presentati in modo strutturato. In generale oltre il 50% dei commenti ricevuti sono risultati utili, alcuni di questi sono stati accolti, altri invece ci hanno dato comunque degli spunti interessanti per continuare il nostro lavoro, o solo anche per spiegare meglio dei punti che non risultavano chiari.

Le linee guida attuali come risultano modificate rispetto a quelle originali sottoposte al processo di condivisione e di raccolta dei pareri?

Abbiamo modificato un buon 40% delle linee guida originali e siamo intervenuti anche nell’organizzazione del flusso logico dei capitoli. Auspichiamo che il nostro impegno e il fatto di aver recepito molti suggerimenti nella fase di condivisione, che come già detto ha veramente coinvolto innumerevoli soggetti, si traduca poi in una forte motivazione ad adottare velocemente le nuove linee guida in modo massivo e con convinzione. Abbiamo fatto del nostro meglio perché questo succeda. 

A oggi quindi che tempi prevedete per il rilascio delle linee guida?

Non possiamo ancora dare una risposta precisa. Secondo la direttiva (UE) 2015/1535, noi siamo obbligati a trasmettere le bozze delle regole tecniche alla Commissione Europea che ha tre mesi di tempo per formulare i suoi commenti.

L’iter è stato avviato da noi a novembre e contemporaneamente abbiamo iniziato delle interlocuzioni informali con la Commissione su alcuni punti.

Allo scadere dei tre mesi, il 6 febbraio scorso, è pervenuto all’Agenzia un parere circostanziato con alcune osservazioni. L’iter prevede che il Paese membro è tenuto a rispondere accogliendo quanto indicato dalla Commissione; in caso contrario, se non si presentano delle motivazioni accettabili, si può anche andare incontro a una procedura di infrazione.

La Commissione ha inoltre stabilito un prolungamento del periodo di astensione di un altro mese, fino all’8 marzo scorso. Agid ha inviato la risposta e il testo delle Linee guida modificato secondo le indicazioni. Al momento quindi siamo in attesa del riscontro che la Commissione, secondo la procedura, dovrà fornire.

Abbiamo chiesto al nostro punto di contatto nazionale, il Ministero dello Sviluppo Economico, i tempi ipotizzabili per tale risposta ma ci hanno detto che, stante la situazione attuale, alla Commissione Europea sono stati notificati molteplici provvedimenti con richiesta di procedura d’urgenza da parte di altri Stati Membri e quindi al momento non ci possono essere previsioni attendibili.

L’obbligo di astensione dalla pubblicazione delle Linee Guida, come detto, scadeva l’8 marzo scorso, e quindi noi potremmo anche procedere a pubblicarle, ma riteniamo utile portare a buon fine l’interlocuzione con la Commissione Europea. 

Quali obiezioni sostanziali vi ha fatto la Commissione Europea?

La conservazione è stato il tema che abbiamo dibattuto più volte con la Commissione Europea. Non essendo al momento considerato come servizio fiduciario dalla normativa eIDAS (il regolamento UE n. 910/2014 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno), non riescono a comprendere completamente qual è il valore che noi diamo alla conservazione. Sottolineo ancora che per la normativa italiana il documento è un bene culturale e come tale va protetto.

Una delle cose che ci è stata contestata dalla Commissione Europea, e che avevamo ipotizzato in continuità con il passato, è che i conservatori predisponessero la materiale conservazione dei dati e delle copie di sicurezza sul territorio nazionale, ai fini di permettere la vigilanza che spetta ad Agid per legge e quindi poter garantire alle pubbliche amministrazioni un servizio di elevata qualità e affidabilità.

Ma il mondo è in evoluzione e soprattutto il regolamento europeo sulla libera circolazione dei dati non personali (2018/1807), entrato in vigore a maggio 2019 è molto stringente sul blocco della localizzazione dei dati: non viene tollerato in nessun caso a meno che non siano dati che riguardano sanità e sicurezza nazionale. Inoltre, la crescente diffusione dei servizi in cloud, porta ad una dilatazione, se non addirittura ad una dispersione completa, del concetto di localizzazione.

Per risolvere la problematica della vigilanza una proposta che è stata da noi fatta alla Commissione è il possibile riconoscimento dei servizi di conservazione come servizi fiduciari nell’ambito della futura revisione del regolamento eIDAS.

Se la conservazione venisse recepita come servizio fiduciario sarebbe un grande passo. Darebbe ancora più valore al lavoro e a tutti gli investimenti che sono stati fatti sul tema nel nostro Paese.

Una delle obiezioni che ci veniva inoltre fatta sul tema era che non è vero che solo in Italia ci sono delle garanzie tali da consentire attività di vigilanza adeguate, dal momento che tutti coloro che operano in ambito europeo rispettano tutti i regolamenti europei su sicurezza, affidabilità e qualità.

Come si risolve il tema della vigilanza?

Nel momento in cui eIDAS dovesse considerare la conservazione un servizio fiduciario, allora si verrebbero a creare nei diversi Paesi degli interlocutori con le stesse caratteristiche di Agid con i quali sarebbe possibile concludere degli specifici accordi di collaborazione per effettuare scambi di informazioni ai fini di una reciproca collaborazione.

Aspettiamo quindi la reazione della Commissione.

A questo link la prima parte dell’intervista:

https://www.officeautomation.soiel.it/agid-cosi-cambia-il-documento-informatico-prima-parte/

 

 

 


Ruggero Vota

Con una solida formazione informatica e dopo un’esperienza triennale in software house, nel 1986 inizia l’attività giornalistica su riviste del settore ICT, mensili e settimanali. Dal 2012 è Caporedattore delle riviste ICT di Soi...

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